UN PADRE E’ GRANDE QUANDO NON SMETTE MAI DI ESSERE UN FIGLIO
L’uomo si sveglio’ prima di tutti, dormi’ poche ore ma in compenso non si sveglio’ mai, come gli succedeva ogni notte, era contento e quindi non aveva nessun pensiero che lo assillasse.
In cucina trovo’ bottiglie e bicchieri alla rinfusa sul tavolo, segno della festa che aveva coinvolto tutta la sua amata famiglia. Di solito sparecchiava prima di andare a letto, ma questa volta non lo fece e neanche ora che era alzato; era felice di aver conquistato un altro anno e che bisognava ”assaggiarlo” subito.
Non spreco’ tanto tempo a fare colazione e usci’ di casa a godersi il silenzio dominante e percorrere le strade coperte di quelle cose che ricordava che è stata una grande festa.
C’era di tutto, dai residui dei botti a molteplici vecchi suppellettili messi da parte durante l’anno; proprio questo lo fece sorridere perché allo scoccare della mezzanotte i figli, alzandolo di peso, fecero finta di buttarlo in strada a mò di roba vecchia. La moglie aveva tutti i nipoti intorno che la festeggiavano, e vedendo la scena gridò “ma si buttatelo!, buttatelo!” e scoppiò a ridere con tutti i nipoti. Cammino’ ancora un po’ senza fretta, con disinvoltura, dando alla giornata l’importanza che meritava: “Il primo giorno e’ sempre una festa, percio’ goditela! “ disse parlando a se stesso.
Attaccata alla vetrina del ristorante, appena fuori casa sua, c’era una locandina
Attaccata alla vetrina del ristorante, appena fuori casa sua, c’era una locandina che reclamizzava il Gran Cenone di fine anno Duemila e …, fece pochi passi e si fermo’: “ ma allora ho …cosi’ tanti?” Ebbe come un colpo di scudiscio al viso tanto non era preparato. Nell’euforia della festa non se lo chiese ; neanche quando i figli lo volevano buttare in strada come cosa vecchia. Anzi se lo nascose cosi’ bene che neanche la parte piu’ pessimistica dll’uomo glielo ricordo’.
Ripresosi si appoggio’ al muro del palazzo per non vacillare; perche’ quella gioia di aver gettato alle spalle il becchio e aver visto l’alba del nuovo spari’ portando scompiglio in lui accusando verita’ e paura , preso in malo modo, non pote’ allontanarla, apparsa in tutta la sua maestosa realta’.
Non restava che soccombere ad essa.
Lascio’ andare la mente ad assoggettarsi all’incontrastabilita’ del tempo
Lascio’ andare la mente ad assoggettarsi all’incontrastabilita’ del tempo, ma questo non porto’ nessun beneficio all’uomo se non a guardarsi nella vetrina del ristorante, senza scappare di fronte ad esso e notare, una volta per sempre,sul viso i solchi fatti dall’aratro guidato dall’inefrenabile passare dei giorni anche talvolta nascondendoseli pietosamente. Ma l’uomo, colpito nell’orgoglio, mai domo, accetto’ a malincuore il responso della vetrina e si mosse lentamente incamminandosi verso il suo piccolo e meraviglioso giardino ponendo in esso la voglia di rinduzzare quelle rughe sul viso, aprendo un conflitto ferreo fra le due “eta’”. Non sara’ tanto facile e lui lo sapeva di aver sctenato un cataclisma dalle imprevedibili conseguenze; ma la fiducia lo sostenne e apri’ il cancello, nel chiuderlo, si appoggio’ ad esso , guardo’ una per una le piante dei fiori infreddolite , si consolo’ vedendole cosi’ vive sfidando il clima che presagiva neve.
Si mosse e non poteva essere cosi’, dedico’ agli alberi un’attenzione particolare , si avvicino’ verificandone lo stato di salute di ognuno accarezzando il tronco: “State bene ! State bene!” tenne per ultimo “l’albero della vita”. Lo pianto’ quando la giovinezza era speranza portandosi dietro un futuro senza paura alcuna, esso era un punto fermo nella prospettiva del domani, perche’ gli dava aspettative nel vederlo rinvigoglito senza interruzioni di stagioni. Il vecchio si sentiva forte e protetto al suo fianco percio’ lo “venerava” dandogli l’importanza dovuta ai “TOTEM”. Sedette sull’unica panca del giardino proprio accanto all’albero, la mise apposta per garsi lunghe confidenze se qualcosa lo costringeva a pensare e ripensare; pensare di troppo quando temeva di crollare di fronte agli ostacoli che la vita stessa gli procurava senza interagire con lui.
Poi si scosse, non gli piaceva l’atteggiamento preso, aveva bisogno del contatto con la vita per sentirsi ancora dentro “esserci”. Percio’ con un colpo secco allontano’ la staticita’, procurandogli piacere farlo. Si guardo’ intorno e trovo’ il da dare; di fianco alla panca c’era un secchio pieno di sabbia, serviva per coprire delle piante che soffrivano il freddo, giacche’ ci stava, volle adoperarsi a farlo, aveva tempo da spendere, almeno cosi’ sfuggiva al ricatto del non fare niente, per soddisfare il suo piacere , altrimenti l’avrebbe colpito con la “tedia”. Calo’ la mano nel secchio e ne prese tanto.
(I – continua)
A cura di Cosimo Sipontino Del Nobile, Manfredonia (@riproduzione riservata)