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INESTIMABILE Lorenzo Graniero: “Quando papà Gaetano di Manfredonia scambiò l’Anfora di Baratti per un secchio arrugginito”

"Dopo il lungo restauro l’Anfora argentea di Baratti ha acquistato un valore inestimabile"

AUTORE:
Giuseppe de Filippo
PUBBLICATO IL:
1 Marzo 2024
Cronaca // Manfredonia //

Livorno – Manfredonia. “Nel 1968, durante una battuta di pesca nel Golfo di Baratti, nel sacco della rete con altra sporcizia, rinvenne un chiamiamolo ‘secchio arrugginito’ con i denti di cane attaccati. Poi mio padre scelse i pesci buoni da tenere e lo mise da parte. Arrivò in porto. Per alcuni non sembrò un secchio: ’Gaetano, me lo vendi?’. Lui decise di no e lo portò a casa. In molti hanno insistito al tempo, forse avevano intuito che fosse un bene di rilievo archeologico. Poi, un giorno…”.

E’ emozionato Lorenzo Graniero mentre racconta a StatoQuotidiano.it la storia dell’anfora argentea di Baratti, “un’anfora di alto interesse archeologico e artistico, di argento quasi puro: un pezzo straordinario e unico al mondo”, come riportato da Toscana Ovunque bella.

“Era una primavera del marzo 1968, quando il peschereccio di Gaetano Graniero, La Bella Michelina, durante l’attività di pesca nelle acque del Golfo di Baratti, riportò a galla nelle sue reti uno strano oggetto, simile a una fiasca, ricoperto dalle incrostazioni marine e deformato”.

“Mio padre è di Manfredonia, abitava a Manfredonia, faceva il pescatore”

Mio padre è di Manfredonia, abitava a Manfredonia, faceva il pescatore”, dice a StatoQuotidiano il sig. Lorenzo, uno dei 9 figli di papà Graniero e di mamma, Teresa Paradisi.

“Si sposò nel 1953. Intorno agli anni ’60 decise di venire a lavorare a Livorno. Con lui altri 2 fratelli vennero nel Tirreno per cercare lavoro. Poi presero un’imbarcazione. Con la solidità economica, portarono su tutte i familiari”.

Poi l’episodio che in qualche modo ha cambiato la vita del sig. Gaetano e della famiglia Graniero.

“Un secchio arrugginito” – così lo definì lui stesso – “a cui io non avevo dato alcuna importanza. Fosse stato per me l’avrei ributtato in mare! Invece i miei uomini, appena rientrati nel porto di Livorno, decisero di portare l’oggetto al bar dove erano soliti andare per farlo vedere”.

Fu così che “lo strano vaso finì nelle mani di qualcuno che probabilmente aveva capito che il ‘secchio’ era qualcosa di prezioso. La moglie di Gaetano, venuta a conoscenza del fatto, decise di rintracciare il nuovo possessore dell’anfora e, dopo aver rifiutato un’offerta in denaro, se la riportò a casa”. “Anche se era tutta sporca, a me piaceva e volevo tenerla in casa nostra. La misi sotto la culla dell’ultima nata”, disse al tempo, come riportato dalle cronache locali.

Il sequestro, il recupero

I coniugi Graniero non erano a conoscenza di quanto recitava la legge 1089/39, che stabiliva che tutti gli oggetti ritrovati con interesse artistico, storico, archeologico o etnografico dovevano appartenere allo Stato e chiunque li avesse ritrovati avrebbe dovuto farne denuncia alle autorità. Cosa che la famiglia Graniero non fece. Un loro amico, tuttavia, avendo intuita l’importanza dell’oggetto, fece scrivere all’allora Presidente Giuseppe Saragat, comunicando l’eccezionale ritrovamento e l’intenzione di offrirlo in dono al Presidente. La speranza era quella di poter ricevere una qualche forma di riconoscimento, invece, non avendone data notizia alle autorità, il pescatore rischiava di essere accusato di furto. La faccenda era seria e dopo circa 5 giorni, il Nucleo di Polizia Tributaria entrò in casa della famiglia Graniero e sequestrò il reperto”, come riportato dal sito.

La Soprintendenza di Firenze stabilì che si trattava di un’anfora di alto interesse archeologico e artistico, di argento quasi puro: un pezzo straordinario e unico al mondo. Dopo quasi 5 mesi il Pretore di Livorno emise la sentenza: il pescatore Gaetano Graniero non poteva essere accusato di furto perché aveva reso noto il ritrovamento alla più alta carica dello Stato e la Guardia di Finanza avrebbe dovuto consegnare l’anfora alla Soprintendenza”.

Dopo il lungo restauro l’Anfora di Baratti ha acquistato un valore inestimabile e, dal 2001, è entrata a far parte della collezione permanente del Museo archeologico del Territorio di Populonia a Piombino, e oggi, con i miti e le divinità raffigurate sui suoi medaglioni, ne rappresenta il simbolo”.

“Dal 2015 mio padre non c’è. Era nato a Manfredonia il 19 febbraio 2029. Mia madre è sempre con noi, a breve compirà 90 anni. Abbiamo un legame di sangue con Manfredonia, ma siamo quasi tutti qui a Livorno”.

© StatoQuotidiano - Riproduzione riservata

2 commenti su "Lorenzo Graniero: “Quando papà Gaetano di Manfredonia scambiò l’Anfora di Baratti per un secchio arrugginito”"

  1. Nulla accade mai per caso….il destino ha unito per sempre la famiglia emigrata in cerca di fortuna ad un anfora con un valore inestimabile riconosciuta in tutto il mondo…una riconoscenza più che materiale la definirei divina….

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