“Più di cento scritti sono finiti sul tavolo della Procura della Repubblica con l’accusa di plagio per poi, magari, scoprire che è tutta una bufala. Copioni a parte, sarebbe, comunque, il 65% a non superare l’esame: troppi per definirli asini, tenuto conto che alla fase di correzione non si dedicano oltre i 5 minuti, rispetto ai 15/20 minuti occorrenti. Troppo pochi per esprimere giudizi fondati.”
“Tenuto conto che le notizie sono diffamatorie e lesive della dignità e dell’onore non solo dei candidati accusati del plagio, ma anche di tutta la comunità giudiziaria di Taranto, Brindisi e Lecce coinvolta nello scandalo, si chiede di approfondire alcune questioni (in relazione alle quali l’interrogante ritiene opportuno siano comunicati con urgenza dati certi) per dimostrare se di estremo zelo si tratti per perseguire un malcostume illegale o ciò non nasconda un abbaglio o addirittura altre finalità.”
“Per ogni sede di esame di avvocato ogni anno qual è la media degli abilitati all’avvocatura ed a che cosa è dovuta la disparità di giudizio, tenuto conto che i compiti corretti annualmente presso ogni sede d’esame hanno diversa provenienza.”
“Se per l’esame di avvocato è permesso usare codici commentati con la giurisprudenza; se le tracce d’esame di avvocato indicate del 2012 erano riconducibili a massime giurisprudenziali prossimi alla data d’esame e quindi quasi impossibile reperirle dai codici recenti in uso i candidati e se, quindi, i commissari, per l’impossibilità acclamata riconducibile ad errori del Ministero, hanno dato l’indicazione della massima da menzionare nei compiti scritti.”
“Nella sessione di esame di avvocato 2012 a che ora è stabilita la dettatura delle tracce; presso la sede di esame di avvocato di Lecce a che ora sono state lette le tracce; se in tal caso la conoscenza delle stesse non sia stata conosciuta prima dell’apertura della sessione d’esame con il divieto imposto dell’uso di strumenti elettronici.”
“Quali sono le mansioni delle commissioni d’esame di avvocato: correggere i compiti e/o indagare se i compiti sono copiati e quanto tempo è dedicata ad una o all’altra funzione. Quali sono i principi di correzione dei compiti, ed in base ai principi dettati, quali sono le competenze tecniche dei commissari e se corrispondono esattamente ai criteri di correzione: Chiarezza, logicità e metodologia dell’esposizione, con corretto uso di grammatica e sintassi.”
“Capacità di soluzione di specifici problemi; Dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati e della capacità di cogliere profili interdisciplinari; Padronanza delle tecniche di persuasione. Tra i principi indicati qual è la figura professionale tra avvocati, magistrati e professori universitari che ha la perizia professionale adatta a correggere i compiti dal punto di vista lessicale, grammaticale, sintattico, persuasivo ed ogni altro criterio di correzione riconducibile alle materie letterarie, filosofiche e comunicative.”
“Quanti e quali sono le sottocommissioni in Italia che da sempre hanno scoperto compiti accusati di plagio e in base a quali prove è stata sostenuta l’accusa. Quante e quali sono le sottocommissioni di Catania che hanno verificato il plagio de quo e quanti sono gli elaborati accusati di plagio ed in base a quali prove è sostenuta l’accusa.”
“Se le Sottocommissioni di Catania coinvolte erano composte da tutte le componenti necessarie alla validità della sottocommissione: avvocato, magistrato, professore. Se tutti i compiti di tutte le sottocommissioni di esame di avvocato di Catania (contestati, dichiarati sufficienti, e dichiarati insufficienti) presentano segni di correzione (glosse, cancellature, segni, correzioni, note a margine).”
“Quanto tempo, in base ai verbali apertura-chiusura sessione, per ogni compito tutte le sottocommissioni di Catania (anche quelle che non hanno scoperto le plagiature) hanno dedicato alla fase di correzione (apertura della busta grande, lettura e correzione dell’elaborato, giudizio e motivazione, verbalizzazione e sottoscrizione).”
“Quanto tempo, in base ai verbali apertura-chiusura sessione, per ogni compito tutte le sottocommissioni di Catania (quelle che hanno scoperto le plagiature) hanno dedicato alla fase di correzione e quanto tempo alla fase di indagine con ricerca delle fonti di comparazione e quali sono stati i periodi di pausa (caffè o bisogni fisiologici).”
“Al Ministro si chiede se si intenda valutare l’opportunità di procedere ad un indagine imparziale ed ad un’ispezione Ministeriale presso le sedi d’esame coinvolte per stabilire se Lecce e solo Lecce sia un nido di copioni, oppure se la correzione era mirata, anzichè al dare retti giudizi, solo a fare opera inquisitoria e persecutoria con eccesso di potere per errore nei presupposti; difetto di istruttoria; illogicità, contraddittorietà, parzialità dei giudizi.”
Redazione Stato
Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Ogni avvocato ha l’obbligo di “mettere a disposizione” del cliente le somme incassate!
L’avvocato è tenuto a mettere a disposizione del proprio assistito le somme riscosse, per suo conto, dalla controparte. Lo stabilisce il codice di deontologia forense (art. 44 Codice di deontologia forense).. Questo vuol dire che il cliente può legittimamente esigere dal proprio difensore la consegna del denaro ottenuto dall’avversario al termine della causa.
Una precisazione però: secondo il Consiglio Nazionale Forense, l’avvocato non è obbligato ad attivarsi materialmente per restituire al cliente la somma spettantegli, ma può limitarsi a “metterla a sua disposizione” presso lo studio, affinché la vada a ritirare, magari insieme a tutta la documentazione della sua pratica. ( così CNF sent. n. 54 del 10.04.2013.)
In sintesi, il legale non commette un “illecito disciplinare” se invita il cliente a incassare tale denaro, senza però attivarsi in prima persona per farglielo avere direttamente.
Il codice deontologico stabilisce inoltre che l’avvocato, che ancora non abbia ottenuto dal cliente il pagamento dei propri compensi, ha diritto a “trattenere” le somme pervenutegli dalla controparte, in proporzione a quanto liquidato in sentenza a titolo di diritti e onorari. In conclusione se il cliente è moroso verso il proprio difensore, l’avvocato può incassare le somme ottenute dall’avversario senza doverle poi restituire all’assistito.
Foggia, 1 luglio 2013 Avv. Eugenio Gargiulo
Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Tempi di crisi: costretti a rinunciare al proprio titolo professionale a causa delle tasse e delle spese di settore eccessive!
Quota di iscrizione all’ordine, contributi alla Cassa Forense, assicurazione obbligatoria: fare l’avvocato può arrivare a costare circa 5mila euro all’anno, e questo può costare davvero caro a chi , pur essendo bravo e meritevole, non ha la fortuna di avere un “portafoglio clienti” capace di assicurargli all’anno un reddito quanto meno “doppio” a quelle che sono le spese fisse previste dalla legge per poter esercitare non abusivamente l’onorevole professione di procuratore legale.
Sono troppe le volte in cui si sente parlare di fantomatici privilegi di cui i liberi professionisti si avvantaggerebbero. Tuttavia facendo un po’ di conti nelle loro tasche, emerge una situazione tutt’altro che privilegiata.
Nel caso della professione di avvocato (ma il principio di fondo è applicabile anche alle altre principali professioni cosiddette “regolamentate”), ciò su cui è interessante fare particolare chiarezza è un concetto essenziale che ai più sembra sconosciuto, e che spesso risulta incomprensibile quando si prova a spiegarlo: cioè il fatto che tali spese non siano proporzionali a quanto guadagnato e che quindi incidano sulle finanze del professionista anche quando in un certo periodo della sua vita professionale non abbia goduto di molta fortuna e, quindi, non abbia avuto un fatturato soddisfacente!
Partiamo dalla spesa più essenziale, ovvero la “quota di iscrizione” che ogni anno l’avvocato deve versare al proprio ordine. A seconda dell’ordine a cui si è iscritti, la quota attualmente oscilla tra i 205 e i 230 euro ( presso l’Ordine Avvocati di Foggia , per esempio è di €. 170 per il 2013).
Passiamo poi alla nota più dolente: i contributi minimi della Cassa Forense. Infatti, a partire dal 2012 con l’iscrizione all’Albo Avvocati si è automaticamente obbligati iscriversi anche alla corrispondente Cassa di Previdenza.
Molti, ingenuamente, penseranno che i liberi professionisti paghino i contributi proporzionalmente a quanto fatturato. In un certo senso è così; ma appunto qui si tratta di contributi minimi, dovuti alla cassa per il mero fatto dell’iscrizione, quindi anche qualora in quell’anno il professionista non abbia emesso fatture. Poi, qualora il fatturato abbia superato una certa soglia, oltre ai contributi minimi l’avvocato dovrà versare anche i cosiddetti contributi integrativi.
Per l’anno 2012 i contributi minimi ammontano ad un totale di Euro 3512, così ripartiti:
contributo minimo soggettivo: € 2.700,00
contributo minimo integrativo: € 680,00
contributo per l’indennità di maternità: € 132,00
Oltre all’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense, le riforme apportate nel 2012 hanno istituito l’obbligo per ogni avvocato di stipulare una polizza sulla “responsabilità professionale”.
E da quello che si apprende in giro le offerte delle più comuni compagnie di assicurazione oscillano tra i 280 euro e i 400 euro, a seconda del massimale e di altri parametri!
Poi c’è la gestione contabile. Infatti, a meno di essere degli avvocati tributaristi o comunque di avere una certa personale dimestichezza con la materia, difficilmente un professionista può farsi carico in autonomia della gestione contabile e previdenziale relativa alla sua attività, in tempi come questi di particolare complessità e di continuo cambiamento dei regimi fiscali. Ciò comporta la necessità di affidarsi ad un commercialista per le dichiarazioni ai fini IVA, IRPEF, previdenza, etc. In questo caso la forbice è molto ampia e varia a seconda della mole del fatturato e anche del prestigio dello studio di commercialisti a cui ci si rivolge. Ad ogni modo, all’incirca , si va dai 600 euro ai 1500 euro all’anno per gli avvocati che lavorano in autonomia, e si arriva anche a 2-3mila euro per gli studi associati!
Vanno, poi, aggiunte anche quelle spese fisse, non previste per legge e non obbligatorie, ma di fatto necessarie allo svolgimento della professione, come ad esempio l’abbonamento telefonico e l’abbonamento dei mezzi pubblici.
Ne consegue che, con un banale calcolo, un avvocato, nella migliore delle ipotesi (ovvero considerando il minimo delle cifre fin qui esposte) deve sborsare circa 4600-4800 euro l’anno, a cui aggiungere spese accessorie, ma necessarie come telefono, abbonamento mezzi e altro.
Dunque ci si deve chiedere come si possa pensare che giovani avvocati che, soprattutto al Sud Italia, incassano non più di 400-500 euro al mese, come collaboratori “pseudo-dipendenti” di studi legali, possano permettersi di sostenere una tale esborso?
Ed ecco concretizzarsi quella che era solo una ingiusta ipotesi prospettata da questi tempi di profonda crisi economica, ovvero l’essere costretti a rinunciare al proprio titolo professionale ed alla propria amata professione, “cancellandosi” dagli albi degli ordini di appartenenza per impossibilità di far fronte ai suddetti analiticamente elencati oneri contributivi e spese fisse!
Tra coloro che evidenziano questo allarmante dato, che coinvolge migliaia di onesti e bravi giovani e meno giovani avvocati, privi di un reddito annuo adeguato alle circostanze, c’è l’avv. Eugenio Gargiulo, già proclamato il “legale italiano più cliccato sul web” , nonché noto alle cronache italiane per via di un concorso pubblico ove venne definito dalla Commissione d’esame come “sovradimensionato rispetto all’incarico da ricoprire”.
Il giovane legale foggiano lancia , quindi, sulla scorta dei dati statistici elencati e commentati, un accorato appello. alle istituzioni affinchè intervengano per evitare un aggravamento del fenomeno della disoccupazione che si estenderebbe così anche a quei giovani professionisti incapaci di sostenere tutte quelle spese fisse ed oneri contributivi, previsti per legge, da ora, anche nei confronti di chi abbia un reddito ed un fatturato annuo basso ed insufficiente.
Un professionista giovane, bravo e preparato, ma non ancora affermatosi a livello di clientela, non può essere costretto- conclude l’avv. Eugenio Gargiulo- a “chiudere bottega” ed a rinunciare al proprio titolo professionale , così faticosamente guadagnato, perché impossibilitato a versare 5.000 euro circa all’anno come spese professionali ed oneri contributivi!
Foggia, 2 luglio 2013 Avv. Eugenio Gargiulo
Gentile Redazione, vorrei che l’articolo sopra riportato dal titolo: “Tempi di crisi: costretti a rinunciare al proprio titolo professionale a causa delle tasse e delle spese di settore eccessive!”, fosse pubblicato in via autonoma e non solo come commento, magari con l’applicazione di una mia foto. E’ , infatti, un articolo giudicato dallo scrivente davvero importante e , quindi degno di spazio sul vs. giornale. Grazie anticipatamente. avv. Eugenio Gargiulo