Lucera, 01 settembre 2020. Estate, muse, stelle: questi gli ingredienti perfetti per trascorrere delle serate all’insegna del buon teatro. Il teatro, proprio lui, il grande penalizzato dalla pandemia. Molte rassegne e spettacoli sono stati rimandati di un anno. Se però si ha la fortuna di avere spazi all’aperto, magari in contesti storici di rilievo, forse non tutto è perduto.
Accade così che l’Anfiteatro Augusteo di Lucera torni ad ospitare personaggi di spicco del mondo dello spettacolo. Non succedeva da quasi dieci anni. Svariati ed accattivanti gli eventi in programma ma ho dovuto fare una selezione.
Erano anni che li inseguivo, i mitici Toti e Tata, i beniamini della comicità pugliese. Emilio Solfrizzi ed Antonio Stornaiolo hanno animato il palco per due ore, senza interruzioni. Una diatriba intensa, serrata, esilarante e a tratti nostalgica su tutto ciò che negli ultimi decenni ha contribuito a far sì che la Puglia diventasse un brand.
“Venticinque anni fa, nu e nu. Oggi, siamo la sesta meta al mondo!”. Questo il mantra ripetuto da Solfrizzi e da cui partivano incalzanti disanime legate a vicende tipiche del nostro territorio: lo sradicamento dalla propria terra d’origine in cerca di fortuna altrove, la caratterizzazione dei nostri prodotti tipici, la predilezione per la seconda casa rigorosamente al mare, il ménage familiare e la gestione dello stipendio.
I gesti del passato si mescolano alle velleità del presente in aneddoti snocciolati utilizzando due registri linguistici volutamente opposti. Stornaiolo è più aulico, ricercato, quasi romantico. Solfrizzi calca le tipiche sonorità del dialetto barese, accompagnate dalla sua irriverente mimica facciale. Purtroppo, causa restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, il duo ha deciso di non rilasciare autografi ed interviste. A loro perdono tutto.
Gianmarco Saurino, invece, mi ha accolta prima dello spettacolo. Sono così riuscita a farmi raccontare come sia cresciuta la sua attenzione per i temi legati ai diritti umani, tanto da fargli guadagnare il premio “Arte e diritti umani 2020” assegnato da Amnesty International Italia.
Dopo “Condannato a Morte – L’inchiesta”, tratto dal romanzo di Victor Hugo “L’ultimo giorno di un condannato a morte”, l’attore foggiano ha voluto continuare a dare voce, attraverso il teatro, agli invisibili, agli emarginati, agli indifesi. Nasce la collaborazione attiva con Amnesty e il suo nuovo reading “Rotte Storie e Migrazioni”. Accompagnato dalla chitarra elettrica di Daniele Greco, per oltre un’ora, Gianmarco interpreta un cane di nome Marley. Sì, un cane che si chiama come Bob Marley e che, salito sul palco, saluta il pubblico con uno sfrontato: “Benvenuti, sfigati!”.
Abdul e Marie sono i suoi padroni e lui ci racconta la vita dura dell’accampamento che si trova sul Monte Gurugu, in Marocco. Qui, al confine con Melilla, il porto di frontiera franco spagnolo, il sogno più grande è quello di arrivare in Europa per agguantare un agognato futuro.
La narrazione è fortemente empatica, ed è lui stesso a dirmi che la sua parola preferita è proprio “empatia”. Un attore deve essere empatico per riuscire a coinvolgere lo spettatore, proprio come è avvenuto in “DOC. Nelle tue mani”. Gianmarco mi confessa che all’inizio era spaventato perché la nuova fiction di Rai 1 è andata in onda, per la prima volta, in un periodo storico molto particolare. Alla fine però il successo, meritatissimo, è arrivato: evidentemente il pubblico ha colto il “lato umano” di chi, ogni giorno, indossa il camice ed è in prima linea per aiutare gli altri e salvare vite.
Teatro e fiction: il primo amore e il trampolino di lancio per la notorietà. Adesso però ci sono anche i social ma lui li usa solo per promuovere il suo lavoro di attore. Sicuramente l’interazione social ha reso il rapporto tra personaggi famosi e fans più “intimo” ma quando gli chiedo se sia un bene o un male, lui candidamente mi risponde: “I don’t know”.
Nel frattempo mi accorgo che il registratore non è partito, che abbiamo chiacchierato per diversi minuti ma che quello che ci siamo detti devo stamparlo nella mente. Per rimediare gli consiglio una passeggiata nel centro storico di Lucera. Questa volta è lui che mi perdona e mi concede il selfie di rito, confidando nelle mie doti di fotografa. Argh!
A cura di Eleonora Zaccaria
fotogallery Eleonora Zaccaria, riproduzione riservata
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