Quattro anni fa il sindaco Riccardi fu riconfermato al primo turno con il 58%. Un paio di mesi… ed esplode Energas.
Silenzio in campagna elettorale, ma le “punzecchiature” continue tra i big dicono che la questione era da tempo conosciuta. Raccolta firme, mobilitazione e un Referendum cittadino a 18 mesi dal voto comunale, contemporaneamente al Referendum “costituzionale”! Subito dopo si apre il problema del bilancio. Si conoscevano le difficoltà, stranamente, però, pochi gli accenni in campagna elettorale… A meno di due anni dalle elezioni la corte dei Conti chiede un piano di rientro. Si disse e si scrisse che si trattava di stabilire un nuovo patto con gli elettori e quindi, se non si voleva andare a nuove elezioni, era necessaria una consultazione ampia. Il Pd tentò di fare la voce grossa e dichiarò che niente sarebbe stato come prima. E invece tutto continuò come prima. Poi si viene sapere che il debito non diminuiva, anzi cresceva. Inizia la battaglia sulla gestione dei tributi. Scontri sotterranei, allusioni a servizi sovradimensionati. Si prospetta un piano di alienazioni importanti dei beni pubblici (tra cui la rete civica del metano), la internalizzazione della riscossione dei tributi, un nuovo piano di rientro per un arco di tempo molto più lungo.
Nel frattempo annunci di progetti, nella piana di Macchia, con il Politecnico di Torino (e si sarebbe risolta la crisi economica della Capitanata), una indagine epidemiologica finalizzata a chiedere risarcimenti all’Eni… Nel frattempo una girandola di assessori, di dirigenti, maggioranze variabili, sostituzioni improvvise, deleghe ritirate, consiglieri mobili… nel frattempo i due comuni adiacenti sciolti per mafia; nomina all’Asi bocciata dall’Anac. Nel frattempo… L’elenco potrebbe continuare e sarebbe sempre parziale e senza ordine. Perché intorno a Palazzo S. Domenico c’è una palude. O meglio, dice Guicciardini, “una nebbia così fitta o un muro così grosso che non penetrandovi l’occhio degli uomini, tanto sa il popolo di quello che fa chi governa o della ragione per che lo fa, quanto delle cose che fanno in India”.
Un anno fa le elezioni del 4 marzo. Una catastrofe per la maggioranza che governa la città. Sarebbe stata l’occasione per dimissioni responsabili. Probabilmente la commissione antimafia non sarebbe stata nominata e forse saremmo già andati a nuove elezioni. Ma è difficile uscire di scena. Chi è stato eletto ha il diritto di governare, certo. Ma le questioni sopra riportate non sono normali, sono da (nuova) campagna elettorale.
C’è poi un aspetto, più grave. Qui niente è come appare. Il clima è segnato da patteggiamenti continui e malafede. Menzogne utili ai destini personali. La politica è svuotata e banalizzata. E sotto in filigrana chi è esperto vede un sistema di potere trasversale. Il patto con gli elettori (e quindi le elezioni) non vale. Ovunque è così, direte. Certo. Ovunque pensano a sé. Certo. Ma resta un minimo di legame con la comunità. Qui è reciso anche quello. Mancano le idee, senza le quali una comunità è “infelice e infeconda”. Idee nuove non sorgono in un ambiente di sospetti, sfiducia, ostilità… Generosità, creatività, produzione di idee sono collegate insieme, hanno caratteristiche simili, sono gratuite e prive di calcolo, comunicano una dimensione gioiosa e giocosa.
Che fare? L’azione politica del consiglio comunale è rivolta spesso alla conta dei presenti, a raccogliere firme, e mai ha cercato di stabilire una agenda autonoma, riunioni monotematiche sugli argomenti del presente e del futuro. Per avviare una nuova stagione politica, per coltivare l’arte di ricucire, rimettere insieme i cocci. Per alimentare tra i pochi giovani rimasti l’amore della polis. Per affrontare una campagna elettorale che metta al centro le cose essenziali (Conti pubblici, coesione sociale, cura delle persone e del territorio comunale, qualità dei servizi, lavoro, legalità, rispetto per le persone e per le idee…), con candidati disposti a metterci il cuore e la testa e non solo la faccia.
Ma per affrontare la campagna elettorale sono necessarie regole condivise: rispetto dell’alternanza (contestando i poteri trasversali presenti in questa città), imparzialità della pubblica amministrazione, competenze degli assessori, definizioni delle incompatibilità, rotazione dei dirigenti….
A cura di Paolo Cascavilla,
Aspettiamo con ansia e trepidazione, una sua discesa ” diretta ” in campo alle prossime amministrative. Ne vedremo delle belle, caro lei !!!!
La politica intesa come mestiere come soddisfacimento della sete del potere e arricchimento e non come una missione speciale è sta la rovina totale dell’Italia. Uno dei paesi più corrotti e inefficienti del mondo con un debito catastrafofico! Politica spesso a braccetto con la mafia! Puah! Non ci sono più statisti, politici morali!!
La difficile arte di lasciare la dolce minnuzza, senza poter più succhiare il lattuccio al popolo sempre più escluso da tutto. La politica di questi ultimi 10 anni a Manfredonia è stata indirizzata verso pochi intimi, amici e parenti, la torta se la sono spartita in pochi, per il popolo poche briciole e assistenzialismo.
Egregio Cascavilla, oggi, con il senno del poi, si accorge delle malefatte dell’amministrazione comunale. In quella palude, melmosa e puzzolente, se non sbaglio, ci ha sguazzato anche lei. Ora non mi sembra il caso che lei si erga a paladino del buon affare o a tribuno della plebe. In una cosa le devo dare ragione perché effettivamente, come diceva Giulio, il potere logora chi non ce l’ha. Oppure il detto siciliano —. Allora come si fa a lasciare tutto??????
Prof. Cascavilla lei è l’ultimo a dare questo tipo di lezioni! Quando era assessore ci mancavano i suoi post!
Costui (l’autore dell’articolo) non ha fatto parte del governo dei più grandi spendaccioni irresponsabili della storia di Manfredonia? Era assessore? Taccia!
Il fatto che Cascavilla sia stato uno degli Assessori di questo “Sindaco” è una “colpa grave”. Permettiamo però che possa ammettere il suo fallimento come effettivamente fa con questi “editoriali”. E’ sempre meglio che stare a inneggiare una persona che vive grazie alla politica e che tira a campare fino a che può farlo, sperando in un miracolo che possa piazzarlo in qualche altra posto di potere. Per quando riguarda la mancanza di idee creative (la generosità non c’entra niente) non credo sia dovuta a una volontà politica. Le idee non nascono solo perché una persona ha un cervello. Le idee nascono solo a uomini che hanno una base culturale proveniente da studi, ricerca, esperienza e sacrifici. Non credo che almeno una di queste componenti possa essere attribuita all’attuale capo dell’amministrazione. E’ inutile, poi, sottolineare che le persone coinvolte nella conduzione amministrativa hanno “resistito” (e ancora resistono) solo se non non azzardano a superare il “maestro con proprie idee e proposte.
di progettualità politica.