FOGGIA – Studiare è questione di classe. O forse questione di classe sociale. Si riparte tra qualche giorno con le lezioni universitarie, gli esami, i dubbi, le ansie.
Studenti ai blocchi di partenza, famiglie con la calcolatrice in mano per studiare i costi. Per un ragazzo pugliese un anno in un ateneo pubblico (se si valuta l’ipotesi di un privato le cose peggiorano) del Nord può costare anche 19mila euro all’anno, 1.593 euro al mese.
Di fatto, per tanti, uno stipendio che “parte” per l’università dei propri figli. E il rischio è che studiare diventi un lusso.
L’allarme è stato lanciato nello scorso weekend da un report di Skuola.net, portale specializzato in scuola e università, su dati che sono stati sviluppati – con dovizia di particolari – dall’Unione degli Universitari e Federconsumatori. Il rapporto, pubblicato nei mesi scorsi, voleva scoperchiare il vaso di Pandora e spiegare quanto possa essere costoso studiare.
Il dettaglio dei costi
E allora quanto costa studiare? Dipende dalle varie città, ovviamente. E poi dipende da se lo studente è in sede, e quindi vive a casa con i genitori, oppure fuorisede, e quindi ha bisogno di un alloggio e di spendere del denaro anche per i pasti e la salute.
Poi, ovviamente, vi sono le agevolazioni: dalla no tax area, che in Puglia è stata piuttosto spinta dagli atenei con un innalzamento della soglia esentasse fino ai 25 o i 26mila euro (dipende dai casi) alle borse di studio, per cui la Regione ha assicurato anche per lo scorso anno la copertura totale degli aventi diritto.
Ma non sempre basta. E soprattutto vi è il problema della fascia media della popolazione, che magari non ha un reddito così basso da rientrare nelle fasce agevolate ma nemmeno così alto da potersi permettere a cuor leggero una somma “da mutuo” per un figlio che studia fuori.
Si è detto e scritto tanto nelle ultime settimane su quanto siano aumentate le stanze in affitto per gli studenti.
Bari ha fatto registrare un innalzamento record del 200% rispetto ad appena pochi anni fa. E anche a Lecce non va poi tanto meglio. Al Nord, ovviamente, la situazione è peggiore.
Un fuorisede spende in media 3.876 euro all’anno per la stanza se resta al Sud, ne spende 5.784 all’anno se invece decide di andare al Nord.
Con punte ben più alte se la scelta ricade su città grandi, come Milano, Torino o Bologna.
A questo bisogna aggiungere il costo del materiale didattico, che varia di facoltà in facoltà ma che in media viene calcolato (secondo il report dell’Unione degli Universitari) in 1.591 euro all’anno.
Sono un po’ più fortunati i ragazzi che scelgono le materie umanistiche, mentre i futuri avvocati arrivano a spendere anche duemila euro all’anno per comprare libri di testo nuovi.
Poi ci sono le tasse. Al Sud si spende sensibilmente di meno, ma chi va al Nord si trova a fronteggiare costi ben più alti.
Per non parlare dei pasti e magari di qualche uscita. Se si considera la spesa alimentare e una media di 15 cene fuori (di fatto una al mese, o poco più) e di 20 aperitivi in un anno servono 5.304 euro all’anno.
E poi c’è da aggiungere qualche svago, come una banale iscrizione a una palestra o a un’associazione sportiva per evitare di trascorrere le giornate sui libri senza nessun diversivo. E le visite mediche.
Non in tutte le città i fuorisede hanno diritto di rivolgersi gratuitamente a un medico.
Anche soltanto presentarsi presso la guardia medica per un problema emergenziale di solito ha un costo. Senza nemmeno considerare le visite specialistiche, che purtroppo talvolta sono necessarie.
Tirando le somme: un fuorisede al Nord costa in media 19.091 euro, quasi 1.600 euro al mese. Al Centro si spendono 17.343 per un anno. E chi decide di restare al Sud comunque arriva a spendere oltre 14mila euro all’anno. Uno studente in sede, all’anno, costa alla propria famiglia 687 euro, tra libri, pasti, trasporti e tasse.
«Davanti a costi così alti il diritto allo studio riesce a coprire tutte le spese, secondo il report, come detto solo in caso si tratti di universitari fuorisede esonerati da tasse e beneficiari di posto letto in residenza – evidenzia Skuola.net -.
Per questi ultimi l’importo massimo della borsa di studio – nel 2023 – era di 7.675 euro, sufficienti per sostenere tutto il necessario.
Nei restanti casi, la borsa di studio massima di 3.086 euro l’anno per gli studenti in sede e di 4.474 euro per i pendolari non riuscirebbe a garantire il costo zero degli studi alla luce delle voci appena passate in rassegna».
Si riapre, poi, il fronte del bonus voluto dal governo, che secondo i ragazzi è spesso insufficiente: nel 2023 sono stati erogati 23 euro al mese.
L’anno prossimo andrà meglio, ma non basterà – secondo i sindacati studenteschi – a coprire le spese dei fuorisede.
L’unica soluzione, quindi, è la borsa di studio, che spetta soltanto a una fascia economicamente molto fragile della popolazione e che va “tenuta” anche con il merito.
Secondo Udu, per altro, questo concetto non fa altro che aumentare gli abbandoni, che sono piuttosto frequenti anche al Sud. Più che una questione di classe, una questione di classe sociale.
Lo riporta quotidianodipuglia.it