MANFREDONIA (FOGGIA) – (di Pino Delle Noci) C’era una volta, Peppone e Don Camillo. Entrambi, per “ragioni” diverse predicavano il bene dei cittadini. Promesse di sviluppo con posti di lavoro, benessere, pace e felicità. Le mire dei due erano diverse fino a quando s’accorsero che, per raggiungere il proprio obiettivo, bisognava addivenire ad un accordo.
Don Camillo, che aveva ereditato un patrimonio di inestimabile valore, dal punto di vista ambientale, storico e culturale, cercava di liberarsene per fare cassa. Peppone, che coltivava l’ambizione di conquistare l’ambita poltrona dei privilegi, si mise a disposizione. Insieme si prodigarono per costruire la “strada ferrata” (Emilio Prada) “che cambia il paesaggio e incita i contadini ad accoglierla per quella che è”, simbolo della modernità che a Manfredonia porterà il treno dello sviluppo.
Il treno del “bramato” sviluppo s’infranse urtando la porta del Gargano è deragliando “sversò” sull’intero territorio il contenuto delle cisterne: liquami, veleni, tossicità, ostilità, animosità, astio, avversioni e livori. Manfredonia è traumatizzata. Nonostante la gravità dell’accaduto “non ho mai conosciuto un uomo che vedendo i propri errori ne sapesse dar colpa a se stesso.” Confucio. E’ in questa citazione, tramandata nei secoli, è scritto il lento, continuo e inesorabile declino della nostra città.
Sviluppo tradito, divisioni, regresso e stagnazione riprendono il sopravvento. “il morbo infuria, il pan ci manca sul ponte sventola bandiera bianca…” Fusinato.
Approfittando del momento favorevole, rispuntano gli “epigoni”, figli, parenti e compari dei responsabili del disastro. L’obiettivo è riprendere le redini della città, dopo aver messo in oblio la catastrofe per scagionare i loro “padri”.
Si presentano come nuova classe politica. La quale scarna d’idee, “proni al servilismo e alla cortigiana adulazione” (B. Croce), piuttosto che lottare per il ripristino della vocazione del territorio e incapace di rivendicare i diritti per i danni subiti dalla popolazione, per reconditi fini personali, non trova altra soluzione che riproporre le scelte del passato.
“L’acutezza” intellettuale della nuova classe politica risiede nella interpretazione alterata del confucianesimo: “La nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta”. Quindi si può “cadere” ripetutamente per poi “rialzarsi”; anche se “storpi” su una sedia a rotelle.

Forti di tale interpretazione, la neo, si fa per dire, classe dirigente, per gestire e conservare il potere, sviluppò la propria azione politica su quattro pilastri: reindustrializzazione, clientelismo, assistenzialismo ed eliminazione per “fagocitosi”, di avversari politici, qualora esistessero.
Operazione riuscita. A Manfredonia nasce il partito unico che ha regnato per più di 5 lustri. Una lunga reggenza, “grazie” all’uso improprio del territorio, iniziato con affrancazione degli usi civici, alienazioni, permute, svendite; concluso con il vergognoso sperpero, dell’enorme flusso, di denaro pubblico messo a disposizione per la “farlocca” reindustrializzazione. L’infamante marchio, di scioglimento per infiltrazioni mafiose, ha messo fine alla reggenza degli “epigoni”?
Manfredonia ricaduta in disgrazia, il partito unico sembrava disgregarsi e dileguarsi mentre i suoi attori rimangono impuniti: qualcuno addirittura premiato.
“L’uomo superiore coltiva la virtù, l’uomo inferiore coltiva il benessere materiale. L’uomo superiore coltiva la giustizia, l’uomo inferiore coltiva la speranza di ricevere dei favori”. (Confucio) Purtroppo la città, ormai orfana di una classe politica alternativa e priva de “l’uomo superiore”, fu costretta ad affidarsi a una compagine dell’ultima ora, si fa per dire, di nuova generazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
A distanza di qualche mese i manfredoniani sono costretti ad assistere all’indecoroso spettacolo di una classe politica imperita, immatura e intenta solo a compiere continue capriole e giravolte con alternanza di saltimbanchi ed equilibrista. Ad aggravare e rendere ridicola la situazione sono le continue apparizioni degli “epigoni” che si dilettano in attacchi, critiche e perfino offerte di collaborazione, all’amministrazione che li ha soppiantati.
Dopo aver demolito e depredato tutto ciò che di buono offriva il territorio e affibbiato un marchio indelebile alla città, questi signori, gli “epigoni”, stanno adottando una tecnica attendista. Senza alcun pudore, per riprendere il dominio della città, addossano la colpa della disgrazia di Manfredonia all’inesistente. Per loro, la causa del disastro, è da ricercare altrove. Infatti, se questi signori che hanno “imperato” per tanto tempo, riprenderanno le redini della città, la colpa è da ricercare negli altri; forse all’assenza dell’uomo superiore che si è dato alla “macchia”. “Il vero signore è simile ad un arciere: se manca il bersaglio, ne cerca la causa in sé stesso.” Confucio
A cura di Pino Delle Noci
Distruzione scogliere (centinaia di metri) in pieno centro urbano, stazioni fantasma, immense paludi puzzolenti e malsane in pieno centro urbano, un viale per Siponto da film horror…debiti di ellenica memoria, caos, anarchia, inciviltà dilagante.. abusivismi edilizio e commerciale..
Seeee, c la dìtte pùre a Carelle? Ohhhh, a vdì tanda schfezze, Mecóle Magne c stè vuletanne inde a tombe! 😞