Mi ha molto indignato la foto di un nudo femminile usata in un articolo per pubblicizzare il turismo nella nostra città. Mi ricordo di una mia lezione di filosofia al liceo sul tema dell’eros in Platone, quando rivolsi ai miei alunni maschi questa domanda a bruciapelo: “Ragazzi, ma a voi che cosa piace di una donna?” Uno di loro, in modo abbastanza spontaneo, mi rispose che di una ragazza gli piaceva il lato B. Un altro invece mi disse che preferiva le caviglie. Solo un ragazzo mi disse. “Prof, a me ciò che colpisce di una donna è il suo volto, perché su quel volto mi perdo. E’ il luogo del suo mistero. Sembra che io non possa andare oltre. E’ lì che lei mi invita a cercarla. Sempre e di nuovo, senza tuttavia mai davvero trovarla”. Rimasi molto colpito da questa presentazione.
Allora presi spunto da questa dichiarazione molto bella e profonda per spiegare ai miei alunni che in greco “volto” si dice “prosopon”, il quale a sua in latino è stato tradotto con “persona”. Quindi, conclusi che noi – maschi e femmine – siamo persone, e che non si può mai separare un corpo dal volto cioè dalla persona. Altrimenti senza il volto il corpo diventa cosa. Dopo questa spiegazione molti maschietti si scusarono con le ragazze per il loro modo, molto parziale e gretto, di vedere le donne. Solo dopo tale chiarimento cominciai a parlare dell’amore secondo Platone e altri.
Per questo motivo tutte le volte che vedo qualcuno mostrare un pezzo del corpo – sia maschile che femminile – separato dal volto e dalla persona di cui è parte essenziale non è che mi scandalizzo, ma semplicemente mi indigno. Per il semplice fatto che si finisce col privare l’individuo della propria soggettività. Si realizza quello che in un mio libro ho definito “fare lo spezzatino”. Solo che fare a pezzi un corpo è fare a pezzi la persona che quel corpo rappresenta. E lo si fa per dominarla e usarla. Per espropriarla. E’ un modo per violentarla con una violenza che, se all’inizio è soltanto simbolica, poi potrebbe diventare reale.
Bisogna dire che questa operazione nasconde un visione distorta del corpo, come se fosse un assemblaggio di organi, di pezzi scambiabili e sostituibili. Al contrario, il corpo rappresenta una unità che mi dice che sono unico e irripetibile, insostituibile. E, per certi aspetti, inaccessibile. Esso, infatti, è il luogo dove a ciascuno è possibile custodire la propria intimità. Dove nessuno può entrare senza che ciascuno dia il permesso. Per questo non è oggetto di esibizione né di ostentazione.
Molti pensano che esibire il corpo serva a esaltarlo, a metterlo in evidenza. E’ una grande stupidaggine, perché si confonde l’esibizione con l’esaltazione. Infatti, esibire un corpo non è esaltarlo, ma occultarlo. Usarlo come specchio delle allodole non è solo offenderlo e mortificarlo, ma dare a intendere che non lo si è compreso. Forse anche che non si ha un buon rapporto con il proprio corpo. Non si tratta solo di un mera oggettivazione che sa di reificazione, ma di una vera e propria scissione il cui obiettivo è dominarlo.
Mostrare un pezzo di corpo vagante, che non ha collocazione o identità, significa esporlo in una vetrina come se si trattasse di una merce di scambio. Fruibile e mercificabile, pronto per l’uso e disponibile al miglior offerente.
Questo purtroppo accade perchè, a causa del dilagante analfabetismo affettivo che ci ritroviamo, a molti maschi piace ridurre la donna al solo suo corpo. Di solito, quelli che lo fanno non solo non hanno capito niente della donna, ma soprattutto inconsciamente hanno paura del mondo femminile, specialmente di quella profondità che non riescono a sondare, a interpretare e quindi a rispettare. E provano paura perché non hanno quella delicatezza e quel tatto necessari per fare tutto ciò con cui invece lo si dovrebbe celebrare. Per loro la donna, più che un mistero, è un problema. Un ostacolo. Un impedimento che spiazza la loro mascolinità non cresciuta, poco matura e incapace di prendersi cura.
L’esibizione del corpo fatto a pezzi non ha poi nulla a che fare con le dinamiche del desiderio. Infatti, come ha scritto in un bel libro, dal titolo “La fine del desiderio”, la filosofia Michela Marzano “Chi sbatte il corpo in primo piano impedisce al desiderio di emergere”, cioè di formarsi e di maturare. Di chiarirsi e di esplicitarsi. Una cosa è desiderare, altro è invece possedere.
Chi espone un pezzo del corpo femminile è come se stesse invitando a entrare in un luogo di piacere qualsiasi. Ma non ha capito costui che il corpo comincia dal volto. Scorporare un corpo dal suo volto significa renderlo un luogo anonimo. Una terra di nessuno, dove ognuno può entrare e fare quello che vuole: l’importante che paghi.
Ma il corpo è anche linguaggio e serve per comunicare, per parlare, per esprimere emozioni e sentimenti. E’ la parola prima della parola. Al contrario, un pezzo di corpo isolato da tutto il resto non parla più. Non dice niente. Anzi dice il niente. Perciò fare a pezzi un corpo è nichilismo puro. E’ annientare non solo il corpo nostra dimora e nostra prima casa, ma anche la persona a cui esso appartiene. Sì, perchè il corpo non è qualcosa che si ha, ma qualcosa che si è. Noi non abbiamo il corpo, ma siamo corpo.
E poi il nostro corpo umano è un corpo sessuato. Cioè un corpo relazionale e complementare che ha bisogno di essere completato. Il mio corpo è fatto per un altro corpo, per tale ragione è il luogo della nostra alterità oltre che della nostra identità. Il corpo ha una sua geografia e una sua topografia che bisogna imparare a decifrare. Ad attraversare. Ad abitare. Addirittura la Bibbia dice che il corpo è come un grande tempio dove la stessa divinità prende dimora. Ecco perché il corpo esige un rispetto che è sacro. Cura e non culto.
Tutto questo lo si può fare solo se ci convinciamo che il corpo non è qualcosa di puramente esteriore. Esso, infatti, comincia dentro di noi. Ha la sua radice nelle più recondite profondità del nostro mondo interiore. Nella nostra stessa anima. Per questo diciamo che esso comincia dal volto. E allora, anche se siamo nell’era dei corpi senza volto, depersonalizzati e quindi strumentalizzati, la sfida educativa e culturale che ci sta dinanzi è riuscire a ridare un volto ai corpi. Per essere persone e non cose.
E allora, la prossima volta non fate lo spezzatino. Non spezzate i corpi. Non li esibite. Al contrario, fate questo percorso: cominciate dal volto per fare ritorno al volto, passando per i corpi. Senza usarli o possederli, ma soltanto attraversandoli. Da ospiti e non da padroni. E fatelo sia con il vostro corpo che con quello altrui.
A cura del prof. Michele Illiceto, Manfredonia 02.12.2020
amen
Lo dica alla gran parte del gentil sesso che sono complemente dedita alla cura del corpo enon dello spirito e che spesso incarnano il demone tentatore.
Madonn che pippone per una foto. Abbiamo capito che sai da vicino agli ambienti clericali ma nemmeno che ci devi ammorbare con ste prediche. Uno studente del liceo che ti dice “Prof, a me ciò che colpisce di una donna è il suo volto, perché su quel volto mi perdo. E’ il luogo del suo mistero. Sembra che io non possa andare oltre. E’ lì che lei mi invita a cercarla. Sempre e di nuovo, senza tuttavia mai davvero trovarla” credo che sia candidato al Nobel. Solo a lei sono successe queste cose.
Grazie e Buona SALUTEeeeee