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INNANZITUTTO COSA SONO CDA, CARA e CIE- Teoricamente, i CDA dovrebbero rappresentare delle strutture nelle quali trasferire i migranti appena arrivati, senza considerare il loro status giuridico, per “un primo soccorso e accoglienza ed emanare un provvedimento che ne legittimi la presenza sul territorio o ne disponga l’allontanamento”. Nell’attesa vivono in una condizione “non chiaramente disciplinata dalla legge”, ma che si risolve spesso in uno stato di trattenimento non definito temporalmente e non convalidato da alcun giudice.
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CARA – Istituiti nel 2008, dove il richiedente asilo soggiorna, con la libertà di uscire dalla struttura nelle ore diurne, in attesa di essere identificato e di accedere alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. Sono un’evoluzione dei CDI (Centri d’Identificazione), istituiti per ospitare richiedenti asilo nel 2002 attraverso la legge n.189 (detta legge Bossi-Fini) e
divenuti operativi nel 2004 con il regolamento attuativo.
CIE – Per Cie si intende Centri d’Identificazione ed Espulsione (CIE), istituiti nel 1998 con la D. Lgs. 268/98 (c.d. Legge Turco-Napolitano) come “strutture preposte al trattenimento degli stranieri irregolari destinati all’espulsione“, i centri per la detenzione amministrativa nel corso degli anni hanno iniziato a ricevere un numero crescente di categorie di persone fra cittadini comunitari; richiedenti asilo; stranieri che hanno vissuto molti anni, alcuni con casa, famiglia e figli in Italia (nel complesso (fonte: Rassegna.it) il tempo medio di permanenza in Italia dei trattenuti intervistati è di 7 anni e 4 mesi); ma anche stranieri nati in Italia o appena arrivati; stranieri con permesso di soggiorno scaduto (il 30% degli intervistati); stranieri e cittadini comunitari provenienti dal carcere (45% dei trattenuti secondo i dati riferiti dall’ente gestore o dalle Prefetture); cittadini stranieri destinatari di un ordine di espulsione come sanzione alternativa alla detenzione. Il pacchetto sicurezza dell’agosto 2009 ha esteso da 60 a 180 giorni illimite massimo di trattenimento nei Cie.
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PER RICAPITOLARE: la prima struttura è quella dei Centri di accoglienza (Cda-Cpsa) e dei Cara. I CDA per il primo soccorso e a un’accoglienza limitata al tempo necessario per l’identificazione dei migranti sbarcati e il successivo trasferimento nei Cara o nei Cie. Centri attualmente operativi 10: Agrigento, Lampedusa – 804 posti, Bari Palese, area areoportuale 744 posti, Brindisi, Restinco– 180 posti, Cagliari, Elmas – 200 posti, Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 360 posti, Crotone, località Sant’Anna – 1202 posti, Foggia, Borgo Mezzanone – 342 posti, Gorizia, Gradisca d’Isonzo – 112 posti, Siracusa, Cassibile – 200 posti Trapani, Pantelleria – 25 posti, I Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) ospitano solo i profughi sbarcati in Italia che chiedono asilo politico, o comunque i richiedenti asilo politico privi di documenti di identità, in attesa del riconoscimento del loro status di rifugiato o di protezione internazionale, che viene deciso dalle Commissioni territoriali. I centri attualmente operativi sono sei: Caltanissetta, Contrada Piano del Lago – 96 posti , Crotone, località Sant’Anna – 256 posti, Foggia, Borgo Mezzanone – 198 posti (a marzo 2009 erano state contate 844 presenze nel centro della piccola frazione rurale del Foggiano, una cifra vicino al massimo consentito, stabilito a quota 1090 ospiti. Vanno anche considerate nel numero i 546 posti nelle tendopoli-campo profughi, struttura gestita, come Cda e Cara, dalla Cri – vedi sotto), Gorizia, Gradisca d’Isonzo – 150 posti, Milano, via Corelli – 20 posti, Trapani, Salina Grande – 260 posti, A questi, si sono aggiunti i centri aperti con l’emergenza 2008 ed elencati nella prima mappa. Le Commissioni territoriali sono attualmente 10, a Gorizia, Milano, Torino, Roma, Caserta, Foggia, Bari, Crotone, Trapani e Siracusa. Altra cosa sono invece i Centri di identificazione e espulsione (CIE),i vecchi cpt, destinati alla detenzione, convalidata dal giudice di pace, degli stranieri non comunitari privi di permesso di soggiorno, per un periodo massimo di 60 giorni. I centri attualmente operativi sono dieci, per una capienza di 1.219 posti: Bari-Palese, area aeroportuale – 196 posti, Bologna, Caserma Chiarini – 95 posti, Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 96 posti, Catanzaro, Lamezia Terme – 75 posti, Gorizia, Gradisca d’Isonzo – 136 posti, Milano, Via Corelli – 112 posti, Modena, Località Sant’Anna – 60 posti, Roma, Ponte Galeria – 300 posti, Torino, Corso Brunelleschi – 92 posti, Trapani, Serraino Vulpitta – 57 posti. Attualmente i centri di identificazione e di espulsione operativi sul territorio sono tredici: Bari, Bologna, Caltanissetta, Catanzaro, Gorizia, Milano, Modena, Roma, Torino, Trapani, Brindisi, Lampedusa e Crotone.
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IL RAPPORTO DEI MEDICI SENZA FRONTIERE – LE VISITE NEGATE – I servizi erogati, in generale, sembrano essere concepiti “nell’ottica di soddisfare a malapena i bisogni primari, tralasciando le molteplici istanze che possono contribuire a determinare una condizione accettabile di benessere psicofisico”. Al momento dell’entrata in vigore del pacchetto sicurezza e con il conseguente allungamento dei tempi di detenzione nei CIE da 2 a 6 mesi, non erano previsti adeguamenti nell’erogazione dei servizi. Questa l’indagine svolta da Medici Senza Frontiere, che a distanza di 5 anni, “unica organizzazione indipendente a scrivere un rapporto sui CIE e CARA”, è tornata nei luoghi di detenzione per i migranti privi di permesso di soggiorno e di transito per i richiedenti asilo. L’ indagine è basata su due diverse visite condotte da MSF a distanza di otto mesi tra il 2008 e il 2009, quando sono stati visitati 21 centri tra CIE, CARA e CDA disseminati sul territorio nazionale. In alcuni centri, gli operatori di MSF si sono trovati di fronte a un atteggiamento ostile da parte dei gestori, incontrando difficoltà nel condurre liberamente l’indagine, subendo limitazioni e dinieghi nell’accedere in determinate aree: emblematici i casi dei centri di Lampedusa e del CIE di Bari dove è stata negata dalla Prefettura l’autorizzazione a entrare nelle aree alloggiative, nonostante la visita di MSF fosse stata comunicata con diverse settimane di preavviso. “Rispetto alle visite condotte nel 2003 poco è cambiato – dicono i responsabili di Msf – molti sono i dubbi che persistono, su tutti la scarsa assistenza sanitaria, strutturata per fornire solo cure minime, sintomatiche e a breve termine. Stupisce inoltre l’assenza di protocolli sanitari per la diagnosi e il trattamento di patologie infettive e croniche. Mancano soprattutto nei CIE, come ad esempio in quello di Torino, i mediatori culturali senza i quali si crea spesso incomunicabilità tra il medico e il paziente. Sconcerta in generale l’assenza delle autorità sanitarie locali e nazionali”, dichiara Alessandra Tramontano, coordinatrice medica come detto di MSF in Italia. “Tra i CIE, Trapani e Lamezia Terme andrebbero chiusi subito perché totalmente inadeguati a trattenere persone in termini di vivibilità. Ma anche in altri CIE abbiamo riscontrato problemi gravi: a Roma mancavano persino beni di prima necessità come coperte, vestiti, carta igienica, o impianti di riscaldamento consoni”, continua Tramontano.
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SITUAZIONE NEL CARA DI FOGGIA – “Nei CARA abbiamo rilevato invece servizi di accoglienza inadeguati. Il caso dei centri di Foggia-Mezzanone (a un chilometro e mezzo di distanza dal centro, nel mezzo delle campagne foggiane, c’è la frazione di Borgo Mezzanone: poco più di mille abitanti, una chiesa, un bar e un minimarket. Nato come un quartiere residenziale medio-borghese, ma mai decollato. Tanto che nelle case rimaste vuote ora vivono diverse famiglie sfrattate da Foggia, territorialmente di Foggia ma gestito a livello giurisdizionale dal Comune di Manfredonia, presidente circoscrizione Paolo Di Nunzio); e Crotone ne è un esempio: 12 persone costrette a vivere in container fatiscenti di 25 o 30 metri quadrati, distanti diverse centinaia di metri dai servizi e dalle altre strutture del centro. Negli stessi centri l’assenza di una mensa obbligava centinaia di persone a consumare i pasti giornalieri sui letti o a terra”, conclude Alessandra Tramontano. La gestione complessiva dei centri per migranti, sia dei CIE che dei CARA e dei CDA, appare dunque in larga parte inefficiente. I servizi erogati sono spesso scarsi e scadenti e non si riesce di fatto a garantire una effettiva identificazione, protezione e assistenza dei soggetti vulnerabili che rappresentano una parte consistente (se non prevalente) della popolazione ospitata.
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LE VIOLENZE DI ROSARNO – LA SITUAZIONE LAVORATIVA DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA- I siti in cui gli immigrati stagionali vivevano nella Piana di Gioia Tauro sono ora totalmente vuoti, dopo le violenze. La maggior parte delle persone sono state portate dalle autorità nei Centri per immigrati di altre città italiane (Bari e Crotone), abbandonando le proprie cose negli edifici in cui vivevano. “Alcune persone non erano convinte di andarsene, perché non avevano ancora ricevuto la paga per le giornate di lavoro compiute, altre temevano di essere detenute o deportate. Ma gli immigrati erano così spaventati da non aver altra scelta che quella di andarsene”, racconta Tramontano. “I recenti episodi di violenza e di ostilità sono un sintomo estremo del perenne abbandono in cui versano gli immigrati impiegati come stagionali in Sud Italia”, dice Loris De Filippi, responsabile dei progetti di MSF Italia. “Costituiscono una forza lavoro cruciale nell’agricoltura italiana e al contempo sono facili prede dello sfruttamento. Gli immigrati stagionali impiegati in agricoltura in molte regione dell’Italia meridionale vivono in condizioni estremamente dure: in edifici abbandonati ed esposti alla pioggia e al freddo in inverno. I siti presentano pessime condizioni igienico-sanitarie e l’accesso all’assistenza sanitaria è limitato”. Le equipe di Msf hanno evidenziato che “proprio le disastrose condizioni di vita e di lavoro hanno conseguenze drammatriche sulla salute di queste persone, che presentano infezioni respiratorie, patologie osteo-muscolari e gastroenteriche”.
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LA GESTIONE DELLE STRUTTURE – “Permangono – si legge nel Rapporto – numerosi fattori di malfunzionamento ed episodi di scarsa tutela dei diritti fondamentali a prescindere dall’ente gestore. Sono emersi in particolare: la mancanza di protocolli d’intesa che stabiliscano i rapporti tra i centri e il Sistema Sanitario Nazionale, l’insufficiente assistenza sanitaria, legale, sociale e psicologica, i diffusi segnali di profondo malessere tra i trattenuti con conseguenti episodi di autolesionismo, risse, rivolte”. Secondo l’organizzazione umanitaria la gestione dei centri per migranti, nonostante siano stati istituti ormai da più di un decennio, sembra ancora ispirata “da un approccio emergenziale e in larga parte lasciata alla discrezionalità dei singoli enti gestori”. “I centri per immigrati – denuncia Msf – sembrano operare come enclave con regole, relazioni e dimensioni di vita propri, senza controlli esterni e di indicatori di qualità. I servizi sanitari nei centri, in particolare, sono impostati per offrire un’assistenza sanitaria di primo soccorso” ma “non vi sono responsabilità specifiche da parte delle autorità sanitarie pubbliche”, che quindi “non hanno alcun ruolo di verifica della qualità dei protocolli e dei presidi sanitari adottati, dei livelli igienici e di vivibilità degli ambienti, nonché delle condizioni sanitarie”. L’organizzazione umanitaria ribadisce, in particolare, che i Cie sono “carceri a tutti gli effetti”. La vita nei Cie – ha detto Alessandra Tramontano, coordinatrice medica Msf-Missione Italia – “aggrava uno stato mentale, un disagio dopo l’odissea vissuta per arrivare fino a qui, che crea un vero e proprio stress per molti pazienti”. C’è un “elevato livello di tensione e malessere all’interno dai centri”, e “ne sono la riprova – prosegue il Rapporto – le testimonianze dei trattenuti e le numerose lesioni che si procurano, il frequente ricorso che fanno alle strutture sanitarie e ai sedativi, i numerosi segni di rivolte, incendi dolosi e vandalismi e le notizie di cronaca di suicidi e continue sommosse.”
Questo è il posto dove ho trascorso 8 mesi che ho detto la verità Ma le persone sono abbastanza gentili, come l’assistenza sociale Rita grasie a tutti i lavoratori a c.a.r.a byy