FOGGIA – La severità della crisi idrica pugliese è tutta nei numeri.
Fra gli altri, quelli relativi alla disponibilità idrica degli invasi pugliesi della Capitanata: la diga di Occhito sul Fortore, che conta su una capacità utilizzabile di 250 milioni di metri cubi d’acqua, contiene oggi 41 milioni di mc: ha perso, dunque l’83,6% della risorsa.
L’anno scorso, il 2 settembre, ne conteneva 149.
L’invaso di Marana Capacciotti, con una capacità utilizzabile di 48 milioni di mc, ne conta oggi appena due, ha perso il 95% della risorsa contenibile: l’anno scorso ne custodiva 25 milioni, cioè il 52% della capacità.
L’invaso di Capaccio sul Celone ha una capacità utilizzabile di poco più di 16 milioni di mc e oggi ne contiene 1,8, l’anno scorso 2,3.
Infine l’invaso di San Pietro sull’Osento, con una capacità di 17 milioni di metri cubi d’acqua e che è sostanzialmente quasi vuoto, con 850mila mc a fronte dei 7 milioni e 650mila del 2023.
A concorrere all’emergenza la siccità prolungata – interrotta fra ieri e oggi da piogge proprio sulla Capitanata e, in parte, sulla Murgia – e il cattivo stato di manutenzione di dighe, invasi e condutture: la Regione, per questo, ha stilato un piano da 2,2 miliardi di euro, chiedendo al ministro Raffaele Fitto un anticipo dei Fondi di sviluppo e coesione per mettere a cantiere alcuni dei progetti, quelli ritenuti prioritari.
Anche perché, in mancanza di piogge, l’inverno 2025 potrebbe assestare un colpo durissimo all’industria e all’agricoltura che, a causa della mancanza d’acqua, già si misura con il crollo del 50% della produzione di pomodoro e di olive, del 60% per quella di grano e con una sostanziale riduzione dei raccolti di frutta e ortaggi attuali e futuri, del prossimo autunno.
Da questo punto di vista, i tempi per la messa a terra del Piano per l’emergenza approvato dalla Giunta Emiliano e concordato con Acquedotto pugliese e con Acque del Sud – la società che nel 2023 ha preso il testimone e sostituito l’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia – non tengono il passo della crisi.
Nel Piano la Regione sottolinea che «nel corrente anno potrà essere garantito il soddisfacimento dei fabbisogni delle utenze potabili e solo parzialmente di quelle agricole», ma la scarsità d’acqua alle sorgenti e negli invasi «porterà all’inizio del prossimo inverno a costituire una riserva del tutto insufficiente a garantire l’approvvigionamento potabile delle Province pugliesi e lucane servite, già dai primissimi mesi del 2025, qualora non si dovessero verificare precipitazioni meteoriche utili ad incrementare tale riserva».
Il deficit idrico riguarda in particolare gli invasi lucani di Monte Cotugno e del Pertusillo, le sorgenti campane del Sele e del Calore, da cui viene prelevato circa il 70% del complessivo fabbisogno potabile pugliese e poi lo Schema Ofanto e lo Schema Fortore, dai quali si approvvigiona il comparto irriguo. Per le sorgenti campane, fino al prossimo dicembre, è prevista una riduzione della portata d’acqua – espressa in litri al secondo – pari al 5,6% per Caposele e al 21,6% per Cassano Irpino e il fiume Calore.
Per tutti gli invasi – Monte Cotugno, Occhito sul Fiume Fortore, Locone e Conza – si prevede un deficit del 20% annuo, che potrebbe aggravarsi a causa delle diffuse criticità strutturali degli invasi, alcuni dei quali interessati da lavori di messa in sicurezza e manutenzione. Gallerie che collassano, dighe “fissurate” che perdono – è il caso di quella di Monte Cotugno, la più grande d’Europa in terra battuta, costruita negli anni Settanta lungo il corso del fiume Sinni, in provincia di Potenza – e una rete di distribuzione delle acque reflue assente, del tutto o quasi. Perché al dramma della siccità legata al cambiamento climatico si aggiunge la beffa di Consorzi di bonifica inefficienti – ma solerti nel sollecitare il pagamento di tasse e tributi agli agricoltori – che non hanno strumenti adeguati a distribuire nei campi le acque depurate prodotte da Acquedotto per centinaia di milioni di litri e che, oggi, finiscono in mare.
Una beffa tanto amara visto che alla ridotta dotazione degli invasi si somma lo svuotamento progressivo delle falde acquifere, sempre più saline.
In Puglia il fabbisogno irriguo delle colture è pari a circa 810 milioni di metri cubi: solo il 18% di tale esigenza è soddisfatto dalle cosiddette “risorse superficiali”, ovvero invasi, fiumi e laghi. Il resto, viene dalla falda.
Forse anche per questo Acquedotto – che pure vanta un importante miglioramento sul fronte della riduzione dei consumi e delle perdite dalla rete di sua competenza – cerca nuove fonti di approvvigionamento, ma la siccità ha investito l’intero Mezzogiorno e in parte il Centro Italia. Riuscire nell’impresa non sarà affatto semplice.
Lo riporta quotidianodipuglia.it
Non mi spiego come mai non vie è stata nessuna limitazioni di impiego o allarmismo da parte di nessuno,quando anni fa’ con il triplo di capacità davano restrizioni.perche si è voluto prosciugare fino a questo punto?