“Apprendiamo dalla stampa che in Puglia pazienti affetti da patologie neoplastiche, malattie croniche o rare, per effettuare visite di controllo, seguire trattamenti terapeutici, percorsi di follow up, accertamenti diagnostici sono costretti a prenotare visite ai rispettivi Cup,con liste d’attesa infinite; non è tollerabile“.
Lo afferma Fabio Romito, consigliere regionale della Lega, in merito alle recenti notizie di stampa secondo cui pazienti affetti da malattie gravi sarebbero costretti ad attendere tempi lunghi per visite specialistiche o prestazioni ambulatoriali.
“Ci sono leggi nazionali e regionali che stabiliscono che la prenotazione di esami o visite specialistiche sia eseguita dallo specialista tramite agende dedicate. Quindi, uno specialista visita un paziente già noto al sistema sanitario regionale perché affetto da patologie neoplastiche o croniche – spiega Romito – il paziente prenota visite attraverso agende speciali dedicate a questa categoria mentre gli altri pazienti seguono la normale trafila dei Cup. Questo non accade e i malati di cancro si vedono costretti a mettersi in fila ai Cup. Tutto questo spinge inevitabilmente i pazienti a rivolgersi al privato”.
Romito conclude: “invito i cittadini pugliesi a segnalare in qualunque modo, sulla mia pagina facebook o sulla mail istituzionale, eventuali disfunzioni o non ottemperanze del dettato legislativo regionale”.
Trovo irritante che politici in genere – soprattutto di partiti che hanno concorso a massacrare la sanità pubblica a vantaggio di quella privata – si facciano paladini dei cittadini per le gravi disfunzioni del Servizio sanitario nazionale, in particolare per le lunghe liste d’attesa di pazienti oncologici e non.
E’ una strumentalizzazione politica francamente intollerabile. Inutile girarci intorno, gli intervenenti urgenti da realizzare per salvare la sanità pubblica sono:
1. destinare più risorse al SSN pubblico (i tagli in in termini reali di questi ultimi venti anni sono stati devastanti);
2. almeno il 90% del Fondo sanitario nazionale (pari a circa 130 miliardi di euro) deve essere speso per la sanità pubblica (adesso siamo sotto il 70%);
3. assumere e retribuire meglio medici e infermieri che – attenti bene – ci sono, contrariamente alle menzogne che circolano sui media mainstream, ma spesso abbandonano il pubblico per il privato non solo per le basse retribuzioni ma, soprattutto, per le condizioni pesantissime di lavoro che devono subire negli ospedali e nei pronto soccorso;
4. trasferire le competenze regionali in materia di sanità allo Stato centrale;
5. i politici non devono occuparsi di “gestione” della sanità (come di fatto avviene oggi) ma solo dell’indirizzo politico-sanitario;
6. i direttori generali, sanitari e amministrativi (Alta direzione delle ASL) devono essere selezionati con un concorso nazionale pubblico – serio e rigoroso – e non già “pilotato” da ingerenze e condizionamenti(sono eufemismi!) dei politici.
Queste sono, a mio avviso, le condizioni minime per poter sperare di salvare la sanità pubblica.