MANFREDONIA (FOGGIA) – Raccontare la vita di Francesco di Assisi come se fosse la vita di un qualsiasi giovane di oggi, è quanto si sforza di fare il filosofo sipontino Michele Illiceto – docente di filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari e presso il Liceo classico di Manfredonia – in questo suo ultimo libro dedicato al poverello di Assisi, edito da Porziuncola, la casa editrice dei frati di Assisi, dal titolo “So che ci sei. Con Francesco di Assisi per ricominciare a credere” (56 pagg., 8 euro).
Cinque capitoletti, a mo’ di quadretti, nei quali l’autore si sforza di mettere in evidenza la profonda attualità della proposta francescana, specie per chi è alla ricerca del senso nascosto delle cose, di sé e del mondo, degli altri e della vita intera. Per chi ha cercato e non ha trovato. Per tutti coloro che, per vari motivi, hanno smesso di farlo, smettendo forse anche di credere. Ma anche per chi si è adeguato a una fede che sa di compromesso. Per quanti dicono: “So che ci sei, ma vivo come se non ci fossi!”
Ora, l’attualità di Francesco è proprio la sua inattualità, il suo andare anche oggi controcorrente, proponendo uno stile di vita scomodo ma avvincente, alternativo al pensiero unico del nostro tempo, che si presenta invece appiattito e assuefatto alle mode e alle logiche oggi dominanti.
La giovinezza di Francesco – sostiene l’autore, profondo conoscitore delle dinamiche giovanili – come quella del giovane di ogni tempo, è l’età in cui basta poco a farti illudere che hai il mondo tra le mani e che il tuo io ti possa bastare. O che nulla ti farà crollare solo perché non conosci i limiti dei tuoi limiti, ma solo l’incanto di ciò che hai in potere di fare.
Con il corpo a mille e l’anima che tace, sei come uno che corre dietro a qualsiasi promessa, che costruisce sogni non per cambiare ma per scappare ed evadere, per cercare una bolla di emozioni dove godere fino all’ultimo spasmo. Ti innamori di tutto tranne che di te stesso e di quello che sei davvero, e che non ti fanno credere di essere, perché non ti conosci ancora, solo perché la parte più bella di te giace, assopita e nascosta, in fondo al tuo cuore mai frequentato e poco conosciuto. D’altronde, come potresti farlo, se nessuno mai ti ha insegnato a cercarti e a trovarti?
Come Francesco, guardi più fuori che dentro, attratto dalle cose che hai piuttosto che da quello che sei. Sei abituato a guardarti con gli occhi altrui e mai con i tuoi, o di chi, come l’Altissimo, ti conosce più di chiunque altro. Pensi che la vita sia un inutile gioco che non porta a niente, o un peso che spesso ti schiaccia, e non ancora un dono che ti porta a compimento. Ritieni che tutto ciò che esiste stia lì solo per te, per essere posseduto, usato, goduto, consumato, e non invece contemplato, rispettato, celebrato, donato.
Giovinezza, età in cui si cerca più l’ebrezza di ciò che si prova che la verità di ciò che si nasconde. Dove la libertà si trova ancora imprigionata in un’estasi rovesciata, come accade nell’esteta descritto dal filosofo S. Kierkegaard, il quale anziché scegliere, illudendosi, aveva scelto di non scegliere.
Poi, all’improvviso, come spesso accade anche a tanti giovani di oggi, che spesso fondano la propria vita su certezze e credenze effimere, Francesco scopre che tutte le certezze umane si sgretolano. Gli è bastato un fallimento, una caduta, un attimo di dolore e tutto il mondo di prima gli è crollato addosso. Francesco, incarcerato a Perugia, va letteralmente in crisi e comincia a sperimentare il tempo del vuoto e del deserto. Nel tempo dell’assenza comincia a sentire nostalgia di una presenza che fosse diversa.
L’autore usa una espressione forte per descrivere l’incontro di Francesco con Dio, arrivando a dire che egli non incontra Dio, ma inciampa in Dio, in Colui che pensava non ci fosse. Pensava di conoscerlo e invece scoprirà un Dio totalmente altro rispetto a quello che credeva di conoscere. “So che non ci sei, per questo non ti cerco. So che non ci sei, per questo non mi sento cercato”. E’ questo che pensava Francesco, ed è questo che pensano oggi i giovani rispetto a un Dio, che non è tanto non creduto, quanto piuttosto ignorato, sostituito.
Per Illiceto, Francesco, come tanti giovani di oggi, che spesso girano a vuoto su se stessi, aveva bisogno di qualcuno che lo scuotesse dal torpore che lo teneva prigioniero delle cose, al riparo dalle sfide della vita. Necessitava di essere spogliato per deporre il proprio ego ai piedi di un amore più esigente ma anche più profondo e veritiero. E tutto questo gli accade quando incontra il Crocifisso che, se da un lato lo sconvolge e lo stravolge, dall’altro gli apre orizzonti fino ad allora inimmaginabili ed impensabili, che ridisegnano il suo paesaggio interiore, configurando una nuova geografia del cuore e una nuova visione delle cose. Francesco scopre di essere abitato da un Infinito che, mentre lo sovrasta, lo riempie. Un Assoluto che sa farsi piccolo nelle cose semplici della vita di ogni giorno.
In questo suo libro Illiceto sostiene che in un tempo come il nostro, fatto di seduzione e di manipolazione, di sudditanza e omologazione, Francesco potrebbe aiutare molti giovani a scoprire che il Vangelo è l’unica via di vera liberazione e umanizzazione, di perfezione e compimento. Aiutare tanti a comprendere che Dio non è una parola vuota, o un concetto astratto del pensiero, né un dogma religioso o un semplice fremito del cuore, ma una domanda muta che ci portiamo dentro, alla quale, prima o poi, dobbiamo rispondere, nella consapevolezza che la risposta non la possiamo trovare da soli. E a noi che, ammaliati dalla logica del possesso, ci attacchiamo ad ogni cosa, Francesco ci insegna che la povertà non è privazione o semplice rinuncia, ma elevazione interiore, condizione per ospitare un amore che non si può trovare altrove.
In Dio, Francesco trova le altezze perdute, le profondità dimenticate e mai frequentate. Trova quell’Amore che non ha trovato altrove, e dal quale sente di essere amato più di quanto potesse fare lui. Francesco si innamora dell’Amore che supera ogni amore, perché affascinato dal fatto che la sua misura è amare senza alcuna misura. E, in questo amore smisurato, si perde e si ritrova, si dona e si abbandona, si spoglia e si svuota, si libera e si distacca da tutto e da tutti. Anche da se stesso, perché in se stesso vi è più che se stesso.
Secondo Illiceto, per capire, quindi, Francesco la vera cifra non è la povertà o l’umiltà, la pace o la mitezza, ma l’amore, vero cuore del Vangelo, apice di tutta la rivelazione, radice di ogni autentica sequela. Perché l’amore rende folli e gioiosi, giullari e miti, intrepidi e coraggiosi, umili e pacifici, poveri e mendicanti, fratello e sorella di tutto il creato. Non certo l’amore come prestazione ma l’amore come vocazione.
E, guarda caso, l’amore è anche la cifra per capire i giovani, quelli di oggi e quelli di sempre, gli uomini e le donne di ogni tempo. Perché, come diceva il grande psicologo ateo, Erich Fromm, due sono i bisogni fondamentali dell’uomo: amare ed essere amato. E questo è possibile solo perché veniamo dall’Amore. Perché siamo fatti dall’Amore e siamo fatti per amare.
Per questo motivo – conclude Illiceto – quella di Francesco e quella dei giovani sono come due vite parallele che prima o poi possono incontrarsi nell’esperienza di quell’unica verità che ci accomuna tutti, secondo la quale se cerchi l’amore prima o poi inciampi in Dio, e, se trovi Dio, hai trovato quell’Amore che fino ad allora hai cercato altrove.
Infatti, se Francesco, che cercava l’amore nei luoghi sbagliati, ha poi trovato ciò che cercava solo in Dio, che addirittura pensava non esistesse, ebbene, questo è possibile che accada anche a tanti giovani di oggi, i quali non è vero che non cercano, ma che forse cercano male o cercano in luoghi poco adeguati, oppure perché non c’è che nessuno che glielo insegni.
Francesco ci insegna che solo chi trova Dio trova l’amore, e, viceversa solo chi trova l’amore trova Dio. E ricomincia a credere.
Il libro, che è di poche pagine (una sessantina circa), si legge tutto di un fiato. Non ti viene voglia di smettere perché hai come la sensazione che una parola tiri l’altra. Ti sospende e di penetra con una scrittura leggera e incisiva, evocativa e narrativa, capace di toccare aspetti psicologici ed esistenziali otre che altamente spirituali. Il lettore, leggendo queste pagine, è come invitato a fare la stessa esperienza che ha fatto Francesco: quella di trovare in Dio quell’amore che ci ama per primo e che, a nostra volta, ci rende capaci di amare prima Lui, e, in Lui, tutto e tutti. Quell’amore per il quale vale la pena di lasciare tutto, in quanto solo Lui – a cui ora dico “Mio Dio e mio Tutto” – mi basta!
Perché, se ami, non ti basta più dire a Dio “So che ci sei”, ma arrivi a dirgli molto di più. Gli dici anche “So chi sei!”
A cura di Donato Mastrangelo – Viceministro Nazionale dell’Ordine Francescano Secolare
Oggi andare controcorrente, come Francesco di Assisi, forse è ancora più difficile specialmente per i giovani che vivono in un mondo pervaso da crisi di valori, illegalità, consumismo, mistificazioni, prevaricazioni, corruzione, ingiustizie sociali, povertà e guerre. Non sono pochi i giovani che percepiscono la sensazione di non avere un futuro.
Orbene se è vero, come è vero, che nulla è più educativo del buon esempio, io mi domando: raccontare e conoscere la vita di Francesco di Assisi è ancora attuale dopo otto secoli? … e il poverello di Assisi costituisce ancora un buon esempio per i giovani di oggi?
Io credo che la risposta a queste domande sia positiva. I nostri giovani, come il giovane Francesco, secondo il prof Michele Illiceto: “Corrono dietro a qualsiasi promessa, … non per cambiare ma per scappare ed evadere, per cercare una bolla di emozioni dove godere fino all’ultimo spasmo. Si innamorano di tutto, tranne che di sé stessi e di quello che sono davvero… D’altronde, come potrebbero farlo, se nessuno mai ha insegnato loro a cercarsi e a trovarsi? … Ritengono tutto ciò che esiste stia lì solo per loro, per essere posseduto, usato, goduto, consumato, e non invece contemplato, rispettato, celebrato, donato”.
Non voglio essere lungo, voglio solo augurare di cuore a tutti i giovani – come ci ricorda il prof Illiceto – di “inciampare in Dio” per cambiare e dare un senso profondo alla propria vita, come capitò a Francesco di Assisi.