Nel corso dei prossimi mesi nascerà la FCA, Fiat Chrysler Automobiles, ovvero una nuova società di diritto olandese – domiciliata fiscalmente in Gran Bretagna e quotata a Wall Street – nella quale confluiranno l’italiana Fiat e la statunitense Chrysler. La conclusione di un lungo cammino, iniziato circa cinque anni fa – tra mugugni, perplessità e critiche a prescindere – e che ha visto nel 2013 l’anno della svolta con il passaggio di proprietà del 100% della Chrysler, sembra ormai giunto a destinazione.
L’amministratore delegato della costituenda di FCA, Sergio Marchionne, ha enfatizzato l’importanza della buona riuscita dell’operazione di fusione parlando di un “grande progetto di cooperazione industriale e culturale“. Chissà cosa penseranno ora gli scettici e quanti hanno osteggiato questo progetto denunciandolo come il preludio all’abbandono dell’Italia da parte di un’azienda che – a loro detta – avrebbe solo avuto aiuti di Stato. A dire il vero, le parole che dovrebbero rimanere maggiormente impresse nella mente di ognuno di noi sono quelle contenute in una lettera scritta da un operaio della Maserati e per il quale la Fiat è stata “più forte delle finte ideologie sindacali, dell’assenza di politica industriale di questo paese, della comunicazione disfattista e di parte”.
Appunto per questo, esattamente come avviene in natura con la selezione e la combinazione di varietà e geni diversi, il progresso delle specie deriva dalla capacità di sviluppare sinergie tali da garantire maggiori e migliori risultati complessivi, preservando tuttavia le peculiarità e i punti di forza di ciascun membro di un sistema aggregato.
A quanti si chiedono in che modo opererà la nuova azienda, Marchionne ha risposto come ogni italiano dovrebbe, ovvero affermando che si punterà sulla qualità e sulla capacità di puntare sulla parte alta della gamma di autovetture prodotte, in primis, grazie alla manodopera e al know-how (letteralmente il “saper fare”) italiani: Ferrari e Maserati ne rappresentano il fiore all’occhiello.
Concludendo il nostro consueto appuntamento settimanale, l’elemento sul quale vorremmo far puntare maggiormente l’attenzione dei lettori è la necessità di aprirci al cambiamento. Esso, quando supportato da proposte ragionate e concrete, non dovrebbe essere visto come un rischio o, peggio ancora, come una minaccia ai nostri interessi; piuttosto, previa una necessaria e condivisibile analisi di quanto presentato, dovremmo renderci disponibili ad un confronto costruttivo volto al miglioramento della proposta originaria ed al raggiungimento di quell’ottimo che in natura chiameremmo “selezione naturale”.
“Non mi sono accorto che l’intonazione della società abbia preso un qualche carattere particolare; ma con questi costumi, e senza il lavoro dell’intelletto, non può a meno di deteriorare.” – Charles Darwin.
(A cura del Dr. Leonardo Taronna – www.twitter.com/TaronnaL)