Nel 1998 le funzioni relative al demanio marittimo sono state trasferite integralmente dallo Stato alle Regioni. La Finanziaria del 2006 ha stabilito infatti l’obbligo ai titolari di concessioni di “consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area compresa nella concessione, anche al fine della balneazione”. Non solo transito, quindi, ma anche il diritto ad attraversare gli stabilimenti per andare a fare il bagno. Problema risolto? I gestori si oppongono, giustificandosi che grazie a loro la spiaggia è “pulita e sicura”, e che “il libero accesso è una responsabilità dei comuni e che pagano un canone salato”. Canone irrisorio, secondo i dati contenuti nel Manuale di Autodifesa dei bagnanti pubblicato dai Verdi, visto che il gestore di 10 mila metri quadrati di arenile paga in media 850 euro al mese e che a fronte di un fatturato di quasi 2 miliardi di euro nel 2005 i gestori italiani hanno pagato poco più di 40 milioni allo stato.
I DATI – Un quadro verosimile della situazione è presentata dalla ricerca della Società Nazionale di Salvamento che nel 2005, in collaborazione con la Protezione Civile, ha preso in esame il territorio di 632 comuni, scoprendo che: dei circa 2420 chilometri di costa balneabile, 915 sono spiagge in concessione, mentre 1329 sono spiagge libere e 178 sono invece i chilometri di litorale attrezzato. La regione leader per numero di stabilimenti è la Liguria, dove su 135 chilometri solo 19 sono “liberi” e tre attrezzati. Segue l’Emilia Romagna dove 80 chilometri su 104 sono occupati da bagni privati: la sola provincia di Rimini su 40 chilometri di costa ha la bellezza di circa 700 bagni. (dati del dossier di Legambiente 2008). Su alcune scogliere a Lampedusa, dove ovviamente il mare è più bello e ambito, durante l’estate non esiste un metro quadrato che non sia occupato da lettini e ombrelloni predisposti dagli improvvisati “gestori” di solarium sulle rocce.
A Maiori, nel cuore della Costiera amalfitana, gli attivisti della Goletta Verde di Legambiente l’estate scorsa hanno manifestato insieme ai cittadini del comitato “per le spiagge libere di Maiori” per chiedere che si ristabilisca la legalità dopo che una delibera comunale ha di fatto privatizzato tutto il litorale: 830 metri su 850, non prevedendo nemmeno un metro di spiaggia gratuita. In verità, quattro fazzoletti di sabbia sono stati “lasciati” alla libera fruizione, ma purtroppo sono tratti di costa in cui vige il divieto di balneazione.
Diverso il discorso per i titolari delle concessioni demaniali, che invece prendono in affito tratti di spiaggia dallo Stato diventandone proprietari ‘pro tempore’ pagando somme anche ingenti. Perfino nel loro caso, tuttavia, gli accessi alla spiaggia non possono essere riservati solo ad alcuni, ma sono un diritto collettivo.
CRITICITA’ DEI LIDI SIPONTINI- Per stabilimento balneare si intende la spiaggia e tratto di costa in concessione, sui quali viene espletata un’attività con caratteristiche turistico – produttive. La quota di costa pianificata come di interesse turistico – ricreativo da destinarsi a spiaggia libera o spiaggia libera con servizi deve essere preferibilmente localizzata e distribuita in maniera tale da realizzare una o più soluzioni di continuità tra i vari tratti di costa affidabili in concessione, al fine di garantire alla libera utenza la comoda e paritaria fruizione dei tratti di costa di pari pregio e bellezza. Altra caratteristica assente nei criteri di concessione dei lidi sipontini, al contrario dei principi di parità e di libera fruizione dei beni pubblici, come il mare e la spiaggia. Qualora non esistano accessi pubblici a distanza non inferiore a 150 m, il concessionario ha l’obbligo di assicurare il libero accesso alla battigia attraverso appositi corridoi, compatibili con le esigenze dei soggetti diversamente abili, utilizzabili anche nel periodo di chiusura della struttura balneare. Se è ancora la veritiera la definizione di spiaggia libera quale area destinate alla sosta e alla balneazione libera, ci si interroga sulla scarsa disponibilità di queste zone franche a discapito di una larga fascia di famiglie che chiedono il diritto di portare i propri figli al mare, senza essere costretti a metter mano al portafoglio.
Manfredonia La privatizzazione selvaggia delle spiaggie
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Sono d’accordissimo con il vostro articolo, sono rimasto scandalizzato dalla ormai completa assenza di spiagge libere a Manfredonia, che in fatto di mare non è certo un gran chè. Al contrario l’anno scorso sono rimasto meravigliato della costiera amalfitana che pur con una carenza di spiagge, ho trovato con stupore spiagge libere d’appertutto, Amalfi, Positano, Sorrento, etc. Quindi un 10 alla gestione della costiera ed un 3 a quella di Manfredonia.
E’vero;è un problema che riguarda un pò tutto il Gargano…qualche anno fa sono stato sul versante adriatico del Salento,é un paesaggio bellissimo e alla portata di tutti,ci sono pochi lidi privati.
Invece nella nostra zona tra parcheggi ombrelloni e sdraio,per godersi un giorno di mare ci vuole una piccola fortuna.
lo scandalo è che questi gestori a fronte di ricavi (dai soli ombrelloni escluso bar… cabine… etc….) di circa 175.000 euro l’anno….
pagano di concessione mediamente solo 7/10.000 euro l’anno…..
ovvero…
mettono in saccoccia mediamente 120.000 euro puliti l’anno per soli tre mesi di lavoro…..
ps. 250 ombrelloni (stabilimento medio) X 700 euro che mediamente frutta un ombrellone in una intera stagione estiva= +175.000
bye.
io ieri sono stata a San Menaio, spiagge enormi e acqua limpida…per comodità abbiamo preso un ombrellone e due lettini, e col parcheggio, il tutto 10 euro!!!! perchè a siponto, mattinata che nn è che l’acqua e le strutture siano migliori bisogna pagare molto di più? sempre i soliti furbi!
Siamo stati in tanti a partecipare alla giornata ecologica “Operazione spiaggia libera” che si è svolta sabato 24 luglio a Capojale. Armati di guanti e rastrelli abbiamo riempito tutti i sacchi a disposizione dei rifiuti abbandonati tra la spiaggia e la pineta. Sapevamo, d’altronde, che il lavoro non sarebbe mancato.
Abbiamo trovato di tutto
Pneumatici di automobili, bottiglie di vetro e di plastica, siringhe, cassette di polistirolo, barili e contenitori in ferro arrugginiti, sacchetti di plastica, pannolini, galleggianti, elettrodomestici, nasse e vecchie reti, fili spinati e chi più ne ha più ne metta. Addirittura, c’è chi ha scovato, tra le dune, uno scola pasta e sacchetti dell’immondizia già colmi di rifiuti.
I mezzi a nostra disposizione non erano “professionali”, ma il risultato è stato nettamente migliore rispetto a chi, per dovere e autorità (e per appalto), dovrebbe garantire la pulizia e la salvaguardia di spiaggia, dune e pineta.
Certo, il risultato della pulizia resta molto più simbolico che quantitativo. Tuttavia, ciò che emerge e che ha segnato questa giornata, in modo che potremmo definire prepotente per la sua forza, è stato l’entusiasmo di chi ha partecipato. Soprattutto, la voglia di sfruttare l’occasione per “gridare”, tutti insieme ed estremamente uniti: basta al degrado, basta all’abbandono di questo angolo di Gargano.
Dopo la pulizia, come previsto, c’è stato il tempo per una tavola rotonda che si è tenuta proprio nella pineta e che ha dato ai partecipanti l’opportunità di confrontarsi esprimendo riflessioni e considerazioni. In particolare, la discussione è partita ricordando il rogo del Gargano di tre anni fa e ha toccato alcune importanti questioni: l’erosione delle coste, la salvaguardia delle dune e della pineta, la pulizia della spiaggia, lo stato di degrado e di abbandono delle frazioni di Capojale e Isola Varano, l’eco-sostenibilità del turismo nella zona.
La discussione è stata molto vivace e gli interventi numerosi. I primi a prendere la parola sono stati gli ospiti Michele Eugenio Di Carlo e Gianfranco Pazienza.
Il primo, presidente del Comitato per la tutela del mare del Gargano, ha ricordato più volte che la vera battaglia da combattere e vincere è, oggi, quella della partecipazione attiva e consapevole, soprattutto da parte delle giovani generazioni, verso un Gargano tutto da recuperare. Ha sottolineato, inoltre, la necessità di alimentare la cultura del movimentismo, delle iniziative, del dialogo e della capacità di farsi carico di certe grandi questioni: l’ambiente e il suo rispetto, innanzitutto.
Il secondo, ambientalista e ricercatore, ha voluto porre l’attenzione su quello che dovrebbe essere e significare il Parco Nazionale del Gargano: legalità e opportunità di sviluppo eco-sostenibile. Ha spiegato, infatti, che la cultura della legalità, che dovrebbe appartenere non solo agli amministratori ma a ognuno di noi, deve essere uno dei capisaldi del nostro territorio. Solo regolamentando (per Capojale, ad esempio, con un piano di recupero urbano ad hoc) e rendendo legali certe situazioni è possibile evitare ulteriori abusi e brutture. Allo stesso tempo, poi, è possibile creare significative opportunità di sviluppo del turismo nel pieno rispetto dell’ambiente.
La discussione è proseguita con gli interventi degli altri partecipanti, tra cui il presidente dell’Associazione Capojale-Isola Varano Stefano Rutica e i ragazzi della Fabbrica di Nichi di San Giovanni Rotondo. Inoltre, sono stati ricordati i messaggi di chi non ha potuto partecipare fisicamente all’evento, ma ha contribuito in altro modo: l’associazione Nuvola e Legambiente di Ischitella, il Partito Democratico di Peschici, la redazione di Onda Radio di Vieste, Ivantonio Leggieri di San Giovanni Rotondo, Geppe Inserra per il Quotidiano di Foggia e Valerio Tenace per cagnanovarano.org.
La tavola rotonda ha fatto emergere importanti riflessioni sul futuro del Gargano, ma anche proposte e suggerimenti concreti per il miglioramento delle frazioni di Capojale e Isola Varano, le quali verranno raccolte in un documento da presentare all’amministrazione di Cagnano Varano e su cui già da adesso chiediamo un confronto pubblico.
L’operazione spiaggia libera è stata una bella esperienza che sarà senz’altro ripetuta durante l’estate perché quello che sta emergendo e che abbiamo il dovere di nutrire è il senso di solidarietà e di appartenenza a una comunità che a Cagnano, ma in generale sul Gargano, abbiamo perso da troppo tempo e che dobbiamo ritrovare a tutti i costi.
Questa giornata, insieme al modo “nuovo” di pensare che ne è scaturito, ma che i nostri nonni conoscono bene, sono una mano tesa a chi ci amministra: noi, quelli della Cagnano e del Gargano Migliore, non ci fermiamo alle lamentele. Noi pretendiamo, in quanto nostro diritto di residenti e contribuenti, che la spiaggia e la pineta vengano salvaguardate e pulite, ma siamo allo stesso tempo capaci di rimboccarci le maniche e lavorare per il nostro territorio, per ciò che è di tutti, che è capitale sociale, sperando nella collaborazione dei governi locali.
Siamo soddisfatti di come è andata la giornata ecologica. Ringraziamo tutti per la loro viva partecipazione.
I mezzi a nostra disposizione non erano eccezionali e anche il tempo per l’organizzazione è stato davvero limitato. Pure il maltempo ci ha messo del suo, ma fortunatamente siamo stati tutti molto determinati.
Peccato, però, che nessun rappresentante della giunta e del consiglio comunale di Cagnano Varano abbia partecipato. Ci aspettavamo un segnale almeno dall’opposizione e, invece, niente.
Unico e gradito gesto di collaborazione è arrivato dall’assessore Giovanni Conte che si è personalmente occupato di farci mettere a disposizione dal comune i sacchi e i guanti per la raccolta dei rifiuti. Da lui, allora, confidando in una nuova e personale disponibilità, ci aspettiamo, prima dell’auspicato confronto pubblico con l’amministrazione, una risposta chiara a questa domanda:
a quanto ammonta il contributo che la regione Puglia stanzia al comune di Cagnano Varano, in quanto comune rivierasco, per la pulizia della spiaggia? E come vengono spesi questi soldi? Visto che i risultati sono scarsi, non sarebbe opportuno pensare a forme diverse di pulizia e salvaguardia? Ci date la possibilità di suggerirvi una soluzione?
Gli organizzatori dell’Operazione Spiaggia Libera
Matteo Pio Pelusi
Giovanni Iannone
Luana Di Cataldo