Roma – DOSSIER Legambiente: 322 istituzioni scolastiche aggregate, 68 piccoli plessi chiusi e 36.218 cattedre tagliate. Questi i risultati dei tagli attuati alla scuola solo nel primo anno del piano Tremonti-Gelmini che sarebbero andati ad aggiungersi alla riduzione di risorse dei precedenti provvedimenti governativi. Una “dieta ferrea” dalle conseguenze pesanti, che Legambiente ha ricostruito nel dossier 2009 sui tagli alla scuola italiana dal 2002 al 2010. Indicatore più significativo della china in discesa della scuola italiana è, a tutti gli effetti, il precariato. Secondo il dossier di Legambiente, infatti, dal 2002 al 2010 si sono persi 29.302 docenti di ruolo, per arrivare nell’anno scolastico 2008/09 a un 15,66% di precari (130.835) nel corpo docente, di cui ben 110.533 è stato licenziato al termine delle attività didattiche. Non va meglio neanche per i 90.026 docenti di sostegno, di cui oggi il 43,80% (39.428) è precario, spesso senza specializzazione e comunque impossibilitato a garantire quella continuità necessaria nei processi educativi di questi alunni. E anche il personale ATA è sempre più precario. Dal 72,52% di collaboratori scolastici assunti a tempo indeterminato nell’anno scolastico 2001/02 nel corrente anno siamo scesi a 60,37%. Il precariato rappresenta uno svilimento della figura professionale dell’insegnante, sulla quale evidentemente si vuole investire sempre di meno, se si considerano i dati sulla formazione per il corpo docente che lascia sul campo il 27,64% delle risorse rispetto allo scorso anno, l’87,07% in meno rispetto al 2001. Non va meglio per la formazione dei docenti di sostegno: la cifra dei fondi a loro destinati, già bassa in partenza, subisce un taglio del 25,14% rispetto all’a.s. 2008/, mentre aumentano nel contempo i bisogni formativi, dal momento che quasi il 50% di questo personale è precario e senza alcuna specializzazione. Sono sempre più esigui anche i finanziamenti per il potenziamento dell’autonomia e l’arricchimento del Piano dell’Offerta Formativa, che hanno registrato un calo del 21,66% rispetto allo scorso anno, e sono ormai quasi la metà rispetto ai fondi previsti dalla L.440/97 nell’Esercizio Finanziario 2001 (- 45,77%).
Anche gli alunni con cittadinanza non italiana, pur essendo aumentati dal 2001 ad oggi del 282,29% (da 164.499 a 628.876) non hanno goduto di ulteriori risorse finanziarie, che sono rimaste ferme ai 53.195.060 milioni di euro annui, previsti nei precedenti esercizi finanziari. Le strutture scolastiche hanno subito una consistente contrazione con un taglio rispetto allo scorso anno di ben 322 istituzioni autonome, pari al 3,01% del totale, frutto della prosecuzione del piano di dimensionamento che ha portato complessivamente in nove anni all’aggregazione ad altri istituti di 1.125 scuole prima autonome. Per quel che riguarda i “punti di erogazione del servizio scolastico”, cioè i “luoghi” dove si offrono concretamente i servizi scolastici agli alunni, se la scuola per l’infanzia guadagna in otto anni 68 nuovi punti di erogazione, la scuola primaria nello stesso periodo ne perde 469 (83 nell’ultimo anno) nonostante il significativo aumento di alunni: 45.729 dall’anno scolastico 2001/02. Considerevole anche la progressiva chiusura dei plessi “sottodimensionati” nella scuola primaria, prevalentemente collocati nei piccoli comuni, determinata dal principio per cui l’investimento per pochi alunni corrisponde solo ad una perdita economica, con il rischio che la situazione peggiori nel prossimo anno, con la definizione dei nuovi criteri più restrittivi di dimensionamento, attualmente in discussione in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni.