Solo qualche voce isolata, come quella di Eugenio Garin(3) , indica Niccolò nato a Fano,ma la maggior parte degli studiosi propende sicuramente a favore della seconda città. Anche Monsignor Luca Pompeo Sarnelli, già segretario dell’altro arcivescovo sipontino Fr. Maria Orsini, poi papa Benedetto XIII, nella sua “Cronologia”, in proposito, così scriveva:”…Nicolo Perotto da Sasso Ferrato, quarto di questo nome, e XLIX. Arcivescovo Sipontino, Assunto da Pio II. à 17 d’ottobre del 1458…”(4).
Il padre fu tale Francesco Perotti che ebbe, oltre a Niccolò, altri cinque figli: Elio, Severo, Emilia, Camilla e Faustina. La madre fu certamente una”Iacoba Lancia” , nativa di Fano. Francesco Perotti fu uomo dedito agli studi ed alla continua ricerca di mettersi in bella mostra. Tutto con la segreta speranza di acquisire onori e soprattutto ricchezze. E, pare che al suo tempo dovette almeno acquistare una certa popolarità. Divenne per i numerosi servigi resi alla Chiesa, “militum Apostolicum” e Conte Lateranense. Pur con tanti titoli nobiliari, le condizioni economiche della famiglia dovettero sempre rimanere miserevoli. L’ambizione dei padri per il successo generalmente viene trasmessa ai figli. Questo stimolo dovette spingere Niccolò a dedicarsi fin da giovane agli studi letterari. Ben presto, e siamo ancora nel 1443, Sassoferrato dovette stare molto stretta alla vivace intelligenza del futuro umanista. Erano anche i periodi in cui nascevano nuove scuole ed accademie artistiche. Fu mandato a Mantova presso la scuola di Vittorino da Feltre e quella di Guarino da Verona, a Ferrara. Per l’epoca, erano questi i grandi maestri che tutti avrebbero voluto avere.
Il Guarino si era perfezionato a Bisanzio, direttamente con lo studio dei classici in lingua greca. Divenne il maggior filologo del tempo e seppe magistralmente coniugare l’insegnamento della cultura ellenistica con quella latina. La scuola di Vittorino preparava pure allo studio delle lettere classiche, tenendo però conto di formare l’allievo ad una seria dirittura morale e ad un marcato ascetismo laico. Questi caratteri furono fatti propri dal Perotti che ben presto divenne quello che oggi potremmo definire un intellettuale. Il tutto va inquadrato anche nella situazione politica italiana di allora. Per questo sarà bene leggere qualche pagina di un volume della “Storia del Mondo Moderno” della Cambridge University:”…Nella prima metà del xv secolo l’Italia aveva conosciuto una serie di guerre, di espansione e di consolidamento da cui erano emerse cinque potenze. Milano, Venezia, Firenze, lo Stato Pontificio e Napoli erano considerevolmente diverse sia per l’estensione del territorio sia per le caratteristiche istituzionali; ma questo non impedì che si stabilisse tra loro un saldo equilibrio politico…”.(5).Gli intellettuali erano i primi ad inserirsi nell’amministrazione di queste grandi città-stato o presso le corti dei vari signori”. E’ certo che vi sono degli uomini di cultura-assai rari in verità-che preferiscono l’esilio alla sottomissione: si tratta di un partito dal prezzo molto alto, che non tutti possono o vogliono pagare. Ve ne sono altri-ed è già molto differente-che si fanno odiare dal principe sul piano personale e debbono Niccolò Perotti spesso sottrarsi con la fuga alle conseguenze di questa inimicizia dalle molteplici e funeste conseguenze. La maggior parte, in ogni modo, pende verso il comodo, e moralmente penoso, rifugio delle corti piuttosto che verso altre soluzioni…”(6).
La sicurezza sociale fu ben presto raggiunta grazie alla fortuna ed all’amicizia che legò il Perotti con William Gray, futuro arcivescovo inglese, al tempo degli studi ferraresi. Ed ancora un colpo di fortuna fece in modo che il Gray dovette trasferirsi a Roma presso il papa Niccolò V. Correva l’anno 1446. Nell’Urbe il Perotti divenne cortigiano presso la curia papale. Niccolò V aveva tralasciato ogni fatica del suo alto Magistrato per affidarla ad altri principi della Chiesa ed in sintonia con le mode del suo tempo volle:<<’’…formare del Vaticano un centro di irradiazione culturale in tutto il mondo , così che Roma divenisse il centro della fede e di ogni altro sapere. Perciò Niccolò V si mise alla testa dell’Umanesimo e del Rinascimento. Si diede al sostegno più nobile della religione e della civiltà. Eccolo far ricerca di codici, ricopiarne lui stesso,e non guardare a spesa pur di averne sempre di migliori. Eccolo restaurare gli antichi monumenti, tanto sacri che profani, eccolo por mano ad una lunga serie di costruzioni…..>>.(7)
Finalmente il Perotti aveva trovato il suo ambiente ideale per affinare i suoi studi e preparasi ad attendere eventuali incarichi da svolgere.Nel rifugio delle biblioteche romane, lavorò su: un’omelia di S.Basilio, il De Invidia; alcuni opuscoli di Plutarco, tra cui il De Invidia et Odio, il De Alexandri Magni fortuna aut virtute ed il De fortuna Romanorum.
Tutto questo lavoro di traduzione e di studio critico-testuale fu consegnato al Papa, che lo aveva commissionato nel 1449. Poi, tradusse ancora due libri di Polibio, ricevendo dallo stesso Niccolò V una ricompensa di 500 ducati d’oro.