ISPIRATO ad un fatto di cronaca del 1988, il lungometraggio opera prima di Michôd è un gioiellino di rara cura, confinato ingiustamente in poche sale italiane, thriller poliziesco anticonvenzionale nella forma piuttosto che nei contenuti.
Vengono narrate le ultime vicende di una famiglia di criminali e i loro rapporti con la polizia locale, divisa tra squadre non tutte ligie a metodi ortodossi. Caronte della sceneggiatura è il diciassettenne Joshua, preso in cura dalla nonna dopo la morte per overdose della madre, e trasportato nella sua dimora accanto agli zii, fuorilegge braccati dalle autorità.
Tutto quanto è immaginabile potesse scaturire per natura da un plot del genere viene tradito, essendo Animal Kingdom un’opera pacata, pensata, in cui l’azione è solo frammento di trama e non veicolo di attenzione. Michôd sceglie la strada dell’analisi caratteriale, dei tempi lunghi, dei rapporti umani; ognuno dei personaggi è definito con un’accuratezza cui non siamo più abituati, che, pur senza entrare nell’ambito introspettivo – resta comunque un film di genere -, racconta paure e legami attraverso la quotidianità delle scelte e le “deviazioni”, tra le quali risalta, come leitmotiv, la costante e insolita onnipresenza della madre dei criminali, un’ottima Jacki Weaver – che fa eco, in tono minore, alla Shelley Winters de Il Clan dei Barker.
Non esiste mai autocompiacimento in questo lavoro alla Cassavetes, nessuna concessione agli stilemi del criminale tramite il solito ricamo da feroce e invulnerabile gangster scorsesiano, ma solo racconto realista di fatti e opere di uomini in carne e ossa, non eroi negativi, né positivi.
Così di Pope, il più temuto dei fratelli, si intuisce una crudeltà che, quando non detta, è solo accennata, e sempre nelle forme della vicina quotidianità, dei silenzi drammatici e del determinismo e comprensione delle gesta. Nello stesso modo il bravo Guy Pearce (protagonista di Memento) è un poliziotto credibile, ma non sui raffronti dei tipici cliché superomistici bensì di quelli meno trascendenti da realtà giornalistica.
A coronare un’opera elegantemente cruda, v’è una regia capace di regalare momenti di tensione come tratti solidi e precisi di chi sa quanto e cosa dire senza tradire la linea non commerciale del film. I colpi di scena, gli intrecci e le violenze sono pennellate rapide ed efficaci, raggiungendo in taluni frangenti manifestazioni quasi epiche come nelle […]1.
La parte finale permette al personaggio di Jacki Weaver di giocare carte sapientemente nascoste nel resto del film, ed i risvolti a chiusura di Animal Kingdom si lasciano ammirare per abile intreccio tra toni drammatici e amari, riallacciati narrativamente a quanto […]2.
Anche gli scettici dei proverbi, di fronte a lavori del genere, sono pronti a credere che il buongiorno si veda dal mattino, giacché risulterebbe indigeribile pensare che un artigianato del genere possa esaurirsi in una sola pellicola, come accade nella maggioranza dei casi.
Da quest’anno v’è senz’altro un nuovo regista in cui porre le speranze.
E di questo si è sicuri proverbi a parte.
Voto: 8/10
Livello spoiler: 9/10
[…]1 cacce selvagge della squadra antirapina o nell’incontro tra polizia e scorta del testimone
[…]2 la voce fuori campo di Joshua avvisava in principio su sorte e consapevolezza dei criminali
AltreVisioni
Night of the Demon, J. Tourneur (1957) – affascinante horror che ispirerà Raimi per Drag Me to Hell * 7.5
Harsh Times, D. Ayer (2005) – sgangherata avventura di due debosciati nella violenta Los Angeles * 4
Pride and Glory, G. O’Connor (2008) – impeccabile esercizio di genere poliziesco con validi attori * 7