In questi giorni proliferano immagini del mare e dal mare.
Di noi persone normali, di VIP e fra questi ultimi alcuni politici. I media si sono interrogati se c’è uno stile per il mare, e quale sia quello più adatto a chi ricopre incarichi istituzionali.Ma c’è innanzi tutto uno stile per il mare? Certo, ma ha mutato pelle, anche se sono rimasti intatti gli ingredienti fondamentali: sabbia, ombrelloni, sdraio e possibilmente … sole.
C’è stato un cambiamento che si è imposto in maniera strisciante e che solo chi ha vissuto le due epoche in qualche modo ne avverte la presenza.
Il mare dei bambini della classe media costituiva solo una parentesi nelle lunghe vacanze estive. Si andava alle spiagge munite di tutti i conforti oppure in spiagge libere, molto più numerose di quelle esistenti adesso. C’era, ricordo, una separatezza visibile immediatamente: da una parte persone che godevano delle attrezzature fornite dagli stabilimenti balneari, con ombrelloni monocolore e sdraio in tinta, con poco movimento e rarefazione di presenze. Pochissimi poi erano coloro che usufruivano del servizio cabina. Quasi nessuno giocava a pallone …
Nella spiaggia libera accanto, invece, una esplosione di ombrelloni multicolori, con sedie di tutte le fogge, che accoglievano interi clan familiari che si autogestivano perfettamente quanto a provviste alimentari, bibite e cabine: un telo fissato all’ombrellone, infatti, garantiva tutta la privacy cui famiglie allargate aspiravano.
E il mare più che per nuotare era un altro spazio e un altro momento in cui si celebrava il ritorno in famiglia, il ritrovarsi, conoscere i nuovi arrivati, giovani e neonati.
Un mondo pieno di chiasso e di allegria dove chi voleva il silenzio era decisamente fuori posto.
Pian piano sono diventate sempre più rare le spiagge libere.
Ancora si celebrano incontri familiari sotto l’ombrellone ma con minore dispiego di energie e di beni da consumare. Gli stabilimenti balneari costituiscono un lunghissimo tappeto che con i suoi colori sempre sincronizzati tappezzano da Nord ad Sud le nostre spiagge.
La rarefazione dei presenti è un evento che si verifica solo nei giorni di pioggia. Il mare ha sostituito interamente le vacanze di anni fa, quando prima del rientro a scuola, il primo ottobre, si faceva un salto, neanche tanto breve, a casa dei nonni lontani.
Perché il nostro sud ha conosciuto una spietata emigrazione e il rientro a casa, nella casa della gioventù, aveva il sapore della nostalgia, del ritrovamento di una parte di vita strappata, del riscatto anche sociale agli occhi di chi era rimasto.
Ora le scuole iniziano i primi di settembre. Le vacanze si sono ridotte al lumicino. Il salto al paesino è diventato un affacciarsi di pochi giorni, eventualmente legato a quelle feste patronali ancora intatte nella memoria. E il mare si è preso quasi tutto il tempo libero concesso dal lavoro. Almeno per le persone che hanno ancora un lavoro in questi tempi riconosciuti difficili.
E lo stile del mare è cambiato. Nessuna nonna al seguito. I nipoti indipendenti dal clan già nella prima adolescenza. Il tappeto balneare, con le naturali e fisiologiche differenze, non è che il prolungamento nello spazio e nelle ore serali e notturne di una immensa discoteca all’aperto.
Le classi di età ben separate. O mescolate laddove ama affacciarsi la nuova categoria antropologica degli adultescenti, gli adulti che non hanno nessuna intenzione di crescere e che, novelli Peter Pan, fanno un patto con il diavolo, rappresentato dal chirurgo alla moda, per limitare i danni del tempo. In rituali dove lo stare nella folla, il partecipare a megaconcerti, allontana lo spettro di una solitudine che non si vuole riconoscere, quella che vediamo ogni giorno al ristorante, per strada, a scuola, nei musei, nelle piazze: generazioni connesse con il pianeta e distratti su chi è vicino a noi qui e ora. Generazioni che, per dimostrare che esistiamo, dobbiamo documentarlo ogni giorno con una foto. Dal mare, dal lavoro, da ogni posto. Scacciata via dalla prossima. Di cui non c’è memoria perché non c’è mai il tempo per riguardarle. Perché, diciamoci la verità, l’esistenza prima era garantita dallo sguardo attento, benevolo o no, dei nostri vicini.
Invece oggi, l’hortus conclusus del proprio appartamento, il recinto del nostro orticello, la chiusura della porta di casa con tanti chiavistelli, hanno sancito un cambiamento epocale nello stile di vita di noi tutti, e i selfie e le connessioni perpetue in rete non sono altro che la conferma di “questa” evoluzione della nostra specie.
Inimmaginabile solo cinquanta anni fa.