Manfredonia – UNA strada della città in onore di Peppino Impastato. In onore del politico, e conduttore radiofonico di Cinisi, noto soprattutto per le sue denunce sulla mafia siciliana. Denunce che costarono la vita a Peppino, il 9 maggio del 1978, alla giovane età di 30 anni. La campagna nazionale “Anche io sono Peppino Impastato” è stata promossa dal quotidiano on-line Tusciaweb, tramite l’attivazione di un gruppo comunitario.
Di seguito il testo del modello di lettera da inviare al sindaco di Manfredonia, o naturalmente a tutti i primi cittadini della propria città di residenza.
Da segnalare che, su indicazione del gruppo promotore del progetto, la e-mail del sindaco di Manfredonia, almeno quella riportata sul sito ufficiale del Comune è inesistente. I messaggi vanno dunque inviati a questo indirizzo: dicandiafp@libero.it,
”Caro sindaco, ho aderito all’iniziativa “Anch’io sono Peppino Impastato!” lanciata in Italia dal quotidiano on line Tusciaweb. E che vede la partecipazione attiva di migliaia di persone. Il sindaco di Ponteranica ha voluto togliere a una biblioteca il nome di Peppino Impastato, straordinaria persona che combatté la mafia in Sicilia e per questo fu assassinato. Credo che fatti del genere ci tocchino tutti trasversalmente, come cittadini di questa Repubblica. Per questo ritengo che vada data una risposta forte, univoca e inequivocabile. Per questo le invio la richiesta affinché una strada, una piazza, un evento nel nostro comune sia dedicato a Peppino Impastato. Dedicare una via, una piazza, un luogo pubblico o un evento a Peppino Impastato significherebbe mantenere vivo il suo ricordo contro chi cerca di cancellarlo. Ieri come oggi. Significherebbe custodire gelosamente la memoria di chi è stato assassinato dalla mafia e contro di essa si è battuto a viso aperto. La ringrazio della sua attenzione”.
In memoria della figura di Peppino Impastato è stato girato anche un film di Marco Tullio Giordana, “I cento passi”, che ricostruisce la vita del politico siciliano, dalla nascita fino all’omicidio del 1978.
La trama (fonte Wiki): Cento sono i passi che occorre fare, nella piccola Cinisi, per colmare la distanza tra la casa degli Impastato e quella del boss mafioso Tano Badalamenti. Il giovane Peppino Impastato vive cercando di sfuggire ad un inevitabile legame con l’ambiente mafioso, a causa dell’inerzia del padre Luigi di recidere ogni vincolo con l’ambiente criminale locale. In primis per il sostentamento di moglie e figli. Anche di fronte alla vulnerabilità sua e della propria famiglia, Peppino, animato da uno spirito civico irrefrenabile, non esita, con l’involontaria complicità del fratello Giovanni, ad attaccare “don Tano” e a denunciarne pubblicamente le malefatte. Il percorso “controcorrente” di Peppino nasce quando, bambino, vede scorrere davanti a sé gli albori della lotta politica contro la mafia e il potere a essa colluso, lotta a cui poi prenderà attiva parte una volta adolescente e poi da adulto. La morte violenta dello zio capomafia, l’incontro con il pittore comunista Stefano Venuti, il rifiuto del padre biologico e della famiglia intesa in senso mafioso e il formarsi con il pittore idealista, suo vero “padre etico”, sono i punti di svolta della vita di Peppino bambino, che lo segneranno per il resto della sua esistenza. La frase “noi comunisti perdiamo perché ci piace perdere” sembra quasi un preludio alla sua tragica morte, che giunge quando ormai è diventato troppo scomodo ai mafiosi e il padre, morto in un oscuro incidente, non lo può più proteggere da don Tano. Viene ucciso soprattutto per l’operato dell’irriverente Radio Aut, dai microfoni della quale si è scagliato senza freni a denunciare la mafia e i suoi misfatti.
Il critico cinematografico Agostino Del Vecchio ha analizzato stilisticamente l’opera di Giordana, rappresentandola così in forma di critica nel presente articolo (“L’espressione che più contraddistingue la nostra epoca è normalizzazione”): “La nostra società ha reso l’informazione uno spot pagato dalle industrie. Così, negli ultimi anni certi argomenti tipo la mafia, o le organizzazioni criminali, sembrano appartenere ad un’epoca passata, come se non fossero mai esistititi. In realtà l’Onorata Società è talmente radicata nel territorio che sembra averne assunto una porzione inscindibile. La mafia gode oggi, più di ieri, di una grande potere anche perché, molto casualmente, se ne parla sempre di meno. Da diversi anni è persino vietato, nei mezzi d’informazione pubblici, di trattare qualsiasi argomento che abbia rilevanza nazionale se non sono presenti un membro del Governo e uno dell’opposizione. Questo come se tali argomenti riguardassero esclusivamente una parte politica o l’altra. Il film di Mario Tullio Giordana ha avuto il grande coraggio di affrontare un grave fatto di cronaca avvenuto alla fine degli anni ‘60: l’omicidio di Peppino Impastato ad opera del boss Tano Badalamenti. I cento passi sono la distanza che separa la sua casa a quella dell’assassino di suo zio. Nella piccola Cinisi Impastato (interpretato dal sorprendente Luigi Lo Cascio) inizia a prendere alla berlina, attraverso i microfoni di Radio Aut, il controllo totale della Mafia sulla Sicilia ma anche la tacita colpevole accettazione dei concittadini della sua terra. Dopo la morte misteriosa del padre, i boss insceneranno il suo suicidio facendolo saltare in aria e intimeranno anche a sua madre di non presentarsi al suo funerale. Un episodio scarsamente approfondito dai giornali dell’epoca anche perché avvenne contemporaneamente all’omicidio Moro. I cento passi rappresentano soprattutto la ribellione di una generazione di ragazzi che hanno denunciato ciò che ancora adesso non indigna quasi più nessuno. Da questa nasce un film vibrante e lacerante con un cast perfetto che avrebbe meritato sicuramente più attenzione da parte dei medi”.
(immagini tratte dal sito peppinoimpastato.com)