.::: Un sogno rotolante chiamato calcio:::.
Per leggere “Il sogno del calciatore adolescente” (J.J. Amas Marcelo, 66th and 2nd editore), necessita tornare con la mente indietro nel tempo. Viaggiare a ritroso, turbinosamente, fino al luogo remoto in cui il calcio si palesava attraverso i suoi misteri sentimentali. Quel coacervo di sogni di bambino, speranze di ragazzo, sacrifici di sportivo. Scrostare così tanto la patina, fino al punto da farne conseguire l’emersione della sua faccia pulita. Per farlo, inutile appellarsi all’impresa di pulizia del moralismo. È un viaggio naturale, che scaturisce dall’immaginifico mondo dello stadio e dei cori, degli inni, delle rivalità sportivi; dallo scenario mentale che ogni maschio ha montato in fanciullezza schierandosi proprio lì, nel mezzo dell’attacco della propria squadra, nel cuore dell’azione. Decisivo nell’azione decisiva dell’incontro decisivo per le sorti di un campionato.
Raggiunto quel posto, prende forma “Il sogno del calciatore adolescente”. Ci si trova catapultati nella Gran Canaria degli anni Cinquanta e poi Sessanta, in un gruppo di giovanotti che usa il calcio come svago dalla vita. Eppure, in quel campionario naturale che sono le spiagge, vien da sé la formazione dei processi calcistici. Pedagogicamente, la sabbia tempra il corpo, dona tecnica rude ma infallibile, fiato. È da lì che sono partiti grandi protagonisti del calcio spagnolo. È su quel giallo oro che si è fondata e puntellata la stagione d’oro dell’Union Deportiva de Las Palmas. È sotto il sole che il sudore era speso alla completa mercè di un desiderio: il Real Madrid. Così grande e così inarrivabile. Il Real di Di Stefano. Il Real di Puskas.
Marcelo ci guida nei meandri di questo suo sogno. Fra le pareti a volte gommose a volte colanti, altre volte ineffabili del suo sogno eterno. Lui, scrittore ed intellettuale, appartenente a quel gruppo di ragazzi isolani, fra tutti fu quello che andò più vicino a vestire la camiseta blanca. Mise indosso la divisa della seconda squadra. Un tratto di strada breve, fra gli studi ed i dubbi ed una famiglia che ne rigettava le aspirazioni.
“Ogni volta che avevo un momento libero, volavo fino al Bernabeu Giocavo sempre al Bernabeu. E non mi stancavo mai di farlo. Non mi stancavo nemmeno di sognare”
Sognare. E con la mente di Marcelo, sognava il suo corpo, sognava il suo cuore, sognava l’intera sua esistenza. A punto tale che anche il racconto che ne fa travalica le barriere della vile narrazione cronachistica ed autobiografica e si proietta nell’universo parallelo dello stupefacente.
Il suo è un inno alla gioventù sognante, una fanfare onirica eseguita con tutta la forza dell’età. Un viaggio personale e di maturazione che si distende fra i sentieri tratturali che, a mille a mille, si incrociano nel luogo infinito della memoria. Ma gli occhi di vecchio lacrimano anche di una calda malinconia; imprecano silenziosi di quel desiderio mai realizzato. Un rammarico che tinge il testo di delusione in ampie zone, schiantando il sogno contro il muro impietoso della realtà.
Coni d’ombra che odorano di Sud America, di letteratura d’oltreoceano. Un po’ Pasolini, un po’ Garcia Marquez, Marcelo scrive una storia e vi tatua a fuoco, a carne viva, i personaggi. Ragazzi, preti, padri e madri, baristi, miti datati e recenti, giocatori folli e smarriti svogliati e obesi, talent scout scafati di bassa lega e donnaioli incalliti. Un affresco gioioso a tratti, svilente a tratti nell’ambito di un quadro di buona fattura.
Va ringraziato. Ci ha ricordato il bel calcio. E l’ha riportato nella sua giusta dimensione, lontano dall’idea quasi divina di “carro infuocato che ascende al cielo guidato solo dalla domanda e dell’offerta”.
J.J. ARMAS MARCELO, “IL SOGNO DEL CALCIATORE ADOLESCENTE”, 66TH AND 2ND 2010
Giudizio: 3 / 5
(rubrica a cura di Piero Ferrante)
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