I giornalisti pugliesi considerano “fondamentale e ineludibile la tutela della privacy delle persone estranee alle indagini. Tutto questo, però, non può in alcun modo tradursi nella cancellazione del diritto di cronaca, il cui esercizio è un fondamentale presidio di democrazia perché consente a tutti i cittadini di essere informati. La notizia non ha colore e non può essere considerata reato. Impedire ai giornalisti di diffondere le notizie significa negare all’opinione pubblica il diritto di essere informata e, quindi, di decidere. Le norme che si vogliono introdurre nel nostro Paese hanno il sapore della censura perché si tradurrebbero in un ingiustificato bavaglio alla stampa, oltre a essere in contrasto con la Convenzione europea per i diritti dell’uomo. La loro approvazione rappresenterebbe un colpo mortale per il diritto di cronaca e si inserirebbe in un filone che punta a ridurre gli spazi della libera informazione, inaugurato con il taglio progressivo delle provvidenze per l’editoria e dei contributi per l’emittenza radiotelevisiva locale. Anche su quest’ultimo versante i giornalisti pugliesi auspicano un processo di riforma del sistema, ispirato ai principi della trasparenza e del rigore, ma respingono la logica dei tagli indiscriminati, che rischia di produrre soltanto il collasso economico e occupazionale di tutto il comparto e dell’indotto, cancellando uno dei pilastri dell’informazione nel nostro Paese.(fonte Assostampa Puglia)
IL SOSTEGNO DI INTRONA E DELLA PUGLIA PER VENDOLA- Alla vigilia della “Giornata di silenzio” proclamata dalla Federazione Nazionale della Stampa, il presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, esprime solidarietà ai giornalisti, che protestano contro il disegno di legge sulle intercettazioni. “Non si può che essere al fianco degli operatori dell’informazione – ha detto Introna – quando rivendicano libertà ed autodeterminazione per una professione che rispetta il dovere deontologico della verità, per offrire ai cittadini un’informazione leale e la più completa possibile. Il rispetto della persona, della sua dignità e del suo diritto alla riservatezza sono già un principio contenuto nella Carta dei doveri professionali che i giornalisti sono tenuti ad osservare. Ma è loro diritto insopprimibile la libertà d’informazione e va condivisa pertanto la preoccupazione al centro di questa protesta del silenzio: la libera circolazione delle notizie è un bene comune della società e non può essere limitato”. “Né si può restare insensibili alle preoccupazioni espresse dal procuratore antimafia Piero Grasso sulle difficoltà che potrebbero incontrare le indagini contro le organizzazioni mafiose”. L’auspicio del presidente del Consiglio regionale pugliese è che “quantomeno il governo voglia accogliere le modifiche proposte dalla FNSI all’iniziativa legislativa, che puntano a contemperare il diritto all’informazione con quello alla privacy”. “La Puglia per Vendola aderisce alla protesta dei giornalisti italiani in difesa del diritto d’informare e dei cittadini a essere informati. Riteniamo giusto che il silenzio dei media previsto per domani, che in qualche maniera anticipa quello che avverrebbe se il decreto sulle intercettazioni fosse promulgato nelle sue caratteristiche più restrittive, riceva il sostegno della politica. Chi fa politica senza aver niente da nascondere non teme infatti la verifica costante da parte della stampa corretta. Alla stessa maniera, non possono essere confuse con l’informazione al servizio dei cittadini quelle strutture mediatiche che hanno come scopo la distorsione della verità, la propaganda mirata e occulta, l’aggressione agli avversari politici o in campo economico. Riteniamo che il Parlamento italiano, ascoltando le voci del Presidente della Repubblica e della Camera, oltre che dei migliori parlamentari, giuristi, giornalisti e uomini delle istituzioni a vario titolo, abbia ben chiara la differenza tra il diritto alla riservatezza dei cittadini e il diritto degli stessi cittadini a essere informati nel minor tempo possibile dei fatti rilevanti d’interesse pubblico, e che possa procedere agevolmente a tutelare in maniera equa entrambi i diritti”.
(Nella logica di una mancata volontà di adesione a forme di cooperazioni comuni, cooperazioni organizzate, principalmente, in situazioni e circostanze di tipo estreme – come quelle relative alle ristrettezze nello svolgimento della professione imposte e dettate dal Ddl Alfano – la Redazione di Stato si augura naturalmente un proseguimento coeso e funzionale in futuro del proprio lavoro – in base ai canoni dettati dalla Legge professionale dell’Ordine 3-2-1963 n.69 – ma delibera al contempo un proseguimento, ad oltranza, dello stesso aggiornamento editoriale. L’auspicio in futuro è quello di una tutela veritiera, giusta e duratura – e priva di qualsiasi forme di pregiudizi di tipo professionale – da parte dello stesso Ordine nazionale del giornalisti e delle diverse associazioni di categoria, in primis la Fnsi – Nota Direzione)
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“Le norme che riguardano i rapporti di lavoro esistono e vanno applicate sempre a prescindere che si tratti di aziende o privati (siano essi cittadini comuni o parlamentari)”. Lo affermano il segretario regionale dell’Assostampa Siciliana, Alberto Cicero, e il segretario provinciale di Palermo, Roberto Ginex, con riferimento alla vicenda del collega giornalista Davide Romano, ex addetto stampa del senatore Giuseppe Lumia (Pd), che ha svolto la sua attività dal 2001 al 2009, ma, come lo stesso Romano sostiene, senza garanzie contrattuali. “Purtroppo questo non è il primo caso di colleghi che svolgono attività di ufficio stampa per deputati regionali, nazionali e senatori senza le benché minime garanzie offerte dalle norme contrattuali. Il fatto certamente stupisce – aggiungono Cicero e Ginex – soprattutto per il profilo dei protagonisti: sarà tuttavia la giustizia del lavoro che dovrà giudicare. Il Sindacato unitario dei giornalisti esprime solidarietà al collega Davide Romano che, siamo certi, senza alcun intento di portare discredito all’attività politica dell’on. Lumia, mira piuttosto a tutelare e a chiedere conto dei suoi diritti di lavoratore”, osservano Cicero e Ginex. “Diritti che l’Assostampa Siciliana rivendica e sostiene per tutti i giornalisti che non hanno un contratto di lavoro e che ogni giorno operano senza regole e senza certezze per il loro futuro e con condizioni economiche che rasentano i livelli minimi di sopravvivenza. Assostampa Siciliana auspica che ai giornalisti di tutti gli uffici stampa, pubblici e privati, venga applicato il Contratto di lavoro dei giornalisti così come sostenuto dalla consolidata giurisprudenza della magistratura del lavoro”, concludono i rappresentanti del Sindacato unitario dei giornalisti.
LA DENUNCIA DI ROMANO – Dall’Antimafia al Tribunale del lavoro: il senatore Lumia (Pd) accusato di avere pagato in nero per ben 8 anni il proprio addetto stampa. Per anni si è schierato in difesa degli oppressi e della legalità, contro Cosa nostra, in difesa dei disoccupati e dei precari, contro il Governo di Silvio Berlusconi. Adesso, il senatore del Pd Giuseppe Lumia dovrà limitarsi a difendere se stesso, davanti al Tribunale del lavoro di Palermo, dall’accusa di avere calpestato lui per primo quei sacrosanti valori.
A portarlo davanti al giudice è il suo storico addetto stampa, Davide Romano, giornalista e scrittore molto noto a Palermo – e non solo – che per circa 8 anni ne ha curato i rapporti con gli organi di informazione e la segreteria politica. Da un ricorso presentato da Romano emergerebbe che, nel periodo in cui ha lavorato per Lumia, sarebbe stato pagato perennemente in nero, senza ferie, senza contributi, con uno stipendio da fame e la costante minaccia di essere mandato a casa se avesse insistito nel chiedere di essere messo in regola.
Accuse pesanti per chi solo lo scorso 9 aprile, tramite l’agenzia Ansa, imputava al Governo di ignorare le istanze dei lavoratori, auspicando l’apertura di una nuova stagione politica, mirata all’investimento “di risorse per garantire più opportunità ai giovani” e all’abolizione del “precariato per assicurare loro prospettive di lavoro e di vita più stabili”. E se, come denuncia Romano, per 8 anni, dal dicembre 2001 al luglio 2009, il senatore lo avesse fatto lavorare per 8, 12, 14 ore giornaliere, senza ferie né permessi, per appena 800mila lire prima e 800 euro mensili dopo, la delusione sarebbe cocente. Tanto più che Lumia, oggi inquilino di palazzo Madama e ospite fisso a Montecitorio dal 1994 al 2008, ha rivestito dal 2000 al 2001 anche la carica di presidente della commissione parlamentare Antimafia.
Il dossier presentato da Romano è accurato e pieno di prove, anche testimoniali. Del resto, tutti gli operatori dei media – dai giornali alle agenzie, passando per le emittenti radio e televisive – lo hanno conosciuto in quegli anni come responsabile unico dell’ufficio stampa e della segreteria dell’esponente palermitano del Pd al quale, per riparare alle differenze retributive, alla mancata corresponsione dell’indennità di mancato preavviso, del trattamento di fine rapporto e di ogni altro emolumento negati in passato, viene richiesta, nel ricorso redatto dall’avvocato Sonia Spallitta, la modica somma di 367.868 euro e 59 centesimi.
Insomma, sono tempi duri per Lumia che, da tempo, è oggetto degli improperi degli ex alleati del centrosinistra per avere appoggiato fino ad ora l’alleanza del Pd siciliano con Raffaele Lombardo e che nel 2008 ha rischiato di essere messo da parte dal suo stesso partito, arrivando a strappare una candidatura al Senato solo in extremis. E Ora? Cosa Succederà? Difficile dirlo.
Casi eclatanti di parlamentari condannati per aver sfruttato il lavoro in nero dei propri portaborse ce ne sono già tanti. Ci sono anche documenti ufficiali che attestano che quella di non rispettare le regole sia prassi diffusa presso il 60% circa dei parlamentari stessi, nonostante deputati e senatori dispongano rispettivamente di circa 4.100 e 4.600 euro mensili per il proprio staff. A questo punto, a Lumia non resta che riordinare le idee ed elaborare risposte convincenti per spiegare l’intenso traffico telefonico avuto con Romano tra il 2001 e il 2009, per motivare il mancato versamento dei contributi previdenziali o del Tfr a chi per anni è stato il suo assoluto alter ego. L’unica certezza è che la prima udienza è stata fissata per il 29 marzo 2012. Praticamente tra un anno.
E se i tempi della giustizia sono questi, il senatore Lumia può tirare un po’ il fiato e confidare nella scarsa memoria popolare per rigettarsi nella mischia in difesa dei lavoratori precari e della legalità.
Davide Romano versus Giuseppe Lumia, secondo round. Dopo il Tribunale del lavoro di Palermo, sarà ora la Procura della Repubblica del capoluogo siciliano a dover dirimere la controversia sorta tra i due. Infatti, Romano, responsabile per circa 8 anni dell’ufficio stampa del parlamentare del Pd, ha querelato Lumia per diffamazione a mezzo stampa. Nell’atto depositato dall’avvocato Ennio Tinaglia si punta il dito contro la nota inviata dal senatore ai giornali e all’agenzia di stampa Ansa, lo scorso 22 aprile, in replica agli articoli – in particolare quello del settimanale Panorama – che hanno diffuso la notizia della vertenza intrapresa dal giornalista contro il suo ex datore di lavoro. “Le affermazioni del senatore Giuseppe Lumia – si legge nell’atto – sono gravemente diffamatorie e lesive dell’onore e della immagine” di Davide Romano.
Tra le frasi contestate quella in cui Lumia imputa all’ex addetto stampa di “aver tentato di imbrattare l’On.le Sonia Alfano” o quella in cui sostiene che “Romano è un personaggio conosciuto nell’ambiente per il suo ‘stile’”. Frasi ritenute nella querela “assolutamente debordanti rispetto al fisiologico esercizio del diritto di critica, e si traducono in una oggettiva denigrazione per il loro destinatario”. Sempre nella querela si legge che “la intera struttura narrativa ed argomentativa del testo del comunicato Ansa, inducono il lettore a ritenere che la legittima iniziativa giudiziaria dell’esponente, più che essere finalizzata al riconoscimento di spettanze lavorative, sia in realtà un tentativo, definito ‘squallido’, di screditare l’uomo politico nell’ambito di una sorta di strategia complessiva, portata avanti con la complicità del periodico della famiglia Berlusconi, e tesa a colpire ‘chi si batte per la legalità e per il cambiamento della Sicilia’, così accreditando la idea che l’esponente (Davide Romano, ndr), debba essere collocato nell’ambito della ‘non legalità’ e, quindi, della illegalità”.
A sostegno della propria tesi, Romano evidenzia che “l’On.le Sonia Alfano è un soggetto che, nell’immaginario collettivo ed anche in ragione di tragiche vicende familiari, è ormai assurta a simbolo della lotta contro Cosa Nostra”, oltre al fatto che “il Senatore Lumia riferisce di non essersi fatto intimidire dalle ripetute minacce di Cosa Nostra, con la chiosatura che non si farà intimidire da uno ‘squallido tentativo di screditarlo’”. Ne deriva, secondo il querelante, che “l’intero incedere argomentativo delle dichiarazioni, oltre che trasformare surrettiziamente una vicenda dai connotati esclusivamente privati e privatistici, in un fatto politico e/o collegato alla attività politica del dichiarante, finisce col delineare un inquietante scenario, evocando suggestivi accostamenti che vedrebbero, addirittura, l’odierno esponente (sempre Romano, ndr) collocato, in uno al periodico della famiglia Berlusconi, in un identico, ibrido, contesto politico-mafioso, aduso ad imbrattare o screditare personaggi simbolo della lotta alla mafia”. Nell’atto si ricorda, infine, che “l’articolo di Panorama non conteneva una sola dichiarazione o virgolettati di alcun genere attribuibili al querelante”.
http://www.98cento.it/cronaca/12563-la-vicenda-lumia-romano-arriva-in-procura-il-senatore-querelato-per-diffamazione-a-mezzo-stampa.html
(da Comunicato Stampa)