C’erano un migliaio di persone di ogni età. Accanto al vecchietto ed alla vecchietta, figli e nipoti, carrozzine piene e bimbi in braccio. Nessuna bandiera per dire basta a Fenice. Solo, tanti corpi quanti cuori. Ed una manifestazione radunata dal Comitato “Diritto alla Salute” di Lavello e dall’Organizzazione Lucana Ambientalista. Uomini e donne per le strade del centro del Vulture, ad un tiro di schioppo dall’inceneritore. Di qui, la chiesa del sacro Cuore che fu di don Bisceglia, lampioni a risparmio energetico, biciclette e palloni, trombette e slogan. Di lì, il tanfo di morte, di rifiuti bruciati, il mistero della vita che diventa squallore, l’oltraggio.
Due mondi distinti, quelli di Fenice e di Lavello, fusi soltanto dall’esigenza di lavorare. L’hanno usato come un ricatto goloso, i padroni della spazzatura. Ovvero, se volete la vita, vi tocca scherzare, e pesante, con la morte. L’inganno è durato dieci anni: numeri celati, percolato mortale, camini omicidi, insabbiamenti, connivenze politiche, silenzi. Una cappa che ha portato ad ignorare, qualche mese fa, l’invasione di fumi rossi. “Ma adesso noi ci rifiutiamo di continuare ad essere carne da macello – tuona Nicola Abbiuso, Comitato lavellese”. Già. La popolazione è in strada, in piazza, raggrumata come tanti globuli rossi per cicatrizzare la ferita aperta e sanguinolenta. “Siamo stanchi della strategia del tutto a posto. E’ ora che incomincino a pagare. E, noi, li andremo a scoprire uno per uno”. E’ il redde rationem. La nemesi per chi ha comandato ed ora si trova in posizione di difetto.
Tra la folla, svetta, come un pendolino, Maurizio Bolognetti. Si muove ovunque, scatta foto, fa interviste e le riceve. Per lui una giornata grandissima. E’ stato il primo a parlare di Fenice. Il primo a denunciare l’inquinamento delle falde, le machiochie complesse della finanza della monnezza. Il suo messaggio è stato sparso nel vento e si è posato su Lavello, Melfi, Potenza, Foggia, Cerignola. “Devono dire ancora molto laggiù a Potenza”, glissa. Non molto distante, con il corteo che sfuma nei comizi di chiusura, liberi, liberissimi, il sindaco di Lavello, Antonio Annale. Rimembra le battaglie degli albori, l’opposizione strenua, l’apertura di Fenice. Poi parla di raccolta differenziata, cerca di incolpare provincia e Regione. Anche se, il compito di innestarla, spetta proprio a lui.
E poi, a sorpresa, il Vescovo della Diocesi Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco. Non se lo aspettava nessuno. La sua è una presenza gradita ed imprevista. Un ritorno inatteso. “Voi abitanti di Lavello avete lo stesso diritto alla vita di quelli di una grande città”. Poi, invita alla moderazione, all’azione non violenza. All’azione paziente”. Che non sia facile lo si deduce dalle parole di Abbiuso: “Noi non siamo Santi come Gesù Cristo, Monsignore. La pazienza è finita”. Ride ma si capisce che non ne ha voglia. E chi ne ha, in questa strana atmosfera cupamente felice che odora di polveri sottili e nano particelle.
p.ferrante@statoquotidiano.it
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Faccio i miei più sinceri complimenti a chi ha organizzato la manifestazione e la gente che vi ha sostenuto. Noi, a Lauria, nonostante è stato denunciato uno sversamento nel terreno di percolato dalla discarica di Carpineto nessuno ha avuto il coraggio di indignarsi e avviare una qualsiasi forma di protesta.
Tutti zitti, preoccupati solo di ulteriori e forse probabili aggravi sulla bolletta.