Manfredonia – ON. On. Ocadnis il iul è non. Ocadnis il iul è non. On. Non un mantra buddista. Non una tiritera per vacue meditazioni. Non una follia derivante da birre bevute fredde, poichè eccesivamente alcoliche. Quello redatto vuole infatti rappresentare uno stile di scrittura “alternativo”, per incidere, in libertà, pensieri e parole. Specie quando ci si inoltra nella discussione di tematiche politiche, potenzialmente pericolose: tanto in senso stretto quanto relative a temi influenzati da poteri maggiori.
On. On. Ocadnis il iul è non. Ocadnis il iul è non. On. Come determinare allora questa divulgazione? Solo come pura catalessi, in seno ad un sogno rivelatore. Solo come il tentativo di dare libertà alla propria (più fervida) immaginazione. Questo nella speranza che quanto rivelato, quanto nella prosecuzione di queste righe, riesca a materializzarsi almeno in parti uguali (sarebbe già qualcosa se l’occupazione, con la Giunta post-Campo, venisse incrementata).
On. On. Ocadnis il iul è non. On. Fra le piazze, fra le vie (della city) di Manfredi con in seno una sensazione di giubilo: il mondo a Manfredonia gira al contrario. Si è assolti stilisticamente da ogni regime usurpatore. Il mondo gira al contrario. Oirartnoc la arig odnom li. Se questo fosse vero, quanto si era immaginato, ciò che per una vita intera si era ingurgitato, all’improvviso potrebbe apparire, nei nostri pensieri, così come nei riguardi verso le persone che amiamo, come una rinnovazione inattesa, casuale, simile nelle sue trame ad una fiaba di Natale.
Manfredonia, primavera inoltrata, anno 2010. E’ da poco terminato l’evento. Quello con la LE maiuscola (no, non è un errore di stampa: senza l’articolo di sostegno ‘evento’ perderebbe valore). Il mondo gira al contrario. Quindi: oirartnoc la arig odnom li. Quindi: quanto annunciato non ha avuto concretizzazione.
Ma guarda un pò: la gente in città cammina ancora per strada. Vedi: c’è chi lavora. Ci sono ancora posti da occupare. Ma non erano stati già detronizzati? Non erano stati prenotati, con tesserino pubblico, utile più di vincite milionarie ? Questo vuol dire allora che gran parte delle cose, nella city di Manfredi, sono rimaste inalterate. Il potere secolare non è riuscito infatti a sovrastare le peculiarità umane, ma neanche i suoi valori.
Da Peppino si compra ancora il pane. Alle sette. Il benzinaio dei Baroni ti lascia sospetti. Anche se si conoscono altri giornali (anch’essi narranti mondi che viaggiano parallelamente al contrario), la gente al bar continua a leggere la Gazzetta. Monticchio è una fiumana di gente (ma anche di code, di buste, e di siponte). Gli auto-scarichi dei mezzi (nel senso di funzioni autogeneratrici causa vetustità dei veicoli) emanano olezzi indigeribili; questo nonostante una recente nota del Comune parlava di una (prossima) introduzione dell’ecologico.
In un mondo che gira al contrario, non rispetto alla normalità ma in riferimento ad un evento già annunciato, il postino “imbuca sempre male” nelle porte della gente. Il pane è fatto ancora di acqua, di lievito e farina. Il mercoledì resta il giorno delle compere. Dalla bottega di Tommaso c’è una fila interminabile. Di gente e curiosi che strusciano tra sampietrini (finalmente rinnovati) nella speranza di trovare: sempre e solo il mercato.
La villa è spenta di luci. No: non è un errore di stile, ci sono sì le illuminazioni ma con un bagliore da simil-cimiteri. Ma alla gente piace così. E se invece si fosse avverato l’evento ? Di sicuro fra foglie e mattoni sarebbero spuntati tazebao, con propagande e linee programmatiche accecatamente illuminate.
In un mondo che gira al contrario: lo stadio ha gli stessi cartelloni di prima. Reclamizzanti oggetti/soggetti generali. Quindi non unici. Quindi non unilaterali. L’erba è ancora artificiale. Sul lido, gli stabilimenti sono rimasti quelli. Con bagnini annessi (ilari nel deformare sfere. Quindi anche le palle umane). La gente del loco ha sempre le stesse trovate: mangiare farrate, pizza e tavolate, rotonde e bruschettate. Detti della nonna. Macchinette mangia-soldi. Il Carnevale: la festa di tutti e dei sogni. Ma forse sono, siamo, anche felici così.
Ora che l’evento non si è realizzato nessuno ci potrà dire che in città “tutto sarà rinnovato” (e che se lo sarà fatto, avverrà a breve). Ora che l’evento nella city non si è realizzato, continueremo a vivere forse non economicamente ricchi, ma neppure ideologicamente più poveri.
Oh ma guarda un po’: i partiti esistono ancora. Con gli stessi colori di prima. Con gli stessi vessilli che si agitavano, in successione, una volta di qua e una volta di là. E la gente che all’interno degli stessi dibatteteva, e dunque votata, è rimasta ancora assoggettata ai tavoli? Ferma, statica sul luogo ? Fissa sulle proprie idee ma anche ideali ? E le sedie e i tavoli ? E i bilanci dei soci? Possibile che materalità superiori non abbiano pensato già di alterare le cose?
In un mondo che gira al contrario, non in base alla normalità, ma rispetto ad un evento annunciato, il basket, il cricket, la pallavolo, gli sport cosiddetti minori («sport cosiddetti minori»: forse sarebbe il caso di utilizzare il fattore ‘consistenza’ delle minoranze attive di Moscovici per rinnovare questo statico luogo comune) continueranno ad essere sempre e soltanto «sport cosiddetti minori». Il calcio ha la sua predominanza. Agli altri le briciole. Sì. Briciole. Ma almeno giuste, e originate da decisioni a-politiche.
In un mondo che gira al contrario, non rispetto alla normalità, ma in base a quanto annunciato, il caso Enichem resterà sempre e soltanto un nodo irrisoluto. Lo scoppio dell’arsenico permarrà in un clima di dibattito banale. La mala in città quella rimane. Ma si tratta di una mala particolare: in tinte fosche, quasi oscure. Oggi ti ammazzo. Domani ti sparo. Poi aspetto un mesetto. A mezzodì cade un altro. Poi ricomincio. Ciclicamente sopportabile questa mala qua. Chissà cosa sarebbe successo se l’evento, al contrario, si fosse realizzato. Chissà.
In questo benedetto mondo che gira al contrario, i ragazzi del loco emigrano in massa verso il Settentrione (ma se vogliono lavorare forse è meglio che vadino verso l’estero, al Nord di sicuro faranno la fame). In città si parla sempre di Contratto d’area. Di possilità di sviluppo. Di potenzialità perdute. Di quanto si è fatto. Di quanto si è detto. Ma anche di occasioni mancate: «la rimodulazione dei fondi residui di questo accordo rappresenta un altro risultato straordinario» utile per «consentire una piena integrazione del modello di sviluppo sinora favorito (what ? ndR), un rilancio della competitività del territorio e nuove opportunità occupazionali (ari-what ?)». Nota dell’attuale amministrazione nelle sue linee di programmazione pre-insediamento.
In un mondo che gira al contrario: il pescato dell’ittico mercato rimane sempre più caro. Gli armatori colpiscono i pescivendoli, che a loro volta se la prendono con i politici. Al consiglio comunale sono più le urla che le domande. Che le questioni. Che le interpellanze. Ci si continua a chiedere il motivo di tutte queste discussioni. Il perchè: se tutto infatti era stato già deciso prima. Ma, amici, questa è solo scena. Questa (paradossalmente) è la vita.
In un mondo che gira al contrario, non in base alla normalità come detto, ma alla “non avverazione” dell’evento, in questo mondo qua vi sono ancora convegni semi-paradossali (con contenuti tutti da verificare). In questa strana visibilità del reale le strade vengono asfaltate solo all’arrivo del Premier ( o al massimo con quello di un esponente del Vaticano). Senza l’evento non potranno dirci, come Berlusconi ad Onna, che tutto è stato risanato “in tempi da record”. Relazionando infatti l’attuale ricostruzione del Premier (anti-lodizzato e con Costituzione non amica) con quella di altri terremoti, ci si potrebbe accorgere che Berlusca attualmente è in ritardo di un paio di mesi.
Il dubbio che rimane, in questa “teorizzazione di un mondo che gira al contrario, anti applicazione di eventi politici annunciati”, è questo: meglio una normalità stereotipizzata, consuetudinaria, incancrenita nelle sue statiche abitudini (ma forse meno pericolosa in una sua probabile evoluzione), o esattamente il contrario ?
In questa parvenza di semi-materiale, in questa vita di city reduce dal mancato avverramento del padre di tutti gli eventi, le res in divenire continuano a mutare, statisticamente, con la stessa rapidità delle due giunte precedenti. Si potrebbe allora terminare questa semi-psicosi ( meglio non crederci troppo, poi saremmo costretti tutti a leggere al contrario. Vabbene la verità di stampa ma di Da Vinci ce ne è solo uno) con questa tesi: spetterà solo alla cittadinanza “democraticamente attiva” stabilire quali fra questi bivi vitali (evento/non evento, normalità in possibile fermento, politica egemonizzatrice che deve dimostrare, al contrario, di essersi meritata correttamente la credibilità della gente), sarà quello da adottare.
In questa maniera, in questa foggia giudiziosa e lineare, lo scopo di questa testata rimarrà sempre e solo quello di accertare i fatti. Di raccontarli, di narrare i luoghi, le lotte, gli scontri di potere, i misteri, i raggiri, le verità seppure apparenti (è già arduo per i magistrati stabilire verdetti oggettivi, figuriamoci per noi, umili redattori di testate). Sarà poi la gente (una versione del principio dello straight reporting questa, elevata ad una potenza quasi popolare) ad auto-costituirsi un pensiero personale. Libero . Emancipato. Scevro dal potere.
Diversamente ? Si continuerà a lottare per un mondo giornalisticamente al contrario. Un mondo al contrario: oirartnoc la odnom un. On. On. Dove il sindaco non è lui.