Statoquotidiano.it, Foggia, 11 settembre 2021. «Dopo l’omicidio di mio padre siamo stati lasciati soli. Per il troppo dolore ci siamo chiusi a riccio e le istituzioni, i colleghi di mio padre ci hanno dimenticato. Anche la città di Foggia ci ha abbandonato». Roberto Ciuffreda, imprenditore agricolo di 56 anni, è figlio di Nicola Ciuffreda, ucciso dalla mafia il 14 settembre del 1990 perché aveva detto no al racket delle estorsioni. A riportarlo è il Corriere del Mezzogiorno (corrieredelmezzogiorno.corriere.it).
Nicola Ciuffreda (corrieredelmezzogiorno.corriere.it)
Imprenditore edile Nicola Ciuffreda fu assassinato con otto colpi di pistola mentre, con un altro figlio Giuseppe, stava entrando nel suo cantiere. Ad attenderlo due persone su una motocicletta. I colpi di pistola lo raggiunsero alla testa, al collo, al torace e alle gambe. L’imprenditore morì tra le braccia del figlio. Nicola Ciuffreda è il primo imprenditore foggiano ucciso perché si era opposto alla mafia. Ma a Foggia pare che tutti se ne siano dimenticati. Solo il presidio di Foggia dell’associazione Libera è dedicato alla sua memoria e a quella di Francesco Marcone, altra vittima innocente di mafia.
Suo padre è stato ucciso perché si era rifiutato di pagare. Quando sono iniziate le richieste?
«Cinque mesi prima dell’omicidio abbiamo iniziato a ricevere telefonate con le quali ci chiedevano denaro. E poi le minacce. Da quel momento la nostra vita è cambiata. Uscivamo solo per andare al cantiere con lui. Ogni volta che tornavamo a casa arrivava la telefonata. Per farci capire che ci controllavano».
Avete denunciato le minacce?
«Si abbiamo denunciato tutto e mio padre ha chiesto ai suoi colleghi imprenditori se, anche loro avessero mai ricevuto simili richieste. Hanno negato».
Perché è stato ucciso suo padre?
«L’omicidio di mio padre è stata una esecuzione. È stato ucciso perché ha osato ribellarsi e bisognava dare un segnale agli altri imprenditori. Se non pagate fate la stessa fine. Dopo la sua esecuzione è iniziato il declino della città».
L’omicidio di suo padre attende ancora giustizia.
«Il delitto è avvenuto negli anni 90 quando gli investigatori non avevano gli strumenti di oggi. Ed era molto più difficile fare le indagini. Anche perché le mafie foggiane erano sottovalutate».
Dopo l’omicidio avete ricevuto sostegno?
«La nostra famiglia si è chiusa a riccio per il troppo dolore. Un dolore che è vivo ancora oggi. Ma nessuno ci ha aiutato. La città non ha reagito. Forse per paura. Era la prima volta che accadeva una cosa così drammatica. Siamo stati dimenticati e lasciati soli».
Foggia oggi è cambiata?
«Per molti anni la città è stata soggiogata dalla criminalità. Era una città omertosa. Ho realizzato che qualcosa è cambiato dopo le due manifestazioni di Libera, il 21 marzo del 2018 e il 10 gennaio del 2020. Sono stati segnali importanti di reazione da parte della società civile. Ma non possiamo dimenticare gli arresti importanti delle forze dell’ordine e della magistratura negli ultimi anni».
Siete arrabbiati con la città?
Questo è uno stato che da il reddito di cittadinanza, sussidi e prebende ai “”poveri”” carcerati e delinquenti, che riconosce le circostante attenuanti ai colpevoli e colpevolizza le vittime, perché anche i famigliari del defunto per mano delinquenziale sono vittime, ancor’ché sopravvissuti o proprio per questo.Viva l’Italia!!!!