Questo scritto nasce da uno scambio di opinioni con Stato Quotidiano, per chiarire le idee, a noi stessi, sul prossimo referendum. Se poi dovesse tornare utile a qualcuno, ne saremmo molto lieti.
Il 20 e 21 settembre 2020, come si sa, si voterà per la riduzione del numero dei parlamentari. Dalle poche e carenti discussioni si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un disorientamento generale. Tutti stiamo vedendo che impadronirci veramente dei contenuti di questa consultazione costa molta fatica, per i suoi effettivi contenuti e per i risultati che produrrà la riforma costituzionale, a prescindere dagli obbiettivi che si sono prefissi i promotori del referendum e prima di loro gli autori della legge di riforma.
Va considero anche che non hanno le idee molto più chiare i nostri rispettivi riferimenti politici. Il loro orientamento in proposito non ha dato grande prova di coerenza e chiarezza. Così quelli che per più volte hanno votato contro la legge di riforma, ora si sono schierati per il SI al referendum e, viceversa, alcuni di quelli che si erano espressi a favore della legge medesima, ora hanno promosso il referendum e propendono per il NO. Si sono esibiti involuti consensi e controprestazioni ed è stata così alimentata una sterile dietrologia.
In ogni caso, nessuna delle formazioni politiche sul campo si presenta compatta alla consultazione. Il dissenso interno serpeggia in ognuna di esse e forse questa è una fortuna, perché produce una maggiore articolazione delle opinioni, a tutto vantaggio di quanti vogliono avere maggiore consapevolezza.
Eppure il referendum si presenta chiarissimo, diversamente da altri tenuti nel passato, che viceversa presentavano notevoli ambiguità.
Il quesito è:
“Approvate il testo della Legge Costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?”.
E dunque chi vuole la riduzione dei parlamentari, deve votare SI e chi non la vuole, deve votare NO.
Ciò non di meno le previsioni circa gli sviluppi futuri, le implicazioni e le conseguenze della riforma, sul piano parlamentare e politico, stanno producendo il risultato, in mancanza di una opinione convincente, di svilire totalmente la consultazione e di approdare ai propri usuali orientamenti.
Va anche detto che, oltre ai riferiti tentennamenti delle parti in contesa, anche le opinioni più autorevoli rivelano dubbi e contraddizioni che non aiutano.
Così Romano Prodi, che si esprime per il NO, segnala il riferito disorientamento generale, ma deve ammette che sussiste la necessità di rendere più efficiente il processo legislativo ed in generale il funzionamento delle istituzioni. Dice infatti “che l’elettore si disorienta di fronte alle raffinate motivazioni dei politici o degli studiosi che sostengono le più svariate tesi. Si tratta di un disorientamento del tutto giustificato”. E quindi: “Il dimagrimento del Parlamento può essere solo la conclusione di un necessario processo di riesame del funzionamento delle nostre istituzioni”.
Si ritiene, in sostanza, opportuna la riduzione, ma viene ricollegata ad un intervento di riforma più generale.
La stessa cosa fanno gli altri personaggi e le organizzazioni, che si sono espressi per il NO. Tutti riconoscono la necessità delle riforme, a partire dal sistema elettorale, eterna nostra croce, a cui non riusciamo a mettere una pezza a colore.
A questi fanno da contraltare le altrettanto prestigiose personalità che si sono espresse per il SI, a cominciare da Valerio Onida, già Presidente della Corte Costituzionale, i quali pure indicano un necessario percorso di riforme.
Va anche detto che il vero e proprio dibattito politico che si è aperto non aiuta molto. Il fine del risparmio economico si contrappone alla paventata erosione della rappresentatività. Ambedue sembrano opinioni prive di incisività e si riducono a pochissima cosa rispetto alle grandi necessità politiche, che ci attanagliano. Si accenna qui, oltre agli storici temi del debito pubblico e della burocrazia, a tutti noti, quelli ancora più gravi costituiti dalla nostra difficoltà di ritagliarci un ruolo appropriato nell’UE e nella comunità globale, al calo demografico, alla perdita di intere generazioni, che non entrano nel mondo del lavoro e, problema dei problemi, la perdita di potere della politica a favore di soggetti che non danno conto a nessuno.
Ancora più preoccupanti, poi, sono i forti dubbi sulle nostre effettive possibilità di mettervi mano.
Il confronto fra referendum e questi problemi è assolutamente improponibile.
Nel merito del referendum poi, in relazione ai temi della rappresentatività, di cui si paventa la riduzione, così come quello delle lesioni della democrazia, va considerato che il numero maggiore o minore di parlamentari non pare vada ad incidere più di tanto, dal momento che coinvolge tutte le forze politiche e le comunità in egual misura. Il numero dei parlamentari si riduce per tutti, in ambito nazionale e nei collegi regionali, così come si riducono i numeri dei parlamentari “esteri”.
Anche l’Assemblea Costituente si occupò all’epoca dei temi del numero dei parlamentari e delle relative conseguenze sulla rappresentatività e sulla democrazia.
La conclusione fu che il numero maggiore o minore dei membri del parlamento non esplica alcuna influenza sull’assetto democratico dei rispettivi rami che lo compongono, riservato ai contenuti ideali e culturali delle organizzazioni politiche, oltre che dei loro componenti.
Originariamente il numero dei deputati e dei senatori era variabile, uno ogni 80.000 abitanti alla Camera ed uno ogni 200.000 abitanti per il Senato. Fu con la legge di riforma costituzionale del 9.2.1963, n. 3 che il numero dei parlamentari divenne fisso, 630, come si dispone oggi dall’art. 56 Cost., per la Camera e 315 per il Senato ex art. 57 Cost..
Va poi detto che il numero attuale dei parlamentari, 945, sarebbe sostanzialmente in linea con l’originaria formulazione della Costituzione, come si può vedere dal seguente specchietto.
Anno abitanti deputati senatori totali
1948 40M 562 225 790
1963 50M 625 250 875
2020 60M 750 300 1.050.
Quanto alla rappresentatività delle popolazioni locali, poi, la stessa Costituente ritenne che i Comuni, le Province e le istituende Regioni davano sufficienti garanzie in proposito. Gli altri interessi avrebbero trovato la loro naturale tutela nelle altre istituzioni sociali, pubbliche e private, previste e favorite dall’Ordinamento (art. 18 Cost.).
Va poi ricordato che in base all’art. 67 della Costituzione “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Non si pongono dunque in tale ambito problemi di rappresentanza di interessi particolari, locali o di categoria, riservati più propriamente ad altre istanze.
Altra, e diversa, questione è quella della possibilità di entrare in Parlamento dalle forze politiche di minore entità, che più di altre si sentono minacciate dalla diminuzione del numero dei parlamentari. Ma tanto riguarda i diritti di elettorato attivo e passivo, anche questi pienamente rispettati dall’intervento. Non viene coinvolta la rappresentatività, né tantomeno la democrazia, quest’ultima che è pur sempre una questione di numeri.
La riforma della Costituzione anzi pare avere proprio di mira la possibilità di evitare l’eccessivo polverizzarsi delle forze politiche, con i problemi di governabilità, anche questi ben noti. L’intento prefigurabile è quindi quello di evitare le posizioni di condizionamento, fino al vero e proprio ricatto, che si esercitavano nel passato.
Altro punto che va segnalato è il fatto che il referendum può dare l’inizio ad una serie di riforme in termini di maggiore efficienza ed adeguamento delle istituzioni. Fatto avvertito da tutti, come s’è detto. A cominciare dal sistema elettorale – riforma già annunciata o almeno affermata – nei termini del ritorno al proporzionale con sbarramento, riprendendo quindi con un nuovo percorso di adeguamento il sistema a suo tempo abbandonato.
Il maggioritario non ha dato grandi risultati presso di noi, come è dimostrato dalle vicende politiche degli anni recenti e dalle numerose riforme della legge elettorale, che si sono succedute contestualmente.
Chi ha conosciuto il sistema proporzionale e quello maggioritario ha potuto verificare che quest’ultimo, nel migliore dei casi, provoca eccessiva conflittualità, personalizzazione, disaffezione dell’elettorato, che si allontana sempre più dalla politica e la netta prevalenza degli interessi privati rispetto a quelli pubblici.
Gli esiti del proporzionale, per converso, importano la ricerca del consenso quotidiano, anche degli avversari e delle opposizioni, non è uno scandalo e non sono nemici da eliminare totalmente, non producono haters (odiatori), fake news (notizie false) e non alimentano falsi timori per la sicurezza (immigrati). Viene proposto il coinvolgimento e l’interessamento del cittadino, nelle scelte e nelle discussioni. Producono evidenti vantaggi anche per le formazioni minori, che, diversamente da quanto loro stesse opinano, possono essere opportunamente coinvolte.
La corruzione e l’incapacità c’erano, continuano ad esserci e ci saranno.
Quello che invece pare meno augurabile è il rischio di sviare dal reale contenuto del referendum, come è accaduto per quello di Renzi nel 2016, eccessivamente personalizzato e politicizzato. Oggi si sta tentando di fare la stessa cosa con Di Maio. Si spera che questo non accada.
In ultimo va evidenziato con chiarezza che il fine più proprio del referendum, oltre al risparmio economico, desta fondate perplessità. Non fa prefigurare risultati apprezzabili, sotto ogni profilo, e probabilmente non ne ha proprio. Democrazia, rappresentatività ed efficienza sono del tutto slegate dal numero dei parlamentari, come si è pure visto sopra e come si è autorevolmente ritenuto dalla Costituente.
Per quanto si può opinare, infine, un successo del NO introduce molti dubbi sulla nostra reale possibilità di riformare le nostre istituzioni, nonostante le generali invocazioni. Laddove invece un successo del SI, sembrerebbe più auspicabile, ma solo perché può dare inizio ad una reale stagione di rinnovamento, con il ripristino del proporzionale e con il conseguente sperabile ritorno dei partiti di massa, come si afferma anche da Nadia Urbinati. Il loro ruolo è espressamente riconosciuto dalla Costituzione (art. 48) ed offrono maggiori garanzie di partecipazione e consapevolezza.
E’ un sistema più complicato, sicuramente più farraginoso, ma la democrazia è sempre più impegnativa, richiede maggiore impegno e cittadini più consapevoli.
Egregio avvocato, da qualsiasi lato si guarda il problema, c’è sempre qualcosa che non torna. Ora le chiedo a cosa servono 945 politici? Un vecchio cavaliere di Vittorio Veneto, mi ripeteva sempre che in un pollaio con troppi galli non fa mai giorno. Questa è la nostra attuale situazione, ossia buio pesto per le troppe correnti e correntine. Tutto è fatto nell’ottica di accontentare tutti per restare sempre a galla. Tante leggi fatte per cambiare hanno avuto come esito la modifica delle stesse. Una per tutte quella dell’ufficiale elettorale che doveva provvedere alla nomina degli scrutatori, modificata a spron battuto riportando il pallino in mano ai politici. Questa, purtroppo, è l’Italia e quelli sono i nostri, così detti, rappresentanti. Egregio avvocato incomincio a provare un senso di vergogna. Saluti
@Pasquino: Come si vede che parli a vanvera, giusto per dare aria alla bocca.
Se solo studiaste, prima di sparare frottole, capireste perché è importante votare assolutamente NO il 20 e il 21 settembre
@Zitara, forse sei il custode della verità assoluta, oppure sei un novello Pico della Mirandola, ma non hai capito che ci sono correnti di pensiero diverse dal tuo. Io ho fatto un esempio che non è una frottola. Allora deduco che l’aria è tutta tua ed hai tanto da studiare. Visto che ti credi onnisciente spiegami a cosa servono 945 parlamentari? Almeno riducendoli avremo una economia di spesa
@Pasquino: Non detengo alcuna verità assoluta.
La verità è che 945 parlamentari sono totalmente e perfettamente proporzionati alla densità di popolazione di questa penisola.
I padri costituenti, quando hanno fatto determinate scelte, non erano avvinazzati o sotto effetto di allucinogeni o, peggio ancora, affetti da analfabetismo funzionale come molti di quelli che parlano a vanvera, senza sapere di cosa parlano.
Riducendoli cosa ottieni? Un caffè in più all’anno per ogni italiano, ammazza che risparmio!
Vanno tagliati gli STIPENDI, non i parlamentari, altrimenti, con meno deputati e senatori, il sogno di Licio Gelli sarà finalmente realtà.
Contenti voi
@Zitara Quattrocento parlamentari governano cinquanta Stati con 330 milioni di abitanti, mentre noi con meno di 60 milioni di abitanti abbiamo bisogno di 945 parlamentari. Perché? Personalmente sono favorevole ad una riduzione ancora più drastica con un massimo di 250 parlamentari. Sai che quei padri costituenti hanno creato anche commissioni per adempimenti, obbligatori per legge e, pertanto, perfettamente inutili, ma prendevano gettoni di presenza. Non sempre è tutto oro quello che luccica, comunque, contento tu, contenti tutti.
Andrò a votare solo quando tutti i politici italiani saranno mandati in Africa centrale in una sana e meritata vacanza premio trentennale. Sperando che l’Italia venga commissariata, a furo di popolo dall’ONU e che nei vari ministeri dicasteri regioni e comuni vengano destinati policiti scandinavi, austriaci, tedeschi, sudcoreano, irlandesi…
@Pasquino: Continua a parlare ignorando totalmente ciò che ti ho detto.
Licio Gelli ti ringrazierà sentitamente dall’Inferno.
Il suo “Piano di rinascita democratica” avrà finalmente inizio grazie agli analfabeti funzionali come voi.
Non ci è riuscito Renzi 4 anni fa, ci riusciranno ora il PD senza di lui e i “5 Stalle”.