LA CHIUSURA DEL REPARTO DI ELETTROFISIOLOGIA. MOTIVAZIONE PRIMARIA: MANCANZA PERSONALE. A RISENTIRNE ? I PAZIENTI – Come segnalatoci da un lettore dell’Emilia-Romagna, fra i servizi attualmente carenti nella struttura ospedaliera di Manfredonia (chiuso dal primo novembre 2009), il servizio di elettrofisiologia del reparto di cardiologia dell’Ospedale San Camillo di Manfredonia. Anche in questo caso la causa principale: mancanza di personale. Con effetti primari, in primis: sui cittadini locali. Con elettrofisiologia si riferisce di una branca della medicina che ha come studio “il funzionamento dell’organismo dal punto di vista elettrico”, sia in condizioni fisiologiche normali, sia sotto l’influsso di un potenziale elettrico esterno. In particolare l’elettrofisiologia può essere applicata al funzionamento elettrico del cuore o al funzionamento elettrico delle cellule. In questo secondo caso si parla di “elettrofisiologia cellulare”. Fra le tecniche sfruttate nell’ambito dell’elettrofisiologia: elettrocardiografia, elettroencefalografia, elettromiografia, elettroretinografia. Tornando, ora, al caso di Manfredonia: l’unità operativa complessa di cardiologia-Utic dell’Ospedale San Camillo ha aperto i suoi battenti nel 2007 (su volontà, ed opere, dell’ex primario cardiologo Lorenzo Pellegrino). Il servizio di elettrofisiologia e cardiostimolazione dell’Utic di Manfredonia (aperto il 13 dicembre dello stesso anno) rappresentava pertanto una forma di prestazione importante per i pazienti del territorio: dato che si occupava degli impianti di pacemaker (un apparecchio capace di stimolare elettricamente la contrazione del cuore quando la stessa non viene assicurata in maniera normale dal tessuto di conduzione cardiaca), dall’implementazione al controllo periodico dei pazienti cosiddetti “impiantati”. Il problema principale sarà quello pertanto, nell’immediato ma anche nel futuro, di assicurare un corretto monitoraggio di questa tipologia di pazienti, che necessitano (periodicamente e con professionalità) di controlli personali. Anche su indicazioni di alcuni pazienti, visitati negli anni dal personale del San Camillo, nel reparto di cardiologia sono stati numerosi gli “impiantati” di pacemaker, che hanno usufruito del servizio. Pazienti che non potranno pertanto, da oggi fino ad una risoluzione del caso, sottoporsi ai loro controlli. «Se non – come dice Carla, una signora di Manfredonia con impianto di pacemaker, intervistata su richiesta da Stato – attraverso quei piccoli viaggi della speranza verso Foggia o San Giovanni Rotondo”. Ulteriore problema: del servizio di elettrofisiologia a Manfredonia hanno usufruito negli anni soggetti con un’età decisamente avanzata: una condizione che pone gli stessi pazienti in una condizione sfavorevole per i trasferimenti in altre strutture ospedaliere. Statisticamente, ai primi di febbraio del 2009, sono stati 100 i pacemaker e i defibrillatori automatici impiantati, al San Camillo De Lellis, dal 13 dicembre 2007. Per i controlli dei pacemaker, a fine gennaio 2009, sono state circa 300 le persone, prevalentemente di Manfredonia ma anche di Monte Sant’Angelo e Mattinata, che sono state visitate nel laboratorio per eseguire i controlli dei dispositivi di pacemaker impiantati anche in altri centri. Persone che in precedenza erano quindi costrette a recarsi negli ospedali di Foggia, San Giovanni Rotondo o Cerignola, come dovranno rifare pertanto nell’immediato futuro. Per l’età dei pazienti: nel settembre 2008 un intervento di implementazione ha riguardato anche una paziente di 99 anni e 8 mesi di Monte Sant’Angelo, ricoverata in fin di vita con una bassa frequenza cardiaca. Da un’indagine condotta da Stato il motivo alla base della chisura del servizio di elettrofisiologia nel San Camillo è la carenza di personale. “Un servizio negli anni poco organizzato – segnala un operatore sanitario – con un deficit evidente di organico”. Pochi medici nell’ambulatorio nonostante la mole di persone che affollano ogni giorno il locale reparto di cardiologia, per i necessari controlli. L’unico elettrofisiologo occupato nel reparto di Manfredonia (fino al 31 ottobre 2009 il laboratorio di elettrofisiologia era composto appunto dal giovane elettrofisiologo Pieluigi Pellegrino, e dai due infermieri Raffaele Notarangelo e Filippo Lupoli) non avrebbe avuto pertanto altra scelta se non quella di “spostarsi nella vicina Foggia”, per continuare a svolgere la propria attività “ma in modo professionale”. Il dottor Pellegrino ha al suo attivo oltre 600 impianti di pacemaker e defibrillatori impiantati nell’unità di Cardiologia Universitaria di Foggia, dove si è formato dal 2001 al 2007, prima di venire a Manfredonia. Se il motivo alla base della chiusura del servizio di elettrofisiologia è stata la carenza di personale, lo stesso dicasi per gli altri reparti interni dell’Ospedale De Lellis. Dei primari che dovrebbero essere occupati nelle varie strutture (oltre a cardiologia, ginecologia, medicina) una quota pari al 50% degli stessi (quindi 1 su 2) ricoprono la mansione come facenti funzione (acting, vale a dire l’attribuzione in maniera prevalente, benché temporanea di mansioni superiori, in sostituzione dunque del primo dirigente, per anzianità e senza indizione di un concorso).Di conseguenza: a farne le spese i più giovani (l’attribuzione di carica di facenti funzioni privilegia infatti l’anzianità nel servizio). Giovani costretti a spostarsi fuori Manfredonia, ma anche oltre, nonostante una buona preparazione, formazione universitaria, e rispetto delle norme di lineare inserimento lavorativo. In conclusione, vittime agli antipodi, per una questione meramente anagrafica, della chiusura del servizio di elettrofisiologia di Manfredonia: i pazienti impiantati di pacemaker costretti ai trasferimenti di struttura, e i giovani dottori, o il personale qualificato, che ha dovuto fare spazio a logiche, immotivate, contrarie ad una gestione dirigenziale lineare dei reparti.
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