ORMAI quasi come ricorrenze stagionali i distributori ufficiali della comicità italiana, Zelig e i suoi spin-off, sanciscono periodicamente la nascita di un nuovo talento mediatico, sulla stessa base, strettamente commerciale, di quella che guida i canali televisivi che ospitano i programmi: l’audience. Nessun altro criterio di stampo culturale interviene per la ribalta in tv – “chi definirebbe tali regole?”, aggredirebbero altrimenti i relativisti liberali – e, tantomeno, per l’ormai sistematico passaggio al mondo del cinema, i cui confini, in Italia, con quello della fiction e dello spettacolino televisivo appaiono sempre meno marcati, appiattendo i risultati a mero collage di quel che il pubblico ha premiato col telecomando.
Già da alcuni anni in televisione e da soli due al cinema il nuovo volto “stagionale” ha un nome e un cognome: Pasquale Luca Medici da Bari, classe 1977, in arte Checco Zalone – nomen omen al contrario, dall’espressione locale “che cozzalone!”.
Cresciuto nella culla dello Zelig barese, si afferma principalmente per le riuscite parodie neomelodiche di certa musica partenopea che infetta emittenti regionali, soprattutto meridionali, e per lo scherno ironico ai rispettivi “cantautori”, uno strumento che usa all’occorrenza anche per elaborare testi di derisione politica e satira. Poco originalmente non riesce a privarsi del tasso di volgarità richiesto oggi dal pubblico – l’audience è dea e faro -, ben gestita tuttavia, sia negli affondi diretti che mascherati dal doppio senso, e senza ricadere su strade abusate dai colleghi e nel becero vanzinismo.
Il grande salto nel mondo del cinema avviene nel 2009 con Cado dalle nubi, film di cui è attore ma anche co-scrittore. A dirigerlo Gennaro Nunziante, sua vecchia conoscenza dai tempi di Telenorba, al suo esordio in regia. Manco a dirlo, il successo è strepitoso e diventa ufficialmente fenomeno del momento. Regola aurea è, naturalmente, assecondare l’onda e, dopo poco più di un anno, entrambi – squadra che vince non si cambia – ci riprovano con Che bella giornata, in uscita nelle sale italiane il 5 Gennaio del 2011, con il quale fanno esplodere il botteghino già nei soli primi due giorni, battendo tutti i record d’incassi, anche dell’intoccabile Avatar.
Cosa sta accadendo?
Siamo ancora alla solita vecchia storia dei Panariello, Aldo-Giovanni-Giacomo e Fichi d’India?
Dal punto di vista delle dinamiche di successo è decisamente la stessa storia, e la soluzione è nota: il pubblico televisivo che ride in tv si reca in sala per ridere delle stesse cose, e non ha richieste speciali. Le produzioni, dal loro fronte, non hanno motivo per deluderlo – pecunia imperat – e allargano lo spettro d’azione al cinema; lo spettatore medio, dal suo, non oppone filtro culturale e qualitativo e fa vincere quel che ha già vinto con lui altrove perché è quel che vuole: solo uno sketch più elaborato e lungo, non Billy Wilder. Se si aggiunge che il bombardamento televisivo di bassa lega ha ridimensionato considerevolmente gli standard e le esigenze di palato dai tempi di Paolo Panelli e Walter Chiari, il gioco è più semplice del previsto. Fine della magia (nera).
In un panorama desolante del genere s’intenderà bene quanto la qualità comica non possa essere che un optional, e la sua presenza, seppur sperabile, sia affidata al caso, alla sua casuale coesistenza con le uniche esche d’interesse per la distribuzione e per il pubblico in sala.
Zalone, fortunatamente per noi, possiede quest’optional.
Accantonati i motivi del successo, che seguono le linee guida di cui sopra e sono al più d’interesse sociologico, i meriti di una tale riuscita non appartengono, come potrebbe sembrare di primo acchito, esclusivamente alla verve del protagonista barese. Le sue qualità innegabili affondano le radici in una certa cultura popolare, in atteggiamenti già vincenti per natura, quella simpatia largamente assodata di fascia campana – che raccoglie l’area partenopea, la Basilicata, il nord della Calabria, il Molise e la metà alta della Puglia -, ma che costituisce vantaggio di partenza non autonomo, necessitando di una strutturazione per superare il livello minimo di presentazione.
Se in tv lo schema minimo di proposizione può essere un brano musicale parodiato – ma anche la breve durata dello sketch aiuta -, per il cinema, quello vero, serve ben altro. Se non si è Antonio de Curtis, in grado di lavorare su una sceneggiatura vuota impreziosendola con improvvisazioni continue a trasformarla almeno in un divertissement godibile, occorre uno scheletro ben temporizzato e funzionale. Zalone, abile battutista con buoni tempi comici, non appare così grande e il rischio, senza una scrittura adeguata, è una serie di colpi fiacchi e prevedibili che soddisfano solo chi si accontenta di “immaginare di ridere”.
La sagacia del protagonista come scrittore, accanto al regista e co-autore, è di aver centrato in pieno il disegno di sceneggiatura in entrambi i film, sfruttando dinamiche di comicità antiche e robuste (Totò, Troisi, Benigni), ma adattate al suo nuovo personaggio. E’ apprezzabile, parallelamente, l’attenzione all’evitamento del “porting” televisivo: se in Cado dalle nubi la storia (autobiografica) sfrutta furbescamente il consolidato successo dell’inventiva musicale di Zalone, ma senza invasività commerciale, in Che bella giornata si va oltre, quasi scoprendo un altro comico.
La connotazione regionale è dosata con intelligenza: c’è pugliese a iosa, sia nel dialetto che nelle tradizioni, ma appare sempre e solo funzionale, mai una riproposizione coatta e fastidiosa per il cittadino barese in cerca di immedesimazione. Nell’ultimo film il mondo della Puglia diventa addirittura perno d’integrazione razziale (bellissima la sequenza della cena con i musulmani) e di riappacificazione con i conflitti interiori della bella protagonista (Nabiha Akkari), senza ammantarsi d’intenti educativi o moralistici e riuscendo, al contempo, in un compito raro, quello d’illustrare una terra e una cultura a 360 gradi, con limpidezza, lati negativi inclusi. Si avverte quasi, in finire del film, di aver assaggiato questo particolare mondo, di averlo conosciuto e capito, di aver compiuto assieme ai personaggi un road movie interiore, di aver trascorso, per l’appunto, una bella giornata in Puglia, e la reazione finale di Farah diviene, così, l’unica possibile giacché la “nostra”.
Buoni sono i risultati, in entrambi i film, anche della gestione dei luoghi comuni. Il frequente errore del macchiettismo viene evitato, soprattutto nel primo dove il rischio era elevatissimo: gay, terroni, leghisti sono attaccati e difesi con battute puntuali, trovate comiche da manuale, e le riconciliazioni e lieti fini mai esageratamente ricamati o retorici. E’, dunque, ancora la scrittura a premiare i due lavori, script che permettono all’attore di sfruttare tutte le potenzialità e non solo quelle assodate da cabaret zelighiano, sfuggendo alla trappola della battuta facile e volgare da carenza d’idee, che avrebbe accontentato di sicuro la massa; sul fronte del turpiloquio si resta, difatti, sorpresi per contenimento (dato lo storico di Zalone), limitato agli stretti scopi e quando richiesto.
Si esce soddisfatti dopo la visione, divertiti e, in alcuni frangenti, di vero gusto: esplosivo nel primo film il confronto di Luca alla festa del Partito del Nord o, ad esempio, in Che Bella Giornata la sola semplice reazione al messaggio telefonico in codice del musulmano, a riprova che tempi ben calibrati fanno il 50% della comicità. Nient’affatto trascurabili per la riuscita complessiva sono gli attori secondari, molto validi e non semplicemente accessori, con una nota di merito a Ivano Marescotti, che si candida a spalla ideale del comico pugliese.
E’ la commedia degli equivoci, riproposta ancora una volta, ma anche con l’artigianato di una volta, e la sfida è vinta.
Forse per questa “stagione” le speranze nel ritorno ad una comicità “che fa ridere” non sembrano del tutto infondate, ma restano i timori della deriva nell’autonomia del personaggio: soprattutto da lievi cadute di ritmo nell’ultimo film è evidente la necessità di una direzione illuminata. Ma, com’è noto, in Italia è garanzia rara.
Per la carità, non lasciate solo Zalone!
Cado dalle nubi – Voto: 7/10
Che bella giornata – Voto: 7/10
> AltreVisioni
Valhalla Rising, N. W. Refn (2009) – epico dalle inquietanti e suggestive atmosfere: da non perdere * 8.5
I diari della motocicletta, W. Salles (2004) – viaggio interiore di affascinante bellezza sulle radici del Che * 7.5
> In Stato d’osservazione
Skyline, C. & G. Strause (2010) – cosa aspettarsi dai registi di Aliens vs Predator 2? Timori * 14gen
Vallanzasca, M. Placido (2010) – il contestato film di Placido sulla vita del criminale Vallanzasca *21gen
Zalone: fenomeno o bluff?Z
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Forte con i deboli e debole con i forti. dare un 7/10 a checco fa pensare a quante parole tronfie emergono a volte e poi stringi stringi c’è solo uno che vuole essere letto…
che banalità il titolo, avesse optato per zalone il cog…sarebbe diventato interessante…