Continua la collaborazione tra StatoQuotidiano e il dr. Piernicola Silvis, dirigente generale della Polizia di Stato in quiescenza, già questore di Oristano e Foggia, scrittore di otto romanzi che hanno vinto vari premi letterari, fra cui il Selezione Bancarella.
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La Puglia ha 865 chilometri di costa, di cui due terzi affacciati a Oriente. È una regione che offre ottimi collegamenti con i Paesi frontalieri. Per questo motivo i traffici con i Balcani sono diretti e facilitati, cosa che non poteva sfuggire all’occhio indagatore delle mafie originarie, sempre alla ricerca di nuovi canali di comunicazione per incrementare gli affari. Siciliani e calabresi, però, erano lontani, e si limitarono a stringere degli accordi con la malavita pugliese. Sono stati invece i campani, in quanto confinanti con la Puglia, a creare i prodromi delle organizzazioni mafiose locali.
Come da prassi, inizialmente anche in questa regione l’esistenza di una vera mafia fu osteggiata, non solo dalla società civile ma anche dall’autorità giudiziaria. Il 416-bis del codice penale era stato modellato sul DNA di cosa nostra, e pensare di applicarlo anche a organizzazioni non siciliane, ai pugliesi appariva contrario allo spirito della norma. Con il tempo, però, l’interpretazione giurisprudenziale ha rivisto le proprie considerazioni e ha disancorato l’articolo dalla radice territoriale isolana, che pertanto oggi si applica ovunque vi sia un’organizzazione strutturata secondo la fattispecie dell’associazione di tipo mafioso.
La mafia pugliese nacque alla metà degli anni ’70, quando nella regione furono inviati al soggiorno obbligato vari boss campani, siciliani e calabresi. In breve tempo, questi si resero conto delle enormi potenzialità della costa apula, e pensarono di poterla utilizzare per ampliare i propri affari. Nello stesso tempo alcuni camorristi già ristretti nelle carceri foggiane, baresi e tarantine, non persero tempo e affiliarono molti delinquenti locali conosciuti in galera. In questo snodo fu fondamentale il ruolo svolto da Raffaele Cutolo. A causa delle sfide lanciate agli altri clan camorristi legati ai siciliani, in quegli anni la nuova camorra organizzata versava in uno stato di grande difficoltà. Il boss cercava nuovi spazi in cui espandere l’azione dell’organizzazione, ma non in Campania, ormai per lui satura di rischi. La sua attenzione perciò non poté non rivolgersi alla vicina, ricca e criminalmente vergine Puglia.