“Il protocollo sottoscritto il 15 novembre sulla violenza contro le donne ha completato un percorso, la volontà di far nascere una rete di attori – Prefetto, Forze dell’ordine, la Procura della Repubblica, il Comune, la Provincia. La ‘squadra stato’, come ha detto il prefetto Grassi- che collabora con il territorio per dare una speranza alle donne”. Laura Spinelli, medico, è coordinatrice della commissione ordinistica Vìola.
Dottoressa, quali sono i futuri obiettivi di questo protocollo viola?
Abbiamo un vincolo collaborativo che va reso operativo. Per una questione di lentezza burocratica, fino al 15 novembre 2019, abbiamo visto succedersi 3 prefetti senza che si arrivasse alla firma. L’obiettivo è quello di creare una cabina di regia con i 22 sottoscrittori e una mappatura del territorio con una persona di riferimento, un protocollo che va reso operativo.
Il rapporto tra il medico e una donna che subisce violenza lo può spiegare?
La violenza viene considerata come un problema sociale e culturale ma si manifesta con segni, ferite, mal di testa cronici, esiste una rispondenza tra violenza psicologica e fisica. Il medico deve capire il segno e cercare la famiglia di riferimento. A questo lavoriamo dal 2016 quando siamo nati come associazione Vìola per formare ed informare i medici sul tema della violenza domestica e maltrattamento sui minori.
Come arrivate ad intercettare le famiglie?
Abbiamo creato una piattaforma informatica in cui un medico può inserirsi e scrivere dati. Nel 2018 abbiamo vinto il bando biennale del Progetto “Svoltare” per formare, tra gli altri operatori, le sentinelle del territorio, che pongono attenzione, segnalano le violenze, e questa può essere anche una vicina di casa. Abbiamo fatto compilare nelle sale d’attesa dei nostri ambulatori (a Foggia, Manfredonia, S. Giovanni Rotondo, S. Severo) alcuni questionari anonimi sul violenza fisica, psicologica e sessuale.
Cosa avete riscontrato?
Che ci sono molti stereotipi, il questionario è stato fatto compilare anche agli uomini: “Si meritano la violenza, si sono vestite così”, o si tende a giustificare certi comportamenti. E’ il segnale di un contesto culturale che in molti casi ragiona in questo modo. Anche se le cose stanno migliorando, al sud si denuncia di meno rispetto al nord. Il problema è anche di sudditanza economica perché il problema è far iniziare a queste donne un percorso di autonomia lavorativa. Un primo segnale a Foggia si è avuto con i corsi avviati dalla consigliera di parità Antonietta Colasanto.
Ricorda casi eclatanti da lei rilevati?
Una dona aveva un budget settimanale da spendere per acquisti personali, picchiata dal marito perché l’aveva superato. Un’altra donna anziana è venuta a controllare la pressione in ambulatorio. Aveva dei lividi sul braccio e li giustificava con le analisi del sangue. Poi casualmente un familiare ci ha detto che questi esami non li faceva da tempo. Questa donna anziana viveva con un figlio che la picchiava, in molti casi non sono più i mariti deceduti a compiere violenza ma i figli che ne reiterano i comportamenti.
Cosa pensa dei femminicidi in Capitanata delle ultime settimane?
Che nei 5 reali siti andrebbe potenziato il Cav istituzionale che si trova a Cerignola in quanto non riesce a coprire tutto il territorio, e questo si potrebbe fare con uno sportello itinerante. Una cosa è rivolgersi ad un Cav della tua città, altra cosa è andare in autobus in un altro luogo e motivare l’allontanamento in situazioni già difficili. Inoltre molte donne sono reticenti ad entrare in un Cav per non destare sospetti, per timore di chi le vede. Quindi l’ideale sarebbe uno sportello discreto. E’ chiaro che per fare questo serve più personale, più ore a disposizione. Nel 2020 inizieremo un corso di operatori sanitari per formare ed informare sulla sensibilizzazione e rilevazione del sospetto. Speriamo di poterlo organizzare anche nei 5 Reali siti.