LA STORIA – Questa storia si svolge a Manfredonia, in una fredda serata di fine dicembre. Manca poco a Natale. Michele Troiano, impiegato all’Urp dell’Ospedale ‘San Camillo’ di Manfredonia, tornando a casa, nota un uomo sul ciglio della strada: è disteso sul fianco, rosso in viso, con gli occhi chiusi e un giubbino un po’ troppo leggero. Michele gli si avvicina e si rende immediatamente conto dell’urgenza di cure. L’uomo, un ragazzo polacco (di cui non sono state diffuse volontariamente le generalità, ndR) viene ricoverato nel reparto di Gastroenterologia, dove gli viene riscontrata una patologia epatica cronica e una grave malnutrizione.
La dottoressa Anna Maria Russo prende a cuore il caso, con il consenso del primario Leonardo Furio e con la collaborazione di tutto il reparto. Ma quando sopraggiunge il termine della degenza ospedaliera, il paziente non è ancora nelle condizioni per essere dimesso: la malattia gli ha procurato una temporanea paralisi degli arti inferiori e non può camminare; inoltre, sapendo che, una volta fuori, andrà a dormire sotto i ponti.
La dottoressa chiama l’assessore alle Politiche Sociali, Paolo Cascavilla, che a sua volta allerta l’Ufficio Servizi Sociali. I risultati sono tempestivi: il giorno successivo in Ospedale si tiene un incontro ‘straordinario’ con l’assessore, il direttore sanitario Salvatore Gentile e tutti gli ‘attori’ coinvolti fino a quel momento nella vicenda; tramite Domenico La Marca e il Centro interculturale ‘Baobab sotto la stessa ombra’, gestito dalla cooperativa sociale ‘Arcobaleno’ del Comune di Foggia, viene contattata anche Silvia, una mediatrice di lingua polacca. L’incontro è fruttuoso e produce la soluzione: il ragazzo viene trasferito nel reparto di Medicina Generale, dove può restare fin dopo le feste di Natale.
E poi?
La rete si allarga: Silvia si rivolge all’Ufficio consolare dell’Ambasciata polacca a Roma e, una volta confermate le generalità del ragazzo, scatta la ricerca dei familiari. Viene rintracciata la madre: il ragazzo manca da casa da talmente tanto tempo che la donna non sa più neanche se sia ancora vivo. E quando tutte le speranze sembrano disperse, una voce lungo il filo del telefono le parla del figlio, di quel figlio che, ora, ha bisogno di lei. L’Ambasciata le prepara i documenti per il viaggio in Italia. La rete si allarga, ma resta solida e interattiva: Silvia chiama la dottoressa Anna Maria, che la tiene costantemente aggiornata sulle condizioni del giovane polacco, e intanto diventano amiche; l’assessore Cascavilla è il front office da cui partono e a cui arrivano tutte le informazioni.
Poi padre Paolo, dei Micaeliti, ‘irretito’ per dare sostegno morale al ragazzo: non vede sua madre da anni, e sono tutti preoccupati per la reazione che potrebbe avere incontrandola. Dai Servizi Sociali, intanto, Nora De Cristofaro e Gabriele Valente vigilano sull’evolversi delle cose, monitorando ogni movimento della ‘rete’. È una domenica quel 16 gennaio in cui la mamma del ragazzo arriva a Manfredonia: padre Arcangelo le dà ospitalità presso la Casa degli Scalabrini.
Il momento dell’incontro tra madre e figlio lo possono immaginare i lettori. Grazie al supporto logistico offerto dagli operatori della Paser, grazie all’Ambasciata polacca, grazie ai dottori dell’Ospedale ‘San Camillo’, grazie all’assessore Cascavilla, grazie a Domenico e Silvia del Centro ‘Baobab sotto la stessa ombra’, grazie a Michele, grazie a padre Arcangelo e padre Paolo, grazie a qualcuno che sicuramente stiamo dimenticando, grazie a una rete di solidarietà, una vicenda nata al freddo di una serata d’inverno si è conclusa nel tepore dell’amore materno. Che scalda più del sole in agosto.
(Testo di Teresa La Scala, ufficio stampa del Comune di Manfredonia)
Manfredonia Polacco salvato dai servizi sociali e riaffidato in famiglia
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