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La provincia di Foggia martire dei francesi nel 1799

AUTORE:
Redazione
PUBBLICATO IL:
21 Febbraio 2011
Cultura //

Napoleone, truppe (fonte image: fotos-photos-1.blogspot.com)
Foggia – LA Capitanata non accolse con ostilità le truppe di Napoleone, ma venne ripagata col malanimo dei transalpini, che da liberatori si rivelarono occupanti, rubando, stuprando, uccidendo. Sulle prime, il clero in provincia di Foggia non si schierò contro la rivoluzione. Molti religiosi, anzi, appoggiarono la fazione giacobina e benedissero gli alberi della pace che sorgevamo nelle piazze in segno di libertà dal Borbone. Eppure vennero ripagati dai generali francesi con una massiccia politica antireligiosa e col sistematico saccheggio di chiese e monasteri, tra cui il Santuario di Monte Sant’Angelo, dove predarono 2000 ducati. Lo ha ricordato pochi anni fa lo storico meridionale Massimo Viglione, dell’Università di Cassino, raccogliendo in un saggio le “insorgenze” pugliesi del 1799 contro francesi e giacobini.

Il paradossale atteggiamento dello stato maggiore transalpino contro la Chiesa pugliese, pure inizialmente favorevole, fu il biglietto da visita della soldataglia francese. Portarono anche alle tasse pesanti – rimisero in vigore perfino quelle abolite dai sovrani borbonici – e imposero ogni prepotenza, vessazione e violenza ai danni della popolazione “liberata”. Da qui le pagine di sangue scritte alla fine del 1700 in Capitanata, a partire dai moti antifrancesi di Troia, del febbraio 1799, seguiti da quelli di Serracapriola, Torremaggiore, San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo.

A San Severo, i fanti del generale Duhesme assediarono gli insorti antigiacobini, ch’erano rinforzati da un folto drappello di quasi 12mila legittimisti, fedeli al Re di Napoli. In città si era fatta strage di sostenitori dei francesi, compresi gli ormai pochi sacerdoti filogiacobini – sempre loro ad avere la peggio – e gli animi erano così accesi che i resistenti uccidevano chiunque tra loro stessi accennasse alla resa. Tentarono una sortita, ma furono bloccati dal generale Forest: un massacro, 3mila caduti. Lo spettacolo era talmente orribile che una volta tanto i francesi non ebbero il coraggio di saccheggiare la città vinta.

Cerignola evitò uguale sorte solo perché le truppe napoleoniche furono richiamate a Napoli. Ci sono poi gli eventi successivi alla presa di Altamura da parte dell’armata sanfedista del cardinale Ruffo e quelli accaduti in tutta la provincia di Foggia dopo l’arrivo delle colonne russe, sbarcate a Brindisi al comando di Antonio Micheroux e scatenate a caccia di giacobini e repubblicani. Il sangue scorreva a fiumi in tutta la Puglia in quei pochi ma terribili mesi di scontri senza pietà. A metà aprile i francesi erano ormai tutti concentrati in Campania e i territori adriatici erano tornati fedeli al re borbone Ferdinando.

La prima “invasione” francese in terra dauna era ormai alle spalle. Successivamente, la storia italiana vedrà i francesi ancora in funzione antitaliana. Repressori della Repubblica Romana nel 1849 e ostacolo insuperabile per i garibaldini a Mentana, nel 1867, eppure decisivi, in un’occasione, ai fini dell’unità nazionale.

Si tratta delle campagne militari del 1859 che videro la Francia di Napoleone III alleata del Piemonte contro gli austriaci. Un pronipote di un soldato tirolese, Ulrich Ladurner, sulla base del diario del nonno ha scritto un agile volume, pubblicato da il Mulino nella collana Intersezioni: “Solferino. Storia di un campo di battaglia”, 124 pag. 12 euro.

Il 24 giugno 1859 intorno a Solferino, piccolo comune del Mantovano, fu combattuta una delle più sanguinose battaglie dell’800. Il successo dell’esercito franco-piemontese contro le truppe di Francesco Giuseppe pose fine alla seconda guerra d’indipendenza e segnò il passaggio della Lombardia al regno dei Savoia. La violenza degli scontri, il numero di caduti e feriti dall’una e l’altra parte suscitarono enorme impressione in tutta Europa. Lo svizzero Henry Dunant, presente agli scontri, fu indotto a organizzare la prima attività di assistenza sanitaria che avrebbe portato in qualche anno a fondare la Croce Rossa. Corrispondente di guerra e scrittore, Ladurner ripercorre luoghi e avvenimenti di quel giorno seguendo le memorie del bisnonno, che a combatté Solferino. Un racconto disincantato e leggero sulla guerra, sui suoi miti, sul destino e le fantasie degli esseri umani.


Redazione Stato, riproduzione riservata

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