FIRENZE – Il provvedimento del gip di Firenze dopo le richieste dei pm fiorentini. Fra le entrate non segnalate anche i «prestiti infruttiferi», mai restituiti, che Silvio Berlusconi ha corrisposto negli anni al suo amico, alla moglie e al figlio
Il gip del tribunale di Firenze, su richiesta della Procura distrettuale antimafia, ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di 10 milioni e 840 mila euro nei confronti di Marcello dell’Utri e di sua moglie Miranda Ratti: 8 milioni e 250 mila a lei, 2 milioni e mezzo a lui. Il provvedimento è stato notificato questa mattina dagli investigatori della Dia, la investigativa antimafia che sta portando avanti le indagini sulle stragi di mafia.
Il sequestro è stato disposto per violazione di un articolo della legge Rognoni-La Torre, la stessa che ha istituito il reato di associazione mafiosa, secondo il quale i condannati per reati di mafia devono comunicare per i dieci anni successivi alla sentenza definitiva «tutte le variazioni nella entità e nella composizione del patrimonio» superiori a 10.330 euro (cifra corrispondente a venti milioni di lire fissata in origine) .
Il verdetto della Cassazione che ha inflitto a Dell’Utri la pena di 7 anni per concorso esterno con Cosa nostra risale al 9 maggio 2014, e da allora – secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e dal giudice dell’indagine preliminare – l’ex senatore avrebbe omesso di informare le autorità competenti su movimenti in entrata e in uscita al di sopra di quella soglia per una somma complessiva di oltre 42 milioni di euro.
Fra le entrate non segnalate ci sono i «prestiti infruttiferi», mai restituiti, che Silvio Berlusconi ha corrisposto negli anni al suo amico, alla moglie e al figlio, per un totale di oltre 32 milioni di euro, compresi i 30.000 al mese che l’ex presidente del Consiglio e fondante di Forza Italia gli ha versato a partire dal 2021, quando Dell’Utri ha finito di scontare la pena.
L’ex senatore continua ad essere indagato dalla Procura di Firenze per il reato di concorso in strage aggravata alle finalità mafiose e di terrorismo, in relazione agli attentati commessi da Cosa nostra nel 1993 nel capoluogo toscano, a Roma e Milano, fino alla mancata esplosione di una bomba sistemata all’uscita dello stadio Olimpico di Roma del gennaio 1994.
Secondo il capo d’accusa formulato dai procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli, oltre che dal sostituto procuratore Lorenzo Gestri, Dell’Utri avrebbe «istigato e comunque sollecitato Giuseppe Graviano (al quale sarebbe stato «già legato da risalenti e collaudati rapporti economici», ndr), quale rappresentante e referente di Cosa nostra, a organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l’affermazione del partito politico denominato Forza Italia, fondato da Silvio Berlusconi e al quale ha fattivamente contribuito».
La complicità dell’ex senatore deriverebbe da «un accordo consistito nello scambio tra l’effettuazione, prima, da parte di Cosa nostra di stragi e poi, a seguito del favorevole risultato elettorale ottenuto da Berlusconi, a fronte della promessa da parte di Dell’Utri, tramite Berlusconi, di indirizzare la politica legislativa del governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra in tema di trattamento carcerario, collaboratori di giustizia e sequestro dei patrimoni, ricevendo altresì da Cosa nostra l’appoggio elettorale in occasione delle elezioni politiche del 1994».
Imputazione complessa e già ipotizzata in altre occasioni, che in passato non ha mai condotto ad alcun processo ma solo a ripetute archiviazioni, fino all’ultima riapertura delle indagini tuttora in corso. Per lo stesso reato è stato inquisito, fino alla sua morte, anche Berlusconi.
Nel quadro di questo disegno, i pm fiorentini ritengono che «l’analisi dei flussi finanziari di Silvio Berlusconi verso Marcello Dell’Utri e i suoi familiari induca a ritenere che le erogazioni costituiscano la contropartita a beneficio di Dell’Utri per le condanne patite e il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto». Un sospetto che secondo gli inquirenti, «corrobora l’ipotesi del suo coinvolgimento nel concorso in strage».
Nello stesso procedimento Dell’Utri è indagato anche per trasferimento fraudolento di valori poiché, «in concorso con la moglie Miranda Ratti e il deceduto Silvio Berlusconi», avrebbe attribuito alla signora nel 2020, «in maniera fittizia» un bonifico dell’ex premier di 500.000 euro.
Nei calcoli della Procura e del gip che hanno portato al decreto di sequestro preventivo, anche sulla base del materiale acquisito durante una perquisizione fatta all’ex senatore nel luglio scorso, l’entità delle somme derivanti in gran parte da Berlusconi e «indebitamente non comunicate» con omissioni non ancora prescritte, è di 10 milioni e 840.000 euro, di cui 2 milioni e 590.000 riconducibili direttamente a Dell’Utri, e 8 milioni e 250.000 alla moglie. Dalla quale l’ex senatore ha formalmente divorziato nel giugno 2020, ma secondo gli inquirenti sarebbe un atto fittizio per tentare di dividere i patrimoni e sottrarli alle ricerche dell’autorità giudiziaria.