Mi aspettavo qualche polemica in più, confronto di idee diverse, dibattito vivace… Invece un bel po’ di superficialità e schematismo.
L’istituto comprensivo De Sanctis – Giordani (scuola primaria e media) propone un accordo scuola – studenti – famiglie per il riconoscimento di un genere diverso rispetto a quello assegnato alla nascita. L’atto, di “semplice applicazione”, dà la possibilità di modificare il nome anagrafico con uno scelto dalla persona richiedente. Vale solo a scuola (registri, indirizzo, elenchi…). Nel resto della giornata e altrove resta l’anagrafe ufficiale. Mancano orientamenti ministeriali e alcune scuole si muovono autonomamente e si inventano una “buona prassi” per rispondere al disagio quotidiano di alunne e alunni trans, che vivono l’esperienza scolastica con “la sensazione di non essere conformi ad aspettative sociali e ruoli stereotipati”.
Nella delibera si dice che la percezione di un sè diverso si può manifestare, in modo precoce, già nella prima infanzia. Una scoperta che genera “disorientamento e disagio” non per la “varianza in sé” ma per l’assenza di “riferimenti culturali sociali e politici adeguati”.
Il richiamo è ai contenuti disciplinari e attività extracurriculari che rendono confuse le persone trans alle quali non si permette di riconoscersi come “esseri umani non sbagliati”. Una “realtà agghiacciante”: gli studenti trans esprimono il più alto tasso d’abbandono scolastico, soffrono di depressione, disturbi alimentari, atti suicidari, ritiro sociale… Questo ritiene il Consiglio di Istituto “De Sanctis – Giordani” e pertanto tutte le forme del disagio adolescenziale derivano da un unico macro disagio.
Carriera alias è “solo un punto di partenza” per un discorso più ampio di ricerca di una nuova cultura delle relazioni e pratiche educative che creino per tutti senso di appartenenza e abbiano alla base: parità, rispetto delle differenze, formazione all’affettività e sessualità, comunicazione rispettosa e non sessista… Ma allora perché non iniziare a individuare questi nuovi contenuti, questa nuova didattica? Perché non ripensare il processo educativo senza punti di partenza e di arrivo, dove conta camminare insieme?
Ci sono state scelte, effettuate in altri paesi (Regno Unito e paesi scandinavi) con precipitazione e precocità, che hanno creato situazioni di ulteriore malessere; Stati che ora mostrano maggiore prudenza. La modifica anagrafica si può confermare o meno all’inizio di ogni nuovo anno, e non ha bisogno di alcuna certificazione. Ma si può entrare e uscire da una identità senza che restino i segni? Siamo così facilmente plasmabili? Eppure siamo complessi: realtà biologica e psicologica, materia e spirito, corpo e (forse) anima…
Il disagio a scuola è il tema vero. E vale per tutti gli studenti. Iniziamo ad ammettere che è assurdo stare in classe fermi per 4 – 5 ore e oltre ed ascoltare nozioni non scelte e discusse con gli alunni… Venne proposto negli anni novanta un “progetto giovani” che si poneva il problema di “star bene a scuola” e permise di sperimentare corsi alternativi e modalità organizzative studentesche autonome. La scuola media venne esclusa allora ed è stata sempre trascurata. Eppure è la fascia più delicata nella quale gli adolescenti cercano identità nuove. Un cambiamento brusco in pochi mesi, dalle elementari alla prima media. Una stagione della vita lanciata nel futuro, e la scuola deve fare in modo che tutti possano inventarselo.
I ragazzi cercano figure capaci di empatia, in grado di immedesimarsi nel loro mondo, che ascoltino, sappiano raccontare le loro esperienze e non abbiano paura di discutere e scontrarsi. Gli adulti (educatori, genitori…) sono ex adolescenti, dimentichi di ciò che sono stati, ed assumono spesso o ridicole forme amicali o sono inclini solo a catalogare e schematizzare.
I ragazzi sono i nostri ricercatori sociali. Essi dovranno scoprire i mestieri di domani, nuovi tipi di amicizia, di amori, di famiglie. Un tempo gli adolescenti cambiavano e il mondo rimaneva fermo. Ora essi mutano e il mondo intorno si scompiglia, si sconvolge. Inventano nuove forme di aggregazione, comunicazione… Imparano per tentativi ed errori. Il gruppo dei pari, così temuto dai genitori, per i ragazzi è l’ambiente emotivo dove diluire l’ansia. Insegnare non è un mestiere come gli altri. Ci vuole passione, curiosità, capacità di sorprendersi e stupirsi…
A cura di Paolo Cascavilla, fonte futuriparalleli.it
Avete scambiato il bene per male e il male per bene….
Piu che carriera alias diventerà carriera rovinata per questi poveri ragazzi che invece di inculcare principi sani si inventano queste leggi malefiche dettate da menti offuscate…
Poi dite che siete cristiani ma di
cristianità non c’è proprio nulla…Che tristezza