Analizziamo la veduta del Santuario di Monte Sant’Angelo (Tavola n. 9) (Fig. 1) raffrontandola con la situazione attuale dell’Atrio superiore (Fig. 2 e 4), realizzato a seguito di una ristrutturazione completa dell’area antistante l’ingresso della Basilica (Atrio della Colonna), avvenuta nel 1865 ad opera dell’ingegner Faiella di Foggia.
Numero 1: a destra dell’incisione, il campanile eretto da Carlo I d’Angiò nel 1274 presenta delle aperture, sia al piano terra che nei piani superiori, oggi assenti. Analizzando cartoline e fotografie della prima metà del Novecento non si nota alcuna apertura preesistente a quelle attuali. Inoltre il paramento murario, quantunque ristrutturato in parte e reso di aspetto uniforme, non presenta segni di occlusione di aperture strutturali. È molto probabile che l’inserimento sia stato suggerito dall’Abbé di Saint Non, che era anche incisore e disegnatore, allo scopo di rendere la scena più suggestiva e ”pittoresque”. Il campanile inoltre sembra, per un effetto ottico particolare, di forma quadrata; in realtà tale falsa percezione è dovuta al taglio della parte terminale della scena e quindi del campanile stesso.
Numero 2: tra l’ingresso originario e il campanile angioino si frappone l’oratorio di San Rocco. Edificio commissionato nel Seicento dai coniugi Tiberio Nardini e Giovanna Bramantia su preesistenti strutture. Così come si evince da alcuni elementi decorativi inglobati nel paramento murario, anche in questo edificio è possibile notare un diverso andamento delle aperture della facciata. Difficile stabilire se tali modifiche siano state apportate in epoca successiva al 1778, anno della ripresa della scena. Qualche incongruenza nell’altezza dell’edificio e altri particolari, come la presenza di un balcone nella parte centrale della facciata, fanno ritenere che anche in questo caso, anche se in maniera non così eclatante come nel campanile, siano stati inseriti dei particolari per rendere più pittoresca la scena.
Numero 3: quasi al centro della veduta si nota la facciata originaria che immetteva alla scalinata che Carlo I d’Angiò realizzò dopo il 1271, nel più ampio progetto di risistemazione della chiesa longobarda, la quale verrà completamente demolita e ricostruita su progetto dell’architetto Giordano di Monte Sant’Angelo, lo stesso protomagister del Campanile. Infatti, precedentemente, alla sacra grotta si accedeva attraverso un disagevole percorso scavato nella roccia, che iniziava, all’altezza dell’attuale circonvallazione, vicino i resti dello storico olmo chiamato ”albero di San Michele”. Gli angioini sposteranno quindi l’ingresso della basilica dalla valle di Carbonara alla parte alta della città, sul crinale che portava al centro abitato dominato dal complesso degli edifici che ruotano attorno a S. Maria Maggiore (San Giovanni in Tumba, San Pietro). La facciata con terminazione rettilinea rimanda invece all’intervento di ristrutturazione attuato nel Settecento sulla facciata della chiesa gotica di San Domenico, a Manfredonia (Fig. 3), sotto l’episcopato dell’arcivescovo abruzzese Francesco Rivera (Aquila 1742 – Napoli 1777). Durante il suo episcopato saranno realizzati altri interventi di ristrutturazione, sempre con terminazione rettilinea di chiara matrice abruzzese, sulle facciate di altre chiese di Manfredonia: Santa Chiara, San Francesco (intervento poi eliminato con restauro del 1932), San Pietro (chiesa annessa al nuovo convento dei Celestini). Tale modalità di intervento su fronti gotici era parimenti visibile anche nella chiesa di San Francesco, a Lucera, come attestato da vecchie foto del prospetto della chiesa, anch’essa angioina e gotica e ristrutturata con la nuova facciata rettilinea. Tornando alla basilica di Monte Sant’Angelo, il fronte della chiesa presenta una campanella decentrata sul lato sinistro, che richiama quella posta nel Settecento sulla facciata di Santa Maria di Siponto. A sinistra dell’arcata d’ingresso è possibile osservare una struttura architettonica, con tetto a una sola falda, addossata alla facciata e la cui funzione è di difficile lettura e interpretazione.
Numero 4: la colonna raffigurata nell’incisione, basata sul disegno del Desprez, era sicuramente il fulcro visivo dell’area d’ingresso al santuario, che veniva e viene tuttora chiamata, dalla gente locale, Atrio della colonna. La stampa raffigura una colonna poggiata su un basamento con tori e scozia e plinto sottostante. Essa presenta un capitello composito sopra il quale è posta la statua di san Michele Arcangelo. Il tutto poggia su un alto piedistallo pari all’incirca all’altezza della stessa colonna. È possibile ipotizzare che sia il fusto della colonna che il capitello fossero elementi riadattati “spolia”, provenienti dalle rovine romane della città di Siponto. La motivazione del riuso di elementi antichi, oltre che pratica ed estetica era anche ideologica, perché essi attribuivano “auctoritas” all’inserimento, che in questo caso è possibile interpretare come un collegamento con l’antica diocesi romana di Siponto. Tale struttura verrà rimossa in occasione della risistemazione dell’atrio avvenuta ad opera dell’ingegnere foggiano Giovanni Faiella. Alcuni frammenti della colonna sono visibili nel museo lapidario annesso al santuario.
La ristrutturazione dell’ingegner Faiella risale al 1865 (Fig. 4) ed è costituita, nelle sue linee essenziali, da un’alta recinzione scandita da una robusta pilastratura in muratura collegata da una inferriata in ferro battuto che delimita l’area denominata “Atrio superiore”. La facciata è caratterizzata da un ampio frontone triangolare al cui centro, tra due piccoli rosoni, è posta un’edicola con la statua di San Michele Arcangelo. Al disotto è stata duplicata l’arcata angioina, creandone una seconda speculare a quella originale. Anche se, come si può notare, nell’incisione settecentesca, che abbiamo già avuto modo di vedere non essere del tutto fedele, l’arcata ogivale appare decisamente più slanciata. Fine parte seconda. (a cura dell’arch. Michele Di Lauro, docente di Storia dell’Arte del Liceo”Roncalli” di Manfredonia)
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