Lecce – C’era chi diceva che la sacra Corona Unita fosse soltanto un lontano ricordo. Un male debellato dalla storia e dalle forze dell’ordine. Dopo i delitti e gli affari degli anni Ottanta e Novanta, la criminalità organizzata salentina, stante l’opinione pubblica, era da dichiararsi ufficialmente deceduta. Ed invece, stamane, l’incubo che prende, anzi che ri-prende a serpeggiare. Come un boa constrictor, con tanto di spire potenti attanagliate, manco a dirlo, attorno al mondo dell’interesse economico.
La Guardia di Finanza di Lecce, infatti, ha messo a segno un colpo importante e ben assestato alla delinquenza del capo sud pugliese. Undici arresti, quaranta indagati. Un pugno nel pieno stomaco ad un sistema mafioso operante nel prolifico ramo delle aste giudiziarie. L’operazione, denominata “canasta”, che ha preso avvio alle prime luci dell’alba, è ancora in corso. Tra i reati contestati agli arrestati, figurano l’estorsione, il turbamento della libertà degli incanti, l’abuso d’ufficio, il peculato, la corruzione, e la falsità materiale ed ideologica.
I provvedimenti cautelari sono stati richiesti dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo salentino al termine di complesse indagini che hanno coinvolto figure di spicco del mondo imprenditoriale ed affaristico del leccese, faccendieri, ma anche semplici e compiacenti impiegati. È venuta alla luce, infatti, una fitta rete di collusioni e collaborazioni interessate.
Stando alle prime notizie ufficiali diffuse dagli inquirenti, l’operazione “Canasta”, si è sviluppata lungo due direttrici principali: quella della vendita di beni mobili, che ha avuto come soggetti principali gli organi direzionali di una società della provincia operante nel particolare settore, accusati di aver turbato, più volte, il libero svolgimento delle procedure esecutive mobiliari mediante una gestione del tutto arbitraria ed impropria degli asporti dei beni pignorati e delle relative procedure di vendita; quella della vendita di beni immobili, dei rapporti con la criminalità organizzata, della produzione di documenti falsi e della “risoluzione” di problematiche legate a posizioni debitorie con l’Ente di riscossione preposto, che ha avuto come soggetto principale un faccendiere della provincia dalle straordinarie capacità relazionali. Questi ha sviluppato una moltitudine di contatti con soggetti ben inseriti nel tessuto sociale, istituzionale ed economico salentino e, successivamente, ha messo loro a disposizione le proprie conoscenze personali e professionali per agevolarne i relativi investimenti.