StatoQuotidiano.it, 23 gennaio 2023. “Sono state, poi, espressamente richiamate ulteriori conversazioni che costituiscono indizio dell’agire di D’Ercole a beneficio dell’associazione e del suo massimo esponente Ricucci, del quale il primo assume le difese nei riguardi di un
soggetto che aveva osato mancargli di rispetto (…)”.
Da atti, con sentenza di recente pubblicazione (con udienza svoltasi nello scorso settembre 2022), la Corte di Cassazione di Roma ha dichiarato “inammissibile il ricorso proposto per conto di: Leonardo D’Ercole, nato a Manfredonia il 16 marzo 1972, contro un’ordinanza del 29 marzo 2022 del Tribunale della Libertà di Bari – Sezione Riesame, che aveva confermato l’ordinanza del locale Giudice per le indagini preliminari con la quale Leonardo D’Ercole era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato di partecipazione a un’associazione per delinquere dì stampo mafioso operante, attraverso più articolazioni, nei comuni di Manfredonia, Mattinata, Vieste e nella frazione Macchia del comune di Monte Sant’Angelo, diretta da Pasquale Ricucci e Matteo Lombardi”.
Come da atti, “(…) il giudice del riesame ricordava che a D’Ercole era contestata la partecipazione al gruppo, quale soggetto vicino a Ricucci Pasquale (per il quale, unitamente a sua moglie, era stato testimone di nozze nel 1999) e Lombardi Matteo, stabilmente a disposizione del sodalizio e particolarmente impegnato in azioni d’intimidazione e controllo del territorio di Monte S. Angelo”.
“I gravi indizi a carico dell’indagato si traevano da plurime captazioni, puntualmente riportate nell’ordinanza (…), che evidenziavano non solo l’intimità e la confidenza tra il ricorrente e Ricucci, bensì i temi trattati nell’ambito di dette conversazioni, inerenti delicate questioni della vita associativa e denotanti la consapevole organicità di D’Ercole al sodalizio: l’originaria proposta di partecipazione all’agguato ai danni di Giovanni Caterino («me l’hanno chiesto a me, io non l’ho voluto fare»), la diretta partecipazione, unitamente a Ricucci, all’azione intimidatoria ai danni di un giovane di nome Alessandro che si era espresso irrispettosamente nei riguardi di quest’ultimo; il ruolo d tramite nei rapporti con il gestore della società Primo Pesca; la preoccupazione manifestata in ordine alla presenza di un “dispositivo anomalo” (una telecamera installata dagli investigatori) nei pressi dell’abitazione di Ricucci, estirpata alcuni giorni dopo le conversazioni intercettate”.
“A ciò l’ordinanza aggiungeva ulteriori conversazioni captate tra soggetti terzi (…) che, nel fare riferimento all’odierno ricorrente che menzionano con il nome il cognome, ne descrivono il ruolo di controllo del territorio della frazione Macchia di Monte Sant’Angelo”.
“Era fatto, infine, riferimento alle propalazioni di Danílo Pietro Della Malva, collaboratore di giustizia originariamente appartenente al medesimo gruppo criminale, il quale ha confermato la partecipazione di D’Ercole, siccome riferita da Pasquale Ricucci e da Antonio Quitadamo”.
“Le esigenze cautelari, di massimo spessore – premesso che la contestazione operata poneva una presunzione (relativa) di sussistenza delle stesse superabile solo dalla dimostrazione, in positivo, di elementi fattuali contrari, nella specie non rinvenibili – sono state invece tratte dal livello di coinvolgimento dell’indagato nelle dinamiche associative, in assenza di alcun elemento indicativo di recesso dal vincolo o di allontanamento dall’ambiente di tipo mafioso“, come riportato nella sentenza della Corte di Cassazione.
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Le attività sono in corso da questa mattina. Sul posto le forze dell’ordine e i delegati della Procura