Manfredonia – PER chiunque volesse visitare a sera la Basilica di Santa Maria di Siponto si preannuncia una piacevole sorpresa: il vecchio impianto d’illuminazione del sito è stato infatti sostituito da un sistema di luci nuovo, e più funzionale, capace di rendere, se ce ne fosse ancora bisogno, “più bella e affascinante la Basilica”.
Fra le migliorie apportate spicca, sorprendentemente, la nuova illuminazione dell’abside, capace di valorizzare la copia dell’icona della Madonna di Siponto.
Ma non è tutto: grazie alla donazione di una fedele devota alla Madonna, si è potuto realizzare ultimamente l’illuminazione della mensa, ossia del sarcofago utilizzato come mensa dell’altare, che fino a poco tempo fa poteva essere osservato nei particolari dei simboli scolpiti solo da vicino. Un semplice ma efficace sistema di luce radente adesso rende ammirabili i particolari del sarcofago anche da lontano.
La mensa dell’altare è uno dei reperti archeologici più interessanti sotto i profili storico artistico e anche simbolico della Siponto Antica. E’ un sarcofago altomedioevale scavato in un unico blocco marmoreo “bigio antico” proveniente con tutta probabilità dall’Asia minore. Il sarcofago è stato attribuito dall’archeologa Marina Mazzei ad artisti della tradizione scultorea costantinopolitana operanti tra la fine del VI e l’inizio del VII Sec. d.c. Il sarcofago emerse nella campagna di restauro degli anni 70 quando venne rimosso l’altare barocco del quale costituiva il nucleo.
La cassa presenta la parte frontale suddivisa in riquadri: nei tre centrali compaiono altrettante croci latine profilate le cui estremità sono arricchite da sottili volute, mentre i bracci di ancore si innestano quasi alla base delle croci di destra e di sinistra. Dalla base della croce del riquadro centrale si dipartono germogli a palmetta. Nella metà superiore della croce centrale vi sono due dischi che circoscrivono croci greche ad estremità patenti.
Il messaggio simbolico del sarcofago è inequivocabile. Si era pensato che le croci esterne fossero decorate con foglie di edera, ma questa pianta è rappresentata, quasi sempre, avvinta a qualche elemento architettonico.
L’ancora, invece, è il simbolo della speranza per eccellenza. L’ancora, con le sue caratteristiche di stabilità e sicurezza, è l’immagine della speranza del credente fondata su Gesù Cristo. Essa ci mantiene attaccati a Dio stesso, alla roccia della Sua immutabile fedeltà. Per il credente è di grande conforto sapere di essere legato per sempre a Cristo. Egli, una volta compiuta l’opera salvifica della Croce con la sua Resurrezione (il germoglio della base della croce del riquadro centrale) è entrato in Cielo come nostro “Precursore” come è detto nella Lettera agli Ebrei:
“Noi che abbiamo cercato rifugio in Lui dobbiamo afferrarci saldamente alla speranza che c’ è posta davanti: in essa noi infatti abbiamo come un’ancora della nostra vita, sicura e salda, la quale penetra fin nell’interno del santuario dove Gesù è entrato come nostro precursore”. (Ebrei, 6.20)
“Precursore” era il nome, molto significativo, dato alla scialuppa che, staccandosi dalla nave, portava l’ancora in un luogo adatto a garantire la sicurezza di tutto l’equipaggio. Ecco ciò che Gesù Cristo è spiritualmente per coloro che gli appartengono. Egli è “entrato per primo alla presenza di Dio per preparare loro un luogo”, e la Fede, come la catena dell’ancora, nascosta alla vista perché immersa nell’acqua, lega saldamente a Lui tutti i riscattati.
( Stato/ Aldo Caroleo )
grazie Aldo perchè non ti stanchi mai di farci apprezzare questi tesori!!!!