Roma. Secondo una ricostruzione statistica realizzata dall’Ufficio studi della CGIA, dall’inizio del 2000 fino al 2017 la ricchezza nel nostro Paese (Pil) è cresciuta mediamente di appena lo 0,15 per cento ogni anno.
“Come sostengono molti esperti, siamo in una fase di stagnazione secolare – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – e sebbene la ripresa si stia consolidando in tutta Europa, anche a seguito di una congiuntura internazionale favorevole, gli effetti positivi non stanno interessando tutte le aree territoriali e le classi sociali del nostro Paese. Il popolo delle partite Iva, ad esempio, continua ad arrancare; schiacciato come è da un carico fiscale eccessivo, da una burocrazia oppressiva e da una domanda interna che stenta a decollare”.
Rispetto al 2007, anno pre-crisi, dobbiamo ancora recuperare 5,4 punti percentuali di Pil. Tra le componenti che compongono quest’ultimo indicatore economico, nel 2017 la spesa della Pubblica amministrazione presenta una dimensione inferiore a quella di 10 anni fa di 1,7 punti percentuali, la spesa delle famiglie di 2,8 punti e gli investimenti addirittura di 24,3 punti percentuali in meno (vedi Tab. 1).
La crescita registrata dai nostri principali partner economici dell’area dell’euro è stata molto superiore alla nostra. Se in Italia negli ultimi 17 anni il Pil è aumentato di soli 2,6 punti percentuali (variazione calcolata su valori reali), in Francia l’incremento è stato del 21,7 per cento, in Germania del 23,7 per cento e in Spagna addirittura del 31,3 per cento. L’Area dell’euro (senza Italia), invece, ha riportato una variazione positiva del 25,9 per cento. Tra i 19 paesi che hanno adottato la moneta unica solo il Portogallo (-1,2 punti percentuali), l’Italia (-5,4) e la Grecia (-25,2) devono ancora recuperare, in termini di Pil, la situazione ante crisi.
Se, però, sempre in questo arco temporale analizziamo l’andamento dei nostri conti pubblici, il rigore non è mai venuto meno.
“Negli ultimi 17 anni – dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason – solo in un anno, il 2009, il saldo primario, dato dalla differenza tra le entrate totali e la spesa pubblica totale al netto degli interessi sul debito pubblico, è stato negativo. In tutti gli altri anni, invece, è stato di segno positivo e, pertanto, la spesa primaria è stata inferiore alle entrate. A ulteriore dimostrazione che in questi ultimi decenni l’Italia ha mantenuto l’impegno di risanare i propri conti pubblici, nonostante gli effetti della crisi economica siano stati più pesanti qui da noi che altrove”.
Anche sul fronte della produzione industriale, lo score dell’Italia registrato in questi ultimi 17 anni è stato abbastanza deludente. Rispetto al 2000, oggi scontiamo un differenziale negativo di 19,1 punti percentuali, con punte del -35,3 per cento nel tessile/abbigliamento e calzature, del -39,8 per cento nel settore dell’informatica e del -53,5 per cento nelle apparecchiature elettriche. Di segno opposto, invece, solo gli alimentari e le bevande (+11,2 per cento) e la farmaceutica (+28,3 per cento).
Se, come sostenevamo più sopra, negli ultimi 17 anni la produzione manifatturiera in Italia è diminuita di 19,1 punti percentuali, nessun altro tra i principali paesi avanzati dell’Ue ha fatto peggio. Sebbene Spagna e Francia abbiano ottenuto dei risultati con scostamenti non molto diversi dal nostro, è invece significativa la performance registrata dal settore industriale tedesco. Tra il 2000 e il 2017 la produzione manifatturiera in Germania è aumentata di quasi 30 punti percentuali.
Secondo la CGIA, comunque, il tema degli investimenti rimane centrale per delineare qualsiasi politica di sviluppo economico.
“Gli investimenti pubblici – conclude Paolo Zabeo – sono una componente del Pil meno rilevante in termini assoluti, ma fondamentale per la creazione di ricchezza. Se non miglioriamo la qualità e la quantità delle nostre infrastrutture materiali, immateriali e dei servizi pubblici, questo Paese è destinato al declino. Senza investimenti non si creano posti di lavoro stabili e duraturi in grado di migliorare la produttività del sistema e, conseguentemente, di far crescere il livello delle retribuzioni medie. Ricordo, altresì, che il crollo avvenuto in questi ultimi anni è stato dovuto alla crisi, ma anche ai vincoli sull’indebitamento netto che ci sono stati imposti da Bruxelles che, comunque, possiamo superare, se, come prevede il Fiscal Compact, introduciamo degli aggiustamenti come, ad esempio, la golden rule. Ovvero, alla possibilità che gli investimenti pubblici in conto capitale siano scorporati dal computo del deficit ai fini del rispetto del patto di stabilità fra gli stati membri”.
È vero, l’Italia cresce in termini quantitativi. Il PIL quest’anno è stimato a 1.4%, qualcosa di più di quello che era previsto ad inizio anno.
Se invece analizziamo e compariamo questo dato con le performance dei Paesi della UE ci accorgiamo che la realtà è molto diversa.
L’Italia nella classifica europea in termini di crescita è penultima, appena poco sopra il dato della Grecia con il suo modesto 1.2%. Al terzultimo posto si posiziona la Francia con un 1.5%, e salendo incontriamo la Germania con 1.9%. Ai vertici invece si collocano tra le prime posizioni a pari merito, Malta e Slovenia rispettivamente con un 3.9% di crescita del PIL nel 2017: il primato spetta all’Irlanda con il suo 4.3%. Persino la Spagna se la passa meglio di Francia e Italia, con il suo 3.0%.
La lettura di questi dati smentisce la propaganda dei media italiani, soprattutto quelli asserviti alla propaganda del regime…
Per ritornare ai livelli di PIL reale, antecedenti l’inizio della crisi finanziaria 2007/2008, ci vorranno per noi almeno altri sette anni (2025). Si noti che la Germania lo ha fatto nel 2011 e la Francia nel 2013, mentre la Spagna raggiungerà i livelli pre-crisi nel 2020.
Il nostro debito pubblico, nonostante le demenziali e aberranti politiche di austerità imposteci dalla UE (dominata dalla Germania), sotto i Governi (Monti, Letta, Renzi e Gentiloni) è passato da 1.950 miliardi di euro ai quasi 2.300 miliardi in appena sei anni!
Ogni ulteriore commento lo lascio al lettore…