Nella circostanza e’ stato colto sul fatto l’autista di una cisterna, mentre stava svuotando il contenuto del mezzo. Pertanto, si e’ proceduto al sequestro dell’intera area, estesa 800 metri quadrati circa e profonda una ventina metri, già cava di tufi dismessa e dell’automezzo/cisterna. Nel prosieguo dell’attivita’, sono state eseguite 2 perquisizioni presso l’azienda produttrice dei rifiuti (frantoio) e la società incaricata del loro trasporto, nel cui ambito e’ stata acquisita documentazione probatoria utile alle indagini (soprattutto schede di trasporto per l’utilizzo agronomico delle acque).
L’operazione di servizio in argomento ha posto fine ad una attivita’ illecita in grado di provocare notevoli danni alle falde acquifere.
Redazione Stato
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Da: avv. Eugenio Gargiulo (eucariota@tiscali.it)
Lo “scioglimento” di un Comune per “infiltrazione mafiosa” deve poggiare su elementi concreti ed univoci e non su semplici indizi!
Il Consiglio di Stato (sezione terza) con la sentenza n. 00126/2013 ha deciso che il consiglio comunale di Bordighera non andava sciolto per “infiltrazioni mafiose” ;i giudici amministrativi hanno accolto il ricorso, presentato dall’ ex Sindaco e dalla sua ex maggioranza consiliare, contro la sentenza di primo grado del Tar Lazio che aveva confermato i rilievi del Ministero dell’Interno circa la sussistenza dei presupposti per procedere allo scioglimento delle ente locale, ex art. 143 d.lgs. 267/2000.
Per il Consiglio di Stato, non basta un semplice quadro indiziario per superare la volontà elettorale e procedere allo scioglimento dell’ente, ma servono elementi concreti,univoci e rilevanti
Il supremo organo della giustizia amministrativa ha esaminato le doglianze dei ricorrenti circa la “la violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000, come sostituito dall’ art. 2 comma 30, della legge n. 94 del 2009, nonché per eccesso di potere nei profili della contraddittorietà e del difetto di motivazione della relazione ministeriale”, osservando al riguardo che l’art. 143 nel testo originario, elevava a presupposto dello scioglimento del consiglio il riscontro di “elementi” che siano espressione di “collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata”, ovvero di “forme di condizionamento degli amministratori stessi”, tali da alterare la libertà di determinazione degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità dell’ Amministrazione comunale “nonché il regolare funzionamento dei servizi” ovvero”che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.
Il testo novellato(nel 2009) ha previsto che detti elementi devono qualificarsi come “concreti, univoci e rilevanti”, in contrario all’ ordine argomentativo del T.A.R., non è quindi sufficiente un mero quadro indiziario fondato su “semplici elementi”, in base ai quali sia solo plausibile il potenziale collegamento o l’influenza dei sodalizi criminali verso gli amministratori comunali, con condizionamento delle loro scelte e ricaduta sul buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, sul regolare funzionamento dei servizi e sulle stesse condizioni di sicurezza pubblica, dovendo detti elementi caratterizzarsi per concretezza, essere cioè assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica;univocità, che sta a significare la loro direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale.
Secondo il Consiglio di Stato, il Prefetto di Imperia si era mosso con coerenza rispetto al dato normativo e alla circolare del Ministero dell’interno per l’attuazione della norma(ex art.143 d.lgs. 267/2000), rilevando l’insussistenza dei presupposti per lo scioglimento del comune di Bordighera; di avviso contrario invece l’allora ministro Maroni che propose la misura amministrativa al Presidente della Repubblica, ma per i giudici: “si rende tuttavia necessario che il contrario avviso sia sostenuto da uno congruo corredo motivazionale che dia puntualmente atto, anche a mezzo di un supplemento di istruttoria, delle ragioni che rendono prevalente lo scioglimento del consiglio comunale con incidenza sul consenso a suo tempo espresso dall’elettorato e i ricorrenti correttamente deducono che la proposta ministeriale non aggiunge ulteriori elementi motivazionali idonei a consentire il superamento delle risultanze istruttorie che, sul piano fattuale, avevano escluso l’esistenza dei presupposti per pervenire alla misura dissolutoria.”
Questa vicenda mette in luce ancora una volta la questione circa i presupposti che devono stare alla base di un provvedimento cosi duro come il decreto di scioglimento di un ente locale per infiltrazioni mafiose.
Al riguardo, rappresentava un orientamento consolidato della giurisprudenza: “che l’uso, da parte della legge, di una terminologia ampia e indeterminata nell’individuazione dei presupposti per il ricorso alla misura straordinaria è indicativo della volontà del legislatore di consentire un’indagine sulla ricostruzione della sussistenza di un rapporto tra gli amministratori e la criminalità organizzata sulla scorta di circostanze che presentino un grado di significatività e di concludenza di livello inferiore rispetto a quelle che legittimano l’azione penale o l’adozione di misure di sicurezza nei confronti degli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o analoghe ( C. Stato, IV, 24 aprile 2009, n. 2615)”.
Foggia, 24 gennaio 2013 Avv. Eugenio Gargiulo