(PRIMA PARTE – SECONDA PARTE). “Ero il capo dell’articolazione viestana da me comandata contrapposta a Vieste al gruppo Perna/Iannelli. Il mio gruppo aveva alleanze con il clan Lombardi/Scirpoli/La Torre, ex Romito, a loro volta alleati con il clan Moretti. Invece il gruppo Perna/Iannoli era alleato con il clan Li Bergolis/Miucci, al loro volta alleati con i Sinesi/Francavilla”.
Chi parla è il viestano Marco Raduano, classe 1983, alias ‘pallone’, cosiddetto boss della mafia del Gargano, durante l’interrogatorio negli uffici del Carcere di L’Aquila, lo scorso 20 marzo 2024, dinanzi al sostituto procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, dr. Ettore Cardinali, coadiuvato e assistito per l’interrogatorio e il verbale dagli ufficiali di p.g., Tenente Colonnello Piergiorgio Leonardi, LGT Carmine Campaniello del R.O.S. Carabinieri di Bari, Capitano Roberto Corso, Mar. Ca. Giovanni De Bellis e APP. Sc. Carmine Villamaina, del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Foggia, Cap. Umberto D’Angelantonio e LGT Michele Impagnatiello del Ros Carabinieri di Foggia, Comm.Ca. Andrea Ambrosino e Sovr. Ca. Pasquale Mancini della Squadra Mobile di Foggia.
Presente anche il difensore di fiducia di Raduano, l’avvocato Rosa Pandalone del foro di Foggia.
Con l’interrogatorio, Marco Raduano, alias ‘pallone’, ha confermato la volontà di collaborare con la Giustizia.
La decisione di collaborare era stata anticipata il 22 marzo scorso dallo stesso pm della DDA di Bari, Ettori Cardinali, in Corte d’Assise a Foggia, durante il procedimento penale relativo all’omicidio di Marino Solitro, con imputati tra l’altro il già collaboratore di giustizia Danilo Pietro Della Malva (a processo davanti al gup di Bari) e Giovanni Iannoli.
In merito all’omicidio di Marino Solitro (come riportato dagli inquirenti, l’omicidio fu commesso il 29 aprile 2015 a Vieste, con Solitro attinto da due colpi di fucile calibro 12 nei pressi della sua abitazione e brutalmente ucciso con un violento colpo alla testa praticato con il calcio dell’arma), Marco Raduano con Vincenzo Vescera aveva già tentato di uccidere l’uomo nel 2008, “quando ancora faceva parte del clan Notarangelo”.
Questo perché “Marino Solitro non si riforniva di droga da Vieste e Angelo Notarangelo chiese di compiere una ritorsione nei suoi confronti”.
In seguito, dopo l’omicidio del boss Angelo Notarangelo, e il tentato omicidi di Emanuele Finaldi, Trotta Omar con altri erano i referenti di Marco Raduano per lo spaccio e il commercio di droga su Vieste.
“Mi chiesero l’assenso ad uccidere Solitro. Mi spiegarono – ha detto Raduano durante l’interrogatorio – che Solitro aveva denunciato Trotta Omar e lo aveva fatto arrestare”. Raduano avrebbe prima “temporeggiato”. “Quando poi me lo richiesero mi dissero che avrebbero dovuto fatto Gianni Iannoli e Danilo Della Malva”.
Da qui, ‘pallone’, comprese che “lo avessero già stabilito”.
Raduano parlò dei fatti anche con Danilo Della Malva “al quale sconsigliai di farlo (di uccidere Solitro).” Lui mi disse che avrebbe voluto ucciderlo sia per fare un favore a Trotta sia per questioni di carattere familiare”.
Difatti, in base al racconto di Raduano “Solitro aveva precedentemente accoltellato un suo zio”, da qui “Dall’omicidio di Solitro, Della Malva avrebbe tratto on vantaggio”. “Non mi sono opposto (all’omicidio,ndr) ma gli consigliai di evitare”. “Gli consigliai solo di picchiarlo”.
In quella fase, mentre si pianificava l’omicidio di Solitro, Marco Raduano era vicino ai li Bergolis.
“Dopo, ne parlai con Gianni Iannoli che mi conferme di essere stato lui l’autore, spiegandomi tutta la dinamica. Mi racconto che dopo l’omicidio si era nascosto in una casa per tre giomi. Mi confidò che Trotta (…)- gli avevano dato diecimila euro per uccidere Solitro. Aggiunse di averlo fatto anche per favorite Danilo Della Malva. Iannoli mi disse che gli aveva sparato alla schiena e che, dopo essere scappati, avevano buttato il fucile in un canale. Avevano commesso l’omicidio con uno scooter rubato. Dopo l’azione si rifugiarono in una proprietà”.
“Quel giorno Girolamo Perna si occupò di bruciare delle autovetture, ma credo che fu un fatto del tutto casuale. Fu una nostra iniziativa. Bruciammo l’auto di Luigi Notarangelo e di una persona che aveva una pescheria, per intimidirlo”.
Dei fatti, Raduano ne parlò anche con Enzo Miucci a casa del quale si recava “ogni settimana”.
Dell’omicidio di Marino Solitro, Raduano ne parlò con Miucci “a cose fatte, senza metterlo al corrente preventivamente. Gli spiegai tutta la situazione”. Miucci però avrebbe disapprovato. “Mi disse che avevo sbagliato perchè non gli avrei dovuto far commettere quell’omicidio. Mi disse anche che avrei dovuto essere io a farlo senza, per questo, dire che lo avevo compiuto”.
Questo perché, secondo Miucci, “avrei dovuto stare attento io stesso a loro. In effetti, poi, a spararmi a stato, tra gli altri, Gianni Iannoli”.
L’ARRESTO DI MARCO RADUANO
PROFILO
Raduano, 40 anni, di Vieste, era evaso dal braccio di alta sicurezza del carcere di Nuoro calandosi dal muro di cinta del penitenziario con delle lenzuola annodate.
Su di lui gravavano condanne che avrebbe dovuto finire di scontare nel 2046. Una ventina di giorni prima della fuga, il 3 febbraio 2023, gli era stata notificata una nuova condanna, diventata definitiva, a 19 anni di reclusione, più tre anni di libertà vigilata, dopo che la Cassazione aveva giudicato inammissibile il ricorso da lui presentato.
Si tratta di una condanna legata alla maxi operazione antimafia “Neve di marzo”, coordinata dalla Dda di Bari e portata a termine a Vieste nell’ottobre del 2019 quando fu sgominata un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, aggravato dal metodo mafioso, che utilizzava anche armi da guerra.
Marco Raduano era nella lista dei primi 10 ricercati italiani più pericolosi stilata dall’Europol.
LA CONDANNA
Raduano era stato condannato a 24 anni di reclusione per essere a capo di un’organizzazione criminale di stampo mafioso, per traffico di droga, detenzione illegale di armi e altri reati.
Il boss è nato il 14 settembre 1943 e secondo l’Europol era a capo dell’organizzazione criminale operante nell’area del Gargano di Vieste, federata ad altri clan di Manfredonia. Ricopriva i ruoli di promotore e organizzatore e avrebbe organizzato omicidi, traffico di droga e gestione del racket estorsivo. Negli ambienti della criminalità foggiana era conosciuto con i soprannomi di “Pallone” o “Woolrich”. La sua evasione, compiuta con il più classico e cinematografico escamotage, quello delle lenzuola arrotolate, era stata immortalata dalle videocamere di sorveglianza del penitenziario. Il video della fuga di Raduano aveva fatto il giro del web.
Dopo meno di un anno però, la sua fuga è terminata.
Con un comunicato stampa, i carabinieri del Ros hanno fatto sapere che oltre all’arresto di Raduano, avvenuto col supporto in fase esecutiva della Gendarmeria francese e della Unidad central operativa della Guardia civil spagnola, è stato arrestato anche un secondo latitante, Gianluigi Troiano. Troiano, che faceva parte del clan Raduano, proprio come il boss era stato condannato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso e dal fine di agevolare l’attività dell’associazione operante da almeno un decennio nel comprensorio di Vieste. (I PARTE).
Il pallone…, si è sgonfiato
Ma quanto è bella la libertà? Quanto è bello svegliarsi e andare a lavoro e guadagnarsi da vivere onestamente? Ora? A poco più di quarant’anni resterà a guardare la vita degli altri da dietro le sbarre di una prigione. Questi sono i BOSS. Io voglio essere un poveraccio ma vivere da uomo libero.
Fanno prima i boss e poi piangono la galera….. Altro che lo ha fatto per la famiglia…… Si è pentito perché nn hanno le ….. Per affrontare la galera. Pallone si ma gonfiato. Quando il carcere nn è per voi zappate la terra. Avete ucciso persone che non meritavano la morte.