Manfredonia (Fg), 26 ottobre 2022 – A sessant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, celebrare questo evento non significa tanto perdersi in nostalgiche rievocazioni, quanto piuttosto tentare di capire a quali sfide la Chiesa di allora ha cercato di rispondere, e che cosa quei documenti hanno ancora da dire oggi, di fronte ai grandi mutamenti del nostro tempo, a credenti e non credenti.
Annunciato da Papa Giovanni XXIII nel 1959, dopo tre anni di preparazione, il Concilio cominciò solo l’11 ottobre del 1962, con il discorso inaugurale di Papa Roncalli “Gaudet Mater Ecclesia”. Furono necessari tre anni di preparazione per poterlo avviare. La morte di Giovanni XXIII, avvenuta il 3 giugno del 1963, rischiava di compromettere il prosieguo dei lacori. Ma fu l’occasione per avere un altro grande Papa. Il 21 giugno 1963, infatti, viene eletto l’arcivescovo di Milano, card. Montini, col nome di Paolo VI, il quale, il 29 settembre del 1963, riapre i lavori che termineranno l’8 dicembre del 1965.
Il mondo era da poco uscito dalla 2ª guerra mondiale. Vi era stato Auschwitz, che aveva messo in crisi tutto l’impianto della teodicea cattolica e non solo. La domanda “Dov’era Dio nei campi di concentramento?”, aprì una discussione filosofica e teologica che produsse il filone della “Teologia della morte di Dio”, fino a un piccolo libretto del filosofo ebreo H. Jonas dal titolo “Il concetto di Dio dopo Auschwitz”.
Da poco si era entrati nell’era atomica e in piena “Guerra fredda”, col muro di Berlino appena costruito nel 1961, mentre, quasi contemporaneamente all’apertura del Concilio, tra il 16 e il 29 ottobre 1962 si è rischiato lo scoppio della Terza guerra mondiale con la crisi dei missili a Cuba. Nel frattempo, cominciavano ad essere gettati i primi semi del futuro Sessantotto: da un lato la rivoluzione sessuale, con le teorie di Marcuse e di W. Reich, e dall’altro l’emancipazione femminile dopo il testo di S. de Beauvoir dal titolo “Il secondo sesso”, che avrebbe poi preparato l’era del divorzio e dell’aborto.
Si entrava in una nuova cultura dei diritti e si scoprivano i valori della libertà, dell’uguaglianza, della diversità e del pluralismo, della democrazia, mentre la religione veniva criticata e ridotta a semplice esperienza di alienazione e di repressione. Si stava preparando il clima che avrebbe portato alla grande contestazione giovanile, vissuta come contestazione contro il principio di autorità nelle sue diverse forme: politica, religiosa, educativa, morale, istituzionale, che porterà all’evaporazione del padre e alla crisi della famiglia patriarcale.
Cominciavano ad emergere le prime conseguenze negative del neoliberismo e del capitalismo quali modelli economici che mettevano al centro il solo profitto e la speculazione, le logiche del mercato e dello sfruttamento indiscriminato delle risorse sia umane che naturali.
Si iniziava a percepire l’iniquo divario tra paesi sviluppati e paesi più poveri, soprattutto quello tra mondo occidentale – capitalistico e predatore – e tutti i territori delle ex colonie, fino ad allora sfruttate dalla logica imperialistica e colonialista. Stava maturando l’idea secondo cui l’Europa “cristiana” si era macchiata di secoli di schiavismo e di colonialismo per lo sfruttamento delle materie prime, depauperando e lasciando arretrati i due continenti africano e asiatico, mentre nuove istanze di liberazione cominciavano ad emergere soprattutto in America latina. Tutto ciò richiedeva un nuovo modo di pensare al’azione missionaria della Chiesa, spesso associata a forme di civilizzazione e cristianizzazione forzata, a forme di potere che non perseguivano assolutamente il bene dei popoli
Rispetto a tutte queste istanze la Chiesa aveva compreso che era in forte ritardo rispetto a un mondo ormai diventato “adulto” (D. Bonhoeffer), il quale scopriva che, dopo lunghi secoli di dipendenza dalla religione, ora ne poteva tranquillamente fare a meno. Il Concilio è stato anche questo: un tentativo di colmare il divario tra quello che essa annunciava e i grandi cambiamenti socio-culturali e geopolitici che rendevano obsoleto il suo modo di comunicare. I padri conciliari hanno dovuto prendere atto del lento e progressivo processo di secolarizzazione della cultura e di laicizzazione dello Stato, della scuola, e di lì a poco anche della famiglia.
Molte filosofie avevano definita la religione “oppio dei popoli” o strumento dei potenti per soggiogare le masse. Nietzsche, Marx e Freud, avevano sostituito alla visione cristiana della vita e del mondo il materialismo, l’ateismo e il nichilismo, a cui si andava aggiungendo lo scientismo.
Era anche il periodo del dominio delle grandi ideologie e la Chiesa aveva davanti due grandi concorrenti: il capitalismo e il socialismo, ciascuno con una visione dell’uomo molto diversa dal cristianesimo. Si cominciò a sentire l’esigenza di mettere mano a un nuovo umanesimo che fosse – secondo la felice formula di J. Maritain – “integrale”, capace cioè di unire le istanze della vita terrena con quelle spirituali. A tale scopo, un grande contributo venne dato dal Personalismo comunitario di E. Mounier, che nel concetto di “Persona” unì dimensione individuale e sociale.
Di fronte a tutte queste sfide, le direttrici che il Concilio intraprese furono tante. Per prima cosa il ritorno alle fonti, in particolare alla Parola di Dio e ai Padri della Chiesa, rivedendo, con la Costituzione “Dei Verbum, il rapporto tra Rivelazione e Tradizione. In secondo luogo, con la “Lumen gentium”, si propose una nuova visione della Chiesa, non più intesa come ”monarchia”, sedotta dal potere temporale, ma, usando metafore più bibliche, come “sposa”, “vigna”, “podere”, e soprattutto, “corpo” costituito da tante membra unite tra di loro dalla fede in Cristo Gesù. Una Chiesa-popolo, in cammino verso la santità, fatta di laici e ministri, accomunati dall’unico battesimo che rende tutti profeti, sacerdoti e re.
In terzo luogo, l’apertura al mondo concretizzata nella costituzione “Gaudium et spes”. Non più un mondo da giudicare o condannare, ma da ascoltare e con cui dialogare, per affiancarlo e aiutarlo a promuovere l’uomo nella sua dignità e libertà. Non un mondo da cui fuggire, ma una realtà in cui impegnarsi con spirito di servizio e non con l’intenzione di dominare. Ne è testimone l’incipit della Gaudium et spes: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore (…). Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia”. Conseguenza di ciò fu la grande attenzione che si diede ai fedeli laici, chiamati a costruire la città degli uomini impegnandosi nei vari settori della vita sociale, della politica, dell’economia, della cultura, della scienza, della famiglia e dell’educazione. Espressione di tale nuova centralità fu il Decreto “Apostolicam actuositatem”.
Una quarta direttrice fu l’apertura alle altre religioni e alle altre confessioni cristiane, aprendo così la nuova stagione del dialogo ecumenico e interreligioso, specie con gli ebrei considerati ormai come dei “Fratelli maggiori”. Ciò avvenne con la Dichiarazione “Nostra aetate” e il Decreto “Unitatis Redintegratio”. La Chiesa non si sentiva più unica detentrice della verità. Era necessario perseguire l’ideale della unità, della fraternità e della comunione.
La quinta direttrice fu una nuova visione dell’uomo che tenesse conto di tutte le scoperte fatte sia nel campo delle scienze naturali che di quelle umane, come la psicologia, la sociologia, l’antropologia culturale, etc. Importante è stata l’apertura verso i non credenti, abolendo la distinzione tra chi crede e chi non crede, e parlare di cercatori: di Dio e dell’uomo.
Innovativo fu anche il metodo adottato dal Concilio, basato su due punti fondamentali: discernimento e dialogo con tutti, con i credenti, con gli scienziati, gli intellettuali, gli artisti, i giovani e le donne, tutte categorie alle quali il Concilio, nella sua fase conclusiva, ha inviato lettere specifiche per chiedere a tutti di contribuire al progresso dell’intera umanità, in termini di solidarietà e fraternità, di sviluppo e di pace.
A cura di Michele Illiceto
Belle parole…una dialettica che fa innamorare…Ma la pratica? Il fare?…
Qualcuno chiama la per far dare un appuntamento con il vescovo a Manfreonia (su consiglio istituzionale), per una signora che si ritrova per strada anche a dormire, senza avere da mangiare o bere o servizi…
La risposta: il vescovo non c’è…se ne parla il 3…
Domanda: e la signora stà per strada fino al 3?
Gentilmente…ritiratevi…che a Roma il vescovo romano ha già dichiarato la terza guerra mondiale. A Manfredonia, tutto questo sistema…la finisca…altrimenti s’inizia a fare sul serio…
P.S.
un canonico per le emergenze: Sac. Fernando Piccoli…
Con il mastodontico complessivo edilizio delle chiese di Manfredonia e quello vicino la cattedrale potrebbe ospitare decine di persone senza casa..
Stato pontificio = Gerarghia e dominio e tradizioni su tante anime desiderose di conoscere la verità (Matteo 23:13)
Solo religiosità e dottrina unana,nulla che vedere con la Parola di Dio….
Apocalisse 22: 18-19
” Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell’albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro.”