Manfredonia (Fg), 26 novembre 2022 (Futuriparalleli) – Se qualcuno del secolo scorso tornasse in vita, si meraviglierebbe dell’ipertrofia di voci e parole… Una “babele” che non gli permette, però, di vedere, di capire quanto avviene.
Nella pandemia vi è stata riduzione della partecipazione pubblica, isolamento forzato, congelamento delle relazioni interpersonali. Un’anomalia democratica, per alcuni. Ma per quelli impegnati nel governo delle città e nei partiti non c’erano aspetti negativi, anzi, le riunioni online, la rarefazione del dibattito, alcune verifiche e scadenze rinviate, risultavano persino positive.
La crisi del dibattito pubblico non è dovuta alla pandemia. La crisi viene da lontano e coincide con un profondo cambiamento sociale e culturale delle nostre città, che ha portato alla scomparsa dell’opinione pubblica, la parola chiave del liberalismo classico. E’ essa infatti che permette l’elaborazione dei punti di vista nella comunità, e cioè la precondizione del processo democratico.
L’opinione pubblica era sì orientata dai partiti, ma vi erano categorie che “alzavano la voce”. Insegnanti, avvocati, medici, ingegneri, sacerdoti… strati di persone non numerose ma autorevoli, animavano i dibattiti, scrivevano sui giornali locali, creavano un minimo di opinione pubblica. Nel secolo scorso anche i centri di 20 – 30 mila abitanti avevano testate settimanali e tanti fogli occasionali. Non c’era silenzio e nessuna paura a contrapporsi. In quel periodo (Anni Settanta e Ottanta) sono avvenute molte cose: Comprensori di comuni, Comunità montane, leggi urbanistiche e ambientali, organi collegiali nelle scuole, emancipazione delle donne… E tutto ciò provocava discussioni e contrapposizioni. Sfogliando i giornali di quegli anni si vede ciò che avveniva: movimenti, opinioni personali, satira, scontri politici… una rappresentazione teatrale, un libro… suscitava discussioni. Quello che accadeva a scuola si rifletteva nella città.
Con la crisi della politica si “trasforma” il partito, si scheggia e si frammenta il potere. I partiti non più comunità di valori, ma luoghi di mediazione (quando va bene) di lobbie e interessi. La crisi ha lacerato il tessuto della opinione pubblica. Nei centri medi e piccoli del Sud le élite non sono interessate alla cosa pubblica. Mancano punti di vista originali. “Come è possibile, direte, se sulle reti vi è la moltiplicazione di voci, simultanee, continue?” E’ vero. Ma non costruiscono opinione pubblica. Alimentano polemiche, non confronti. A Manfredonia, per “luminarie” e l’installazione del Titanic, sui giornali online, decine di interventi. Un aggiornamento in tempo reale, una ridda di pareri. Eppure non si riesce a capire che cosa è accaduto e accade. E per gli scavi di Siponto? Almeno una decina di articoli (“Abbiamo un tesoro sotto i nostri piedi“), tutti in concorrenza per dire la stessa discutibile cosa!
La desertificazione dell’opinione pubblica è data anche dalla perdita di omogeneità delle élite; gli ordini professionali non esprimono più una cultura territoriale e non contano più nulla. I percorsi di successo sono perseguiti sulla base di legami e amicizie, basandosi su interessi individuali per la natura, l’arte, il teatro… E’ un aspetto positivo la partecipazione personale a eventi culturali, ma le classi dirigenti locali nel complesso si mostrano meno disponibili di un tempo a condividere e promuovere uno sviluppo culturale come bene pubblico (se non sotto forma di consenso).
La Provincia italiana (in particolare nel Sud) non produce più idee, né dibattito. Si “strausa” la parola pragmatismo (il fare), che non diviene confronto di posizioni, radicato nelle situazioni, condiviso da gruppi e persone. Anzi il confronto pubblico è evitato con cura. A Manfredonia, di fronte a critiche e suggerimenti, si sono seguite due strade: il silenzio, pervicace, continuo (la sede PD chiusa per mesi appartiene alla storia, mentre i dirigenti restavano chiusi in una bolla); oppure l’attacco preventivo a chi interviene o sta per intervenire (anche consiglieri comunali eletti per “vigilare e interrogare”). Sono accusati, prima ancora di parlare, di fare polemiche, di non amare la città. Una doppiezza irritante: sul piano personale disponibilità, cordialità, ma su quello pubblico cala una saracinesca. Un contesto ipocrita, apatico, che rende la città poco attraente per i giovani. Una situazione di torpore nell’intera Provincia. Pesa la perdita dei residenti (meno 100 mila in pochi anni!), la partenza di giovani ed anche le ridotte funzioni amministrative, che comunque alimentavano nei piccoli comuni un vivace neo-municipalismo.(Futuriparalleli)
Egr. Professore quello che si asserisce è parzialmente vero e mi riferisco solo a due aspetti la rappresentatività della politica alle esigenze collettive e le forme di partecipazione popolare.
Per quanto alla prima, non si può non sottacere che è da parecchio che la politica non parla più al cuore della gente e ciò, e qui subentra il secondo aspetto, perché essa ha smesso o meglio ha ovattato le richieste popolari mentre ha maggiormente aperto le orecchie alle richieste ed ai compromessi di chi gestiva i particolari interessi, non attuandoli seppure erano trascritti in atti pubblici… “esempio, convenzioni edilizie, da ultimo i famosi comparti; come anche la mancata materializzazionehedi opere deliberate, approvare all’unanimità, progettate e coperte da finanziamento pubblico di cui si sono pagate le relative rate…e ciò senza che le opere fossero iniziate, es. passerella pedonale per l’attraversamento dei binari da Lungo Mare del Sole…(non il ponte) la cui necessità per i residenti…cittadini, alunni/scolari, anziani, casalinghe ecc.. restano ancora evidenti.
Come si vede sono alcune opere che interessano tutt’ora la collettività, porsi delle domande di dov’era la politica è cosa buona e giusta atteso che essa dovrebbe essere preposta alla gestione dell’interesse collettivo/pubblico.
Quello che manca, da diverso tempo, è la mancanza di rappresentatività che si è tradotta nel corso degli anni passati e forse maggiormente lo sarà nel futuro dell’astensione dal voto…ritenuto, non a torto, solo la chiave per dare un posto di privilegio ai fini retributivi e contributivi agli eletti, in particolare ai cosiddetti “Onorevoli”.
C’è bisogno di un vento nuovo di una nuova primavera che risuggelli quel “Nobile patto rappresentativo” tra elettore/cittadino ed eletto finalizzato esclusivamente alla cura e gestione di quel interesse pubblico tanto decantato e tanto vituperato. La stiamo vivendo in queste ore, la tragedia di Ischia e non solo, quello che emerge sempre è la realizzazione, rilrvatasi fallace, di interi centri abitati coinvolti in crolli e dissesti dovuti al selvaggio uso del territorio/suolo dove la natura , malamente asservita dall’uomo, si prende le sue rivincite causandone distruzione e tragedie e morti.
Mi fermo qua.
Quello che manca è il taglio delle mani ai ladri e l’estensione del 41 bis.
Signor Cascavilla sai cosa ci vogliono a Manfredonia?le manette !!!!! i poteri forti sono sempre stati e sono protetti in questo paese (parlo di –) !!!…mi può dire perché nessuno ha il coraggio di dire qualche volta ma la PROCURA ,come mai non è mai entrato a palazzo San Domenico per capire cosa sta succedendo ?(maaaaa)ci può spiegare il motivo ?……..eppure sono assai le violazioni che i cittadini stanno denunciando e nessuno li sente …..un consiglio voglio dare ,attenzione a chi parla sempre di legalità !!!!!!!!!
Tale e quele a tte d quanne si stete assessóre di chiacchiere mórte. Ch ‘amma fé da felosofùije. Nn jenghije panze!