MANFREDONIA (FOGGIA) – (di Maria Teresa Valente) In questa Giornata della Memoria, la storia del sipontino Giacomo Palmieri si intreccia con quelle di molti altri manfredoniani, di cui tante restano ancora sconosciute.
La ragione? I sopravvissuti all’orrore, come Giacomo, spesso non avevano la volontà di condividere con le loro famiglie gli eventi tragici vissuti durante la seconda guerra mondiale.
Era il 1940 quando, appena ventenne, Giacomo venne arruolato nella fanteria italiana e da Manfredonia fu trasferito in una Francia già occupata dai tedeschi.
Da quel momento il suo destino si legò agli eventi che cambiarono per sempre il corso della storia.
Il giorno seguente allo storico 8 settembre 1943, fu catturato dai tedeschi e messo di fronte ad una scelta: arruolarsi con la repubblica di Salò oppure essere imprigionato. Giacomo scelse la prigionia, mantenendo fede al giuramento del regio esercito italiano.
La sua scelta lo condusse in un campo di concentramento, situato probabilmente nel sud della Francia ai confini con i Pirenei. Un inferno di umiliazioni e lavori forzati, dove la dignità umana veniva calpestata ogni giorno.
L’incubo perdurò per oltre un anno, con Giacomo e i suoi compagni sottoposti a condizioni inumane.
Molti persero la vita in tragedie silenziose, come quelli che trovarono la morte affogando in un fiume impetuoso, mentre cercavano di costruire un ponte.
In quel carcere a cielo aperto, Giacomo resistette per oltre un anno, finché un ‘provvidenziale’ bombardamento alleato gli offrì la via della fuga insieme ad altri prigionieri.
Dopo avventure e peripezie tra campi sconosciuti, fu intercettato dagli alleati presenti nelle terre francesi.
Ma la sua odissea non era ancora giunta al termine; gli alleati lo reinternarono in un campo di concentramento nei pressi di Caserta.
Solo dopo accurati accertamenti fu rispedito nella sua amata Manfredonia. Giacomo tornò a casa quando la guerra stava per finire, dopo quasi cinque anni di assenza.
Scoprì con amarezza che i genitori erano morti e con commovente ed amorevole sorpresa che la fidanzata aveva atteso il suo ritorno.
Una foto di quel periodo ritrae Giacomo con l’amico di San Marco in Lamis, suo compagno di sventure. Partirono insieme, affrontarono insieme le tempeste della guerra e ritornarono insieme alle loro radici.
Dopo l’addio al bivio di San Giovanni Rotondo sulla strada per Manfredonia, i due amici persero le tracce l’uno dell’altro: non si rividero e sentirono mai più. Forse, fu una scelta consapevole per evitare di risvegliare i ricordi dolorosi di quei giorni tragici.
L’ironia della vita riservò a Giacomo una nuova sorpresa negli anni ’50, quando emigrò in Germania per lavoro. Un gesto che, in qualche modo, chiudeva il cerchio con quei tedeschi che un tempo erano stati nemici, ma che ora gli offrivano una nuova speranza.
Il 27 gennaio 2021, la famiglia di Giacomo Palmieri ha ricevuto in Piemonte una medaglia alla memoria, un tributo postumo al soldato che visse l’inferno dei campi di concentramento. A ritirare questo riconoscimento è stato il nipote omonimo, carabiniere a Torino.
Nonostante il meticoloso impegno del nipote, che ha portato al riconoscimento di diverse onorificenze, Giacomo non ebbe mai l’opportunità di vedere questi onori, essendo deceduto nel 1978 all’età di 58 anni.
La storia di Giacomo Palmieri è un simbolo di molte vicende simili vissute dai nostri concittadini. In questo Giorno della Memoria, riflettiamo su queste storie spesso sepolte, ricordando come il coraggio della memoria possa illuminare l’oscurità del passato.
Per non dimenticare.
NB: Ringrazio Domenico Palmieri, figlio di Giacomo, per avermi raccontato la storia del suo papà.
A cura di Maria Teresa Valente