Peschici – ”I monasteri benedettini del Gargano furono centri di vita e di spiritualità. I ruderi di questa civiltà, dimenticati tra i rovi e le ortiche, in questi ultimi anni sono stati rivisitati, e richiamati in vita per testimoniare il loro illustre passato, ma anche per richiamare l’attenzione dei tanti visitatori che affollano le spiagge del Gargano, nell’intento di limitare l’asimmetria economica tra i Comuni dell’interno e quelli rivieraschi. E così l’Abbazia di Pulsano, affacciata sul magnifico golfo, e l’Abbazia di Monte Sacro, in un’oasi di silenzio e di pace, compaiono negli itinerari culturali e spirituali del Gargano, insieme al Santuario di San Michele Arcangelo.
Manca all’appello l’Abbazia di Kàlena, in agro di Peschici (Foggia).
Finita nelle disponibilità di un patrimonio privato, l’Abbazia è al centro di un contenzioso che si trascina da anni tra la Proprietà e le Istituzioni dello Stato preposte alla sua tutela. Una Proprietà (la famiglia Martucci) che ha depositato qualche tempo fa in Soprintendenza e al Comune di Peschici un progetto per la trasformazione dell’Abbazia di Kàlena in un relais a cinque stelle, con annessi campo da golf e piscina. La notizia non sorprende nessuno vista la devastazione del paesaggio da Vieste a Peschici. Indigna, però, perché Càlena è l’unica e l’ultima reliquia storica, in un territorio sovraccarico di stelle cadenti che emanano fumo di pizze e panzerotti. Giuseppe Martella, un uomo di mare uscito da una pagina di Conrad, cui è stato titolato il nostro Centro Studi, passò gli ultimi anni della sua lunga vita, a Peschici, a indagare su Kàlena e sui trascorsi della Puglia con le terre illiriche, sicuro che le stelle della storia non saranno mai cadenti e continueranno a essere «coscienza critica della modernità».
E’ dal 1997 che stiamo sollecitando le istituzioni e la cittadinanza (non solo di Peschici ) a salvare l’abbazia, ma il nostro appello è rimasto in parte inascoltato. Mille promesse, i fatti pochi, anche se importanti rispetto al passato. L’abbazia oggi, al contrario del 1997, è totalmente vincolata, compresa una piccola area prospiciente (la cosiddetta area di rispetto). C’è stato un piccolo intervento della Soprintendenza per risanare le creste murarie, a spese della proprietà (chiamasi intervento a danno). La statuetta della Madonna di Kàlena è stata restaurata ed affidata alla Chiesa Matrice di sant’Elia profeta.
Ma il nostro sogno è di vedere l’abbazia restaurata nella sua interezza e restituita alla fruizione dei fedeli e dei cittadini del mondo, desiderosi di conoscere la nostra storia millenaria. Solo la volontà politica (che finora è stata velleitaria per non dire assente) potrebbe realizzare questo sogno. Basterebbe espropriare l’abbazia per pubblica utilità! Sarebbe veramente ora di fare questo passo decisivo! Altrimenti l’abbazia è persa! Ha raggiunto uno stato di degrado davvero inaccettabile per un monumento del IX secolo d.C.
Si spera che anche il FAI prenda a cuore le sorti di Kàlena, da noi segnalata nelle varie edizioni dei censimenti “I Luoghi del cuore””.
S.O.S. KALENA: SE NON ORA, QUANDO?
(Teresa Maria Rauzino – presidente Centro Studi Martella di Peschici)
Post Scriptum: Con il recentissimo caso di Villa Massoni, a Massa, si è creato un importante precedente per i casi di beni culturali di proprietà privata in precarie condizioni di conservazione.
“La Procura, in via assolutamente inedita, ha aperto un fascicolo a carico dei due proprietari […] i quali dovranno adesso rispondere dell’accusa di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, come previsto dell’articolo 733 del codice penale” (“La Nazione”). E la villa è stata posta sotto sequestro. La procura ha semplicemente applicato la legge, il dispositivo dell’art. 733 del Codice Penale che recita: “Chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un’altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico, o artistico nazionale, con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda non inferiore a duemilasessantacinque EURO. Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata”.
Trattasi di reato proprio, in quanto può essere commesso solo dal proprietario e, secondo l’orientamento dottrinale ora maggioritario, anche dal possessore o dal detentore.