Tra le specie di lumache che vivono ancora numerose nell’agro sipontino (non come un tempo) voglio ricordare: “Ciamaruche de terre e de prote” (Rigantella Helix Eobania) sono chiocciole che vivono sotto le pietre, nelle fessure dei muri a secco “macere”, nei terreni incolti e tra i tronchi degli alberi; ”Munacèlle” Monacelle (Helis aperta Born opercolata). Queste lumache così denominate, perché ricordano il nome dal saio dei monaci, hanno il guscio di color marrone fragilissimo e trasparente. Vivono nascondendosi sotto terra nei terreni non coltivati e dediti al pascolo; “Ciamaruchèlle” (Theba Pisana) piccole lumache di terra e di sabbia). Queste lumachine è possibile trovarle anche tra le ristoppie “i restòcce” del grano, e poi nelle zone incolte del nostro agro e negli arenili; “Cervune” (Helix aspersa mullere), lumaconi dal guscio verdastro che vivono lungo i canaloni del nostro agro in zone paludose); “Ciamaruche all’anite” (le Limacce), così denominate perché prive di conchiglia, non commestibili in loco. Dal mese di giugno, dopo un temporale le lumache e le lumachine escono dai loro nascondigli e strisciano in ogni dove. Si dileguano, però, appena esce il sole e si nascondono. A Manfredonia, un tempo, in particolare nel mese di settembre, dopo un acquazzone, in zona strada per San Giovanni Rotondo, nei terreni non coltivati, da sotto le piante di “velòzze” e “frèvele” uscivano migliaia e migliaia di “munacèlle”, che attraversavano quella strada provinciale rendendola scivolosa e pericolosa per l’incolumità di persone che transitavano con i loro mezzi motorizzati. A tal proposito, ricordo un anno, all’imbrunire dopo una partita di calcio estivo giovanile giocata a San Giovanni Rotondo, stavamo ritornando a Manfredonia con alcuni amici calciatori “ndu socinde fameliere” in una Fiat 600 Multipla alquanto sgangherata. Siccome aveva piovuto a Manfredonia, la strada era intasata da migliaia e migliaia di lumachine “i munacelle” che rendendo l’asfalto viscido provocarono l’uscita di strada del nostro automezzo, fortunamente senza provocare danni a nessuno dei calciatori che viaggiavamo in macchina. A Manfredonia, quella zona di terreno incolto sulla strada di San Giovanni Rotondo, era considerata “a mamme i Munacèlle” (la madre delle Monacelle). Sotto le piante di asfodelo denominate in loco “i bburrazze” o “bburracce” e sotto le piante di ferula communis “frèvele” viveva un tempo un incredibile numero di lumachine della specie “Xelix aperta Born opercolata”. Va precisato, che lo stelo dell’asfodelo viene chiamato in loco “velòzze”. Altra zona dove “le monacelle” vivevano in gran quantità era Monte Aquilone “Monde Chelòne” in zona tufare di Santa Lucia sulla statale 89 per Foggia. Fino agli anni ’60-’70 del secolo scorso venivano numerosi con i loro mezzi di trasporto dal barese ma anche dalla provincia di Napoli, raccoglitori-terrazzani che portavano via ogni volta, dopo le prime piogge di settembre, una quantità enorme di queste prelibate lumache. In loco, a proposito di “munacèlle”, c’è un antico canto-gioco per bambini tramandato oralmente che così recita: “Rota rote i munacèlle, i munacèlle pazzjiéme, rota rota i munacèlle, i munacèlle pazzjiéme, rota rote Marjie a pacce !”.
Le specie di lumache che vivono in agro sipontino, hanno caratteristiche diverse nei comportamenti. Mentre “i ciamaruche e i cervune” sono chiocciole alquanto solitarie, “i ciamaruchèlle” le lumachine vivono in gruppo, e dopo un temporale, poiché sono stanziali, non si disperdono e si ritrovano nello stesso luogo insieme attaccate a piante o alberi. Quando una lumaca viene catturata in giovane età, va evidenziato che ha “u mosemòdde” il bordo del guscio molto fragile che si sbriciola facilmente quando viene cucinata. Quando non piove per molto tempo durante l’estate, ma anche durante il letargo invernale, le lumache si chiudono nella conchiglia secernendo bava solidificata che crea un tappo. Va anche detto che la bava (quella sostanza trasparente e viscida che le lumache rilasciano quando strisciano sul terreno) viene denominata in vernacolo: “u lappe i ciamaruche”, “u mocche” oppure “a muccàcce”.
MODI VARI DI CUCINARE LE LUMACHE DI TERRA A MANFREDONIA:
“Ciamaruche e Ciamaruchèlle” pa pemedora fresche pi recchietèlle ruche e fenucchille alla sepundine”. (Lumache e lumachine con orecchiette fatte in casa, sughetto preparato con pomodoro fresco, rucola, finocchietto selvatico, peperoncino, olio extravergine di oliva, alla sipontina).
Preparazione: Si prende una certa quantità di lumache o di lumachine di terra, si pulisce l’opercolo di chiusura, si mettono a curare per alcuni giorni con un po’ di farina mettendole poi appese in un retino per farle spurgare fuori al balcone. Dopo una settimana, completato lo spurgo, si lavano ben bene sotto l’acqua corrente e si cuociono in una pentola alta a fuoco lento fino alla bollitura. Poi con un mestolo bucherellato si eliminano le impurità che si sono formate. In un’altra pentola, a parte, si fa soffriggere cipolla e aglio in olio extra vergine d’oliva, aggiungendo pomodori o pomodorini a pezzetti. Molte massaie, mettono anche un barattolino di “cungendréte” salsa preparata in casa, per rendere più gustoso il sughetto da prepare. Dopo aver fatto dorare l’aglio cuocendo tutto a fuoco lento, si aggiunge un peperoncino, sale quanto basta e le lumache. A cottura ultimata (dopo circa 15 minuti) il sughetto è pronto. A questo punto mettere a bollire l’acqua in un tegame, aggiungendo prima della cottura della pasta un po’ di sale, la rucola e il finocchietto selvatico già cotti precedentemente “assimete” per conto loro. Prima di servire, mettere nei piatti prima la pasta (le orecchiette), la rucola e il finocchietto selvatico e poi con un mestolo prendere il sughetto preparato insieme alle lumache e versarli nel piatto. Lo stesso sughetto approntato con le lumache o lumachine, viene anche utilizzato come cena e messo su pane raffermo fatto a pezzetti.
“Cepuddete de ciamaruche o de ciamaruchèlle sope u pene” (cipollata di lumache o di lumachine sul pane).
Preparazione: Dopo aver curato le lumache o le lumachine per alcuni giorni, si lavano sotto l’acqua corrente e si mettono a cuocere (mezza cottura) in una pentola. In un altro tegame si fa soffriggere una cipolla grande tagliata a pezzetti, in olio extravergine di oliva, due o tre pomodorini e una punta di peperoncino. A cottura di questi ingredienti, si versa un po’ di acqua “pe bagnè u pene”, sale quanto basta e le lumache precotte. Dopo 8-10 minuti di cottura il sughetto è pronto, per servirlo con un mestolo “u cuppine” in un piatto “cuppite” insieme alle lumache o lumachine sul pane raffermo fatto a pezzetti.
“Munacèlle fritte” o “pa pemedore fresche e pa pasta”. (Monacelle fritte o preparate con pomodoro fresco con la pasta).
Preparazione: Un tempo data la grande abbondanza di queste lumache, le nostre massaie erano solite cucinarle (oggi in forma minore, per via dello sterminio di queste chiocciole perpetrato nel tempo da terrazzani lanzichenecchi) in due modi: con il pomodoro fresco, il cui sughetto veniva fatto con la pasta oppure si facevano fritte con solo farina. Siccome vivono sotto terra, queste lumache hanno bisogno di più tempo per spurgare. Tant’è che vengono curate tenendole almeno per una settimana in un contenitore con un po’ di farina. Alcune massaie, invece, dopo averle infarinate li mettono appese in un retino, fuori l’uscio del pianterreno o fuori al balcone. Dopo lo spurgo, le lumache vengono lavate con acqua corrente. Se devono essere fatte fritte, vengono prima sgusciate, e poi dopo aver eliminato la parte non commestibile delle interiora, vanno infarinate e fatte fritte. Invece, se devono essere preparate con il sughetto, vengono cotte con il pomodoro fresco (meglio se si utilizzano pomodorini maturi), aglio, cipolla a pezzetti e olio extravergine. Il sughetto ottenuto insieme alle lumache, viene versato sulle orecchiette o altra pasta oppure sul pane raffermo. Alcune casalinghe, insieme alle lumache cucinavano anche la rucola e il finocchietto selvatico. I manfredoniani, per la verità, non erano e non sono tanto ghiotti delle monacelle, perché dicono che hanno il gusto amarognolo “sò amaròsche e danne de terre”. Mentre i foggiani e i baresi, sono grandi predatori e mangiatori di queste lumachine. Tant’è che è risaputo, nei loro mercatini “i munacèlle” vengono vendute a prezzi molto alti. I sipontini, invece, prediligono le lumache di terra e di pietre e le lumachine, che tuttora vengono cucinate in vari modi. Anche per i lumaconi detti “i cervune” i sipontini non hanno grande passione culinaria, poiché anch’essi come “i munacèlle” hanno un gusto amarognolo. “I Cervune” (i lumaconi), un tempo venivano cucinati fritti oppure con le patate, come mi riferivano alcune massaie che ho intervistato, mogli di “scialaiule”, di persone che abitavano “ndi padure” nelle paludi dell’agro sipontino.
Ciamaruchèlle pa mènda a nzaléte: Prendere una certa quantità di lumachine e dopo averle curate per alcuni giorni e lavate bene bene con acqua corrente, si mettono a cuocere in una tegame a fuoco lento con un po’ di sale per circa 10-15 minuti. Dopo la cottura, si insaporiscono con olio, aglio aceto e mentuccia o nepitella selvatica fresca denominata in vernacolo manfredoniano: “mendòcce, mendine o ménda ciamaruchèlle”. La mentuccia o nepitella erba spontanea aromatica perenne tipica dell’agro sipontino, e non solo del nostro territorio, viene utilizzata in loco soprattutto per condire le lumachine. Va ricordato che le lumachine, per gustarle al meglio “ce zòchene” si succhiano.
COME MANGIARE LE LUMACHE A TAVOLA
Con un dente della forchetta si fa un buchetto sulla parte superiore del guscio della lumache e si succhiano “e ce zòchene” dalla parte dell’opercolo per gustare al meglio la polpa della chiocciola insaporita dal sughetto che è entrato nella lumaca oppure sgusciandole con uno stuzzicadenti. Il bello delle “ciamaruchèlle” lumachine e “ciamaruche” lumache, che quando si mangiano poiché non ti saziano mai, c’è in loco un modo di dire, che così recita: “mange e mange ciamaruche ma n’ji nde sazzje meje”(mangi e mangi lumache ma non ti sazi mai). Delle lumache di mare invece, che si pescano nel Golfo di Manfredonia e del loro utilizzo nella nostra cucina, ne parlerò in un altro articolo.
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Grande Franco Rinaldi!!!
Anche questa tradizione e ‘ costretta a scomparire, perché per la preparazione e la degustazione porta via molto tempo, e i giovani delle ultime generazioni sono troppe impegnate a ciattare su Facebook o in giro.