Uno dei tanti modi per effettuare tutti i tagli previsti dall’art. 64 della legge 133 Normativa (taglia 8 miliardi di euro e 134 mila posti in tre anni), è aumentare il numero di allievi per classe. Alle superiori, le classi iniziali devono avere un numero minimo di 27 alunni e poi i resti vengono distribuiti fino a 30, ma in sede di organico di fatto si potrà pure arrivare a 33.
Sono numeri che faranno andare le aule scolastiche ed i laboratori fuori norma: sia in riferimento agli indici minimi di funzionalità didattica (D.M. 18 dicembre 1975, che stabilisce i parametri spaziali minimi a disposizione di ogni persona presente nei locali scolastici, 1,80 metri quadri netti per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado, 1,96 metri quadri netti per le scuole secondarie di II grado), sia per la prevenzione incendi (D.M. 26 agosto 1992, che stabilisce il limite massimo di persone presenti in un’aula nel numero di 26.).
LE TESTIMONIANZE DIRETTE – Milena, insegnante abilitata, dopo un anno di supplenza, si è vista “tagliare” i sacrifici di una vita, e purtroppo la lista di giovani insegnanti a pagare il prezzo della riforma è lunga. Magari dopo cinque anni di università e le diverse abilitazioni, così come richieste dal governo, per poter accedere alle classi di insegnamento, ora i posti disponibili sono drasticamente ridotti. Allora, perché non ridurre prima le prospettive lavorative di migliaia di giovani? Perché indurli a iscriversi all’università e costringerli alle abilitazioni, con aggiunta di salatissime tasse da versare, per poi restare con un pugno di sabbia tra le mani? Milena conferma a Stato: “Questa legge comprometterebbe l’offerta formativa, pregiudicando gli interventi individualizzati da parte del corpo docente volti ad elaborare percorsi formativi finalizzati all’ottimizzazione del profitto scolastico e allo sviluppo delle potenzialità individuali e quindi, favorendo la dispersione scolastica soprattutto di quegli studenti con difficoltà di approccio a determinate discipline che non potrebbero essere seguiti dagli insegnanti in maniera specifica”. Dal 2010 cesseranno di aver validità le graduatorie permanenti per l’accesso ai ruoli. Ogni anno vengono assunti mediamente solo 3 docenti SSIS ogni cento (quest’anno sono stati il 2,8%); quindi nel 2010 saranno entrati nei ruoli al massimo 4200-4500 abilitati SSIS contro 145.500 insegnanti provenienti da altre procedure abilitanti. Questo significa che, essendo i docenti SSIS attuali circa 100.000, resteranno fuori dall’insegnamento oltre 95.000 docenti specializzati. Nel 2010 sono state annullate le graduatorie permanenti. Le nuove assunzioni, da allora, avranno luogo attraverso nuovi concorsi (che non agevoleranno di certo, viste le premesse e le intenzioni di tutte le aree politiche, gli insegnanti specializzati). Immaginate un uomo di 40-50 anni, docente di lettere precario abilitato fin dal superamento del concorso del ’99 o a seguito di frequenza della SSIS. Se entro tre anni non verrà assunto in maniera stabile nella scuola, lo Stato lo costringerà a un nuovo concorso per dimostrare nuovamente la sua idoneità all’insegnamento. Dopo avergli permesso di insegnare per anni. Fino al 2009 il prof di lettere precario sarà considerato idoneo. Dal primo gennaio 2010 dovrà ridimostrare tutto.
La riforma della Scuola Superiore che entrerà in vigore in tutta Italia dal prossimo settembre prevede un grosso impoverimento dell’offerta formativa. Fra i cambiamenti più deleteri sono la riduzione dell’orario scolastico settimanale e la gerarchizzazione del sistema dell’istruzione superiore che pone i licei, in particolare il liceo classico, come scuole di “serie A” e gli istituti tecnici e professionali in “serie B” e “C”. Ciò ha determinato un calo significativo delle iscrizioni agli istituti tecnici e professionali. Lo stesso fenomeno si era già verificato ai tempi della riforma Moratti, che prevedeva la liceizzazione di tutta la scuola superiore. Nei due anni del governo Prodi questa tendenza è stata invertita in modo significativo, in coerenza con gli indirizzi di valorizzazione e di sostegno di questi settori della scuola superiore. A seguito di questo calo di iscrizioni le professionalità tecniche che mancano nel mercato del lavoro italiano diventeranno ancora più rare. Agli istituti tecnici e professionali sono rivolti il taglio delle ore, il dimezzamento delle ore di laboratorio, l’abolizione della compresenza tra insegnanti teorici e tecnico-pratici, la riduzione delle lingue.
Milena interviene: “Una scelta sbagliata, che riduce le opportunità di futuro per i giovani e per il Paese. Oltre ai danni già compiuti dalla riforma, il Governo continua a lanciare proposte preoccupanti per il futuro come la regionalizzazione del personale scolastico, che inasprirà fortemente il divario fra regioni, penalizzando gli allievi stessi. L’albo regionale sarà più di ostacolo che un vantaggio per quanto riguarda la selezione del personale, creando forti disparità e anche poca trasparenza sugli sviluppi di carriera. Giusto è il ricorso al concorso pubblico a livello regionale, ma insensato è chiedere la residenza come requisito per l’accesso al pubblico impiego o come titolo di merito o di preferenza. Tutto il personale scolastico deve rimanere statale, le procedure di reclutamento e selezione sono già a livello sia regionale sia provinciale”.
Altra proposta avanzata è quella di accorciare di un anno l’istruzione superiore come accade in altri paesi europei, senza considerare che “L’università nel nostro Paese è molto lontana dai modelli esistenti nel resto d’Europa: non solo qui non ci sono i tutor, ma spesso mancano persino le aule dove svolgere le lezioni.”(R. Di Meglio, coordinatore nazionale della Federazione Gilda-Unams). La novità di questi ultimi giorni, infine, è la proposta di chiudere le scuole nel mese di settembre per favorire il turismo. Il ministro Gelmini dovrebbe favorire il sapere e agevolare il diritto all’istruzione di tutti gli alunni, se veramente volesse una scuola di qualità, e non pensare alle vacanze degli italiani, costretti, alla disoccupazione e al lavoro straordinario.
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