TRANI – Femminicidio di Andria, si è aperto ieri mattina nell’aula della Corte d’Assise di Trani il processo a carico Luigi Leonetti, 51enne di Andria che il 28 novembre scorso ha accoltellato a morte la moglie Enza Angrisano, di 42 anni.
Presente in aula l’imputato – che fin da subito ha ammesso le proprie responsabilità -, mentre non c’erano i familiari della vittima. L’udienza è durata pochi minuti, giusto il tempo di acquisire le fonti di prova prima che il dibattimento vero e proprio entri nel vivo. La difesa di Leonetti rappresentata dall’avvocato Savino Arbore, ha prestato il consenso ad acquisire gran parte degli atti di indagine contenuti nel fascicolo della procura.
In occasione della prossima udienza, fissata per il 25 ottobre, saranno escussi i primi dieci testimoni della pubblica accusa, rappresentata dal pubblico ministero Francesco Chiechi: si tratta degli agenti di polizia giudiziaria intervenuti sul posto e che poi si sono occupati delle indagini.
La tragedia avvenne nell’abitazione dei coniugi, alla periferia di Andria. Nello scorso settembre la 42enne, che si occupava di vendita di prodotti per la casa, aveva comunicato al marito di voler porre fine alla loro lunga relazione. Una decisione, hanno riferito persone vicine alla coppia, che aveva incrinato i rapporti rendendoli tesi.
Pare che la donna avesse manifestato la volontà di rifarsi una vita, accanto ad un’altra persona, dopo essersi resa conto che il rapporto coniugale era ormai alla deriva.
Nelle contestazioni formalizzate nel provvedimento, il pubblico ministero scrive che Leonetti avrebbe reso la convivenza ormai intollerabile, disinteressandosi dei bisogni anche economici della famiglia, insultandola in plurime occasioni, minacciandola di buttare per strada i prodotti di bellezza che la vittima deteneva in conto vendita.
I magistrati ritengono che l’uomo abbia agito per gelosia, «che si manifestava sotto forma di ingiustificata espressione di possesso nei confronti della Angrisano, considerata come propria appartenenza e responsabile di averlo tradito, nonché per un intento punitivo contro la volontà di autodeterminazione e la crescente sfera di autonomia di quest’ultima».
Per quanto riguarda la premeditazione, la procura ritiene che l’uomo abbia maturato i suoi propositi sin dal 23 novembre, quando al termine di una lite aveva schiaffeggiato la moglie costringendola poi a ricorrere alle cure dei medici, «risultando quindi come evento finale di un processo di sedimentazione psicologica consolidatosi nel tempo».
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, il giorno in cui è stata uccisa, Vincenza aveva detto a Leonetti, prima di uscire, che quella sera non sarebbe tornata a casa. La donna, però, intorno alle 17, è rientrata per riaccompagnare a casa il più piccolo dei loro due figli.
E’ andata in bagno e qui il marito l’ha colpita per almeno tre volte, al torace e all’addome, uccidendola. L’uomo ha poi chiamato il 118 a cui ha confessato il delitto e ha chiesto aiuto, ma il personale sanitario, al suo arrivo, ha solo potuto constatare il decesso della vittima. All’arrivo dei carabinieri, il 51enne non ha opposto resistenza.
I familiari della vittima si sono costituiti parte civile con gli avvocati Mario Malcangi, Alessia Agrimi e Lucia Corraro: la richiesta di risarcimento danni ammonta a due milioni e mezzo di euro.
Lo riporta lagazzettadelmezzogiorno.it