Manfredonia – “LEGITTIMAZIONI in casa Unione di Centro ? Legittimazione è una parola esagerata. La questione delle nomine non è stata trattata”. Non è stata trattata, come del resto “questa guerra presunta”, una guerra nel corso della quale la questione delle nomine non è stata “dibattuta”. Stile pacato, risposte dirette e coese ad avversari e primi cittadini locali. Questo attraverso un’oratoria che ha ripreso, da un lato, la dialettica di uno statista conclamato, ma da un altro anche le direttive di un padrino ponderato (nel senso più epico e cinematografico del termine, s’intende): “Parentopoli in casa UdC ? Forse non rilevanti a livello penale ma di certo morale”. Dialettiche in salsa corleoniana dunque ma correlate a riflessioni di un uomo che può contare oggi su una lunga ed importante esperienza politica, con mire e chimere che si allineano pertanto (anche se indirettamente) agli obiettivi di una figura partitica che, dopo aver vissuto e lottato all’interno del partito, decide ora di sposarne le ambizioni intrinseche della fazione (in questo riprendendo le scelte di un Al Pacino-Carlito’s, impegnato nell’ambizione di una vita altrettanto gloriosa). Una vita che Giovanni Caratù da Manfredonia, attuale coordinatore dell’Unione di Centro, vede nella sua massima espressione politica attraverso la costituzione del Partito della Nazione. Dunque, dalle sezioni ultime fino alla prima delle stanze dei bottoni (presieduta attualmente da Ferdy “l’indipendente” Casini) l’obiettivo dei centristi rimane quello del “Partito nazionale”. Per arrivarci, sostiene (filosoficamente) Caratù, bisogna evitare “ogni sorta di individualismo” così sposando un’ironia fedele soltanto a Rorty. Un’ironia secondo la quale un incontro fra più dizionari (e dunque fra individui diversi) non può che originare “una positività di base e anche comunitaria”. Il Partito della Nazione dunque panacea di tutti i mali (politici)? Il Partito della Nazione dovrebbe valere pertanto una polemica “anche se durata fin troppi mesi”. Una polemica che ha unito in un calderone vortiginoso: generali spodestati ed adunanze di soldati (numerosi), fino a presunte parentopoli in salsa Unione di Centro e lettere non ufficiali, oltre a primi cittadini che ora – secondo il coordinatore Caratù – da “arbitri della vicenda” potrebbero divenire “partigiani della contesa”.
PROFILO – Giovanni Caratù di Manfredonia, verso oramai le 60 primavere (sarà perdonato allo scrittore questo refuso, dato che Caratù di anni ne ha attualmente 58, 59 a gennaio) si confida dunque a Stato parlando degli ultimi 4 anni di vita politica in casa Unione di Centro. Già consigliere comunale negli anni pericolosi – 1984/94 – della vicenda Enichem (“ricordo ancora quando fuggimo da Palazzo San Domenico scavalcando le mura”– Giunta Quitadamo, con Manfredonia presente ogni giorno sui giornali, ndR), già amministratore Amnu ed Eca (che si occupava della gestione dei rimborsi agli operai in seguito alla fuoriuscita nel 1976 dell’arsenico), ex sessantottino “ma dalla parte avversa”, dalla parte di coloro che “richiamavano nelle aule quelle 2-3mila persone” che in precedenza erano fuggiti. Infine: un ruolo anche nel comitato Stato-Regioni, ente costituito per la fase di de e reindustrializzazione dell’area Enichem, onfalo e ombelico primario dunque del successivo (e fallimentare va detto) Contratto d’Area di Manfredonia.
IL RUOLO: “IO COORDINATORE LEGITTIMAMENTE, SU NOMINA PERSONALE DI CESA” – “Quando si parla di legittimazioni, credo che si abusi e sia abusato di questa parola – dice Caratù – Per Manfredonia ricordo che la sezione UdC aveva un commissario interno da oltre 3 anni , e quindi non un segretario eletto”. Un commissario incaricato da un commissario provinciale per stabilire le basi del partito, dopo l’abbandono in massa dei vecchi iscritti “confluiti nel PdL”. “Personalmente – dice Caratù – provenivo da altre esperienze politiche (PSD, ndR) e ricordo che fui attratto dal progetto di Casini (polo di centro, ndR). Chiesi al tempo di entrare nell’UdC e di fondare una sezione a Manfredonia per le elezioni comunali e provinciali. In quella stessa occasione mi chiesero di diventare commissario cittadino. Ma non accettai (all’incirca 3 anni fa, 2007, ndR) data la mia esperienza divergente dalle progettualità dell’Unione di Centro”.
“Quindi a Manfredonia – dice l’attuale coordinatore – rappresento il più vecchio dell’UDC. Ricordo che presentammo al tempo una lista che si chiamava Popolari della Libertà, per fiancheggiare la candidatura dell’UdC alle provinciali di Foggia (ma la lista venne annullata dalla Magistratura per un “vizio di forma” e perché mancavano “alcuni collegamenti”, ndR). Entrai dunque a pieno titolo nell’Udc, anche se effettivamente era espressione di progettualità divergenti rispetto alla vecchia Democrazia cristiana. Per Manfredonia invece – continua il coordinatore cittadino – ricordo che alle elezioni comunali dell’aprile 2010 fui proposto inizialmente come candidato sindaco, ritirando in seguito la candidatura in quanto il partito scelse di candidarsi con l’attuale amministratore Riccardi, scelta che condivisi pienamente. In seguito – ricorda ancora Caratù – il nostro commissario (Giuseppe Dicembrino, ndR) si auto-nominò amministratore unico dell’Ase. Ora – dice Caratù – nell’UdC vige una regola sempieterna: gli amministratori di (o ex) municipalizzate non possono essere responsabili del partito. Dunque un atto di incompatibilità. Abbastanza grave”.
L’AUTOSOSPENSIONE DEI CONSIGLIERI ED AMMINISTRATORI IL 14 SETTEMBRE – “Ora –continua ricostruendo Caratù – il 14 settembre 2010 c’era stata una lettera dei consiglieri comunali e degli amministratori provinciali dell’UdC nella quale gli stessi comunicavano che si erano auto-sospesi dopo la nomina di Cera a coordinatore provinciale del partito”. Con lo stesso partito (su diktat di Roma) che non tardò ad azzerare tutte le nomine a livello nazionale, nominando i coordinatori provinciali per il traghettamento verso il partito della nazione. “Con l’autosospensione – dice Caratù – mi venne chiesto di fare il coordinatore nella sezione di Manfredonia, con un incarico prima formale e poi sostanziale comunicatomi direttamente dall’onorevole Cesa. Ora c’è chi si oppone al riconoscimento di queste nomine. Ma credo magari che ci sia stata prima, forse, l’insussistenza di una regola democratica”. Questo, data una situazione per la quale “vigeva un commissario assoluto” mentre ora ”almeno – dice Caratù – c’è un direttivo riconosciuto e costituito da 21 persone”.
GENERALI, ADUNATE DI TUTTI I SOLDATI. “LA MIA AMBIZIONE ? RAPPRESENTARE TUTTI I 4MILA CITTADINI CHE HANNO ESPRESSO IL LORO VOTO A FAVORE DELL’UNIONE DI CENTRO” – “Metafore militari e adunanze dei soldati ? (metafore alle quali è ricorso Cera durante il convegno di Foggia – Il convegno di Cera a Foggia). Dico solo che sono gli elettori a potersi considerare i depositari unici della verità di un partito, con gli eletti che rappresentano il partito nelle istituzioni, portando avanti il progetto. Se però è lo stesso partito – dice Caratù – a perdere la sua funzione di elaborazione nelle progettualità complessive viene meno lo stesso collegamento”. Vale a dire: “A Manfredonia l’udC ha preso circa 4mila voti nelle ultime comunali. Gli attuali eletti rappresentano 1367 voti. Un rapido calcolo: 4000 voti meno 1367 uguale una rappresentanza di 4mila voti”. Ovvero: “Senza i 4mila voti i 1367 non potevano dare attuazione ed espressione ai 4 consiglieri presenti nella Giunta”. Quindi: “gli attuali consiglieri che si sono autosospesi hanno oggi una valenza inferiore rispetto ai 4mila voti di tutti gli elettori. Elettori che rappresentano la forza pulsante dell’UdC a Manfredonia. Personalmente – dice fiero – ho l’ambizione di rappresentare tutti i 4mila voti”.
La video-intervista: “La questione nomine ? Già terminata. Anzi, mai cominciata”.
“Nomine in casa UdC ? Questione finita. Anzi, mai cominciata”
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Angelo Cera, risponde con una lettera aperta sul suo profilo Facebook ad alcuni amici che li ponevano delle domande sull’attuale situazione politica del suo partito:
“Cari amici,
leggo con interesse tutto quello che viene scritto sulla bacheca del mio profilo Facebook, anche perché contribuisce ad incrementare il livello di conoscenza su alcune questioni.
La cosa che mi sorprende di più è la volontà di qualcuno di sapere, addirittura, la mia agenda personale e mi fa piacere che, quando si parla del sottoscritto si pensa anche al tempo che potrò dedicare ai miei incarichi.
Devo ricordare che le mie elezioni sono sempre avvenute sul campo, in maniera diretta, votato direttamente dai cittadini ed ho sempre raccolto un larghissimo consenso.
Sulla questione del partito provinciale di Foggia devo ricordare che la nomina a coordinatore è avvenuta perché c’è un regolamento nazionale che prevede il conferimento degli incarichi di segretario e presidente alle figure istituzionalmente più “alte” sul territorio (in questo caso l’onorevole e il consigliere regionale). Il tutto è iniziato dalle dimissioni dell’ex segretario Di Giuseppe passando dalla nomina a commissario di Renzo Lusetti. C’è chi ha voluto farmi passare anche come “voltagabbana”, pronto a passare con qualche altro partito se in cambio non ricevevo la nomina di commissario provinciale. Tutto questo solo per screditare la mia figura nei confronti del partito nazionale. Certo, come anche sottolineato su alcuni giornali, io ero molto arrabbiato con gli organi nazionali perché non accettavo il fatto che il partito di Foggia poteva essere gestito da un commissario, tra l’altro mio amico e collega, che non conosceva il territorio ma che qualcuno preferiva per continuare a fare del partito una “bottega”.
A quel punto la segreteria nazionale ha deciso secondo regolamento, come ha fatto nel resto del territorio nazionale.
Perché, allora, mi dovrei tirare indietro?
Ho dall’inizio cercato di dialogare con tutti facendo capire che le cose sarebbero cambiate in positivo, senza fare a meno di nessuno. Ho lasciato aperto un ponte anche con chi era contrario. Ma mi sono accorto che parlavo solo con degli specchi. Non c’era nessuno autonomo che poteva decidere con serenità e lucidità.
A quel punto ho dovuto fare delle scelte: tenere il partito a marcire o allargarlo il più possibile?
Da lì la scelta di nominare i coordinatori per alcune sezioni della provincia di Foggia.
Anche in questo caso non mi aspettavo di certo dei complimenti, ma ho dimostrato che c’è un vero motore che va oltre gli interessi personalistici. Interessi che non fanno altro che unire solo per il raggiungimento di pezzi di potere.
E mi fa piacere quando qualcuno che non ha neanche il coraggio di firmarsi, attende da me risposte su quelle nomine. Camilla Tavaglione è amica di mio figlio, ma nessuno può contraddirmi del fatto che ha alle spalle una storia che è legata a suo padre Franco (ex Sindaco di Peschici). Vogliamo parlare anche di Domenico Afferrante, zio di Costanzo Di Iorio? Qual è il suo peccato? E’ quello di essere legato ad un mio amico? Ma questo non potrà essere di certo un motivo valido in grado di poter distruggere una sua storia politica personale di spessore. Tutte le personalità che stanno aderendo al progetto non provengono da un elettorato UDC. Questo è il Partito della Nazione. Un partito allargato a tutte quelle forze che vogliono risolvere i problemi dell’Italia mettendo da parte gli odi personali esaltando le idee e i programmi.
Certo se poi dobbiamo dirla tutta, non è neanche possibile immaginare assessori solo perché hanno avuto il merito di fare da autisti a ex segretari di partito.
Fino ad oggi nessuna risposta solo squallide sceneggiate che vanno a nuocere solo la figura del partito.
Per chiudere voglio parlare dell’ingresso dei giovani nel nuovo progetto. Molti dei nuovi coordinatori hanno un’età inferiore ai 35 anni. Molti altri si stanno avvicinando perché affascinati da questo nuovo modello, lo testimoniano i tanti giovani presenti sabato scorso al teatro Cicolella a Foggia. Allora di cosa devo rimproverarmi? Perché ho avuto il coraggio di scalfire quella struttura che non andava più? Saldata da quel vincolo che era il potere? Beh, di certo lo rifarei altre mille volte. I nostri elettori devono essere il volano di questa nuova rinascita.
P.S. Per Pasquale: Mi dici che sono vecchio… ma io ho ancora 58 anni! Vuol dire che li porto male?”