Roma. Prima il consulente finanziario che offriva ai suoi clienti la possibilità di trasferire le aziende in crisi all’estero, dopo averle spogliate di quanto ancora fosse presente nel patrimonio, per sfuggire alle conseguenze penali del fallimento (operazione “Barqueiro”).
Poi l’imprenditore rampante che acquistava le aziende emiliane in difficoltà finanziarie e le utilizzava per ottenere dalle banche la liquidità necessaria a foraggiare lusso e bella vita, lasciando al loro destino i creditori insoddisfatti (operazione “Last Drink”). Infine, il mandante e socio occulto grazie al quale il meccanismo illecito poteva essere messo in moto, che solo apparentemente poteva offrire investimenti di denaro, ma in realtà ne otteneva solo utilità come in una normale impresa e non, invece, una articolata associazione a delinquere.
È con il recente arresto di quest’ultimo che le Fiamme Gialle di Modena hanno inferto un altro duro colpo all’associazione a delinquere già sgominata nel luglio
scorso, quando i finanzieri eseguirono n. 12 ordinanze di misure cautelari nei confronti di L.P. – originario di Reggio Emilia e fittiziamente residente in Portogallo – e degli appartenenti al sodalizio criminale a lui riconducibile specializzato nell’acquisizione di realtà imprenditoriali operanti a livello locale e nazionale e nella successiva distrazione del patrimonio in danno dei creditori.
Risale a qualche giorno fa, infatti, la cattura di F.C., 38enne di Parma anch’egli con residenza fittizia all’estero, disposto dal G.I.P. del Tribunale di Modena su richiesta del Procuratore del capoluogo geminano – Dott.ssa Lucia Musti – e del P.M. Dott. Marco Imperato.
Come si ricorderà, le indagini condotte dai militari del Nucleo di polizia tributaria modenese, nelle quali risultavano già indagati a vario titolo tredici responsabili, avevano permesso di accertare le responsabilità di L.P. che, avvalendosi di una fitta rete di prestanome, era riuscito a penetrare il sano tessuto economico, non solo locale, tramite l’acquisizione di diversificate attività lecite – operanti, principalmente, nel settore della telefonia e dell’hi-tech –
impiegate per il riciclaggio del denaro derivante dalle bancarotte fraudolenti di imprese attive nei più svariati settori e, una volta esaurito il loro compito,
strumentalmente trasferite all’estero per sfuggire alle azioni di fallimento.