”Nell’ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere rispetto alla scadenza quinquennale, la causa di ineleggibilità fra la carica di Sindaco e quella di Deputato e Senatore non ha effetto se la funzione cessa entro i 7 giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento delle Camere nella Gazzetta Ufficiale (T.U. 361, art.7, ultimo comma)”.
E’ quanto prevede la legge (info ANCI) (FONTI NORMATIVE
T.U. Elezione Camera Deputati – D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 7 (T.U. 361) – T.U. Elezione Senato della Repubblica – D.Lgs. 20 dicembre 1993, n. 533, art. 5 –
T.U. Ordinamento enti locali – D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, artt. 53,62, 141 (TUEL) – Legge 30 aprile 1999, n. 120 – Disposizioni per l’elezione degli organi degli enti locali, art. 8) relativamente alle “INDICAZIONI GENERALI IN MATERIA DI CANDIDATURA DEI SINDACI DEI COMUNI CON POPOLAZIONE SUPERIORE AI 20 MILA ABITANTI”.
La legge prevede di base che per essere candidabili, i sindaci delle città sopra i 20mila abitanti debbano «cessare dalle loro funzioni almeno 180 giorni prima della data di scadenza naturale del quinquennio di durata del Parlamento», dunque obbligatoriamente sei mesi prima della fine della legislatura.
L’attuale legislatura aveva la sua scadenza naturale il 15 marzo 2018, dunque i sindaci che aspirano ad un seggio avrebbero dovuto dimettersi entro il 12 settembre 2017 (o il 14). Ma con le elezioni anticipate (ora fissato il 4 marzo 2018), l’obbligo non c’è più: sufficiente dimettersi “entro sette giorni dal decreto che fisse le elezioni e ci si può candidare“.
Sotto osservazione pertanto numerosi sindaci dei Comuni italiani.
Redazione StatoQuotidiano.it